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L’ex consigliere del Csm Palamara: non volevo offendere Salvini

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“Non c’era la volonta’ di offendere Salvini”, ha spiegato l’ex consigliere del Csm Luca Palamara, che in una chat con un collega aveva scritto “va attaccato”, riferendosi al leader della Lega. Palamara – intervistato da Massimo Giletti su La7 dopo quasi un anno di silenzio, da quando e’ sotto inchiesta a Perugia – ha cercato di spiegare che i consiglieri del Csm, a suo avviso, volevano tutelare i magistrati di Agrigento finiti allora sotto gli strali di Salvini, dopo che le toghe siciliane lo avevano indagato per il caso della nave Diciotti con il suo carico di migranti e marinai lasciati senza un porto in cui sbarcare. Tengono dunque ancora banco – mentre il Guardasigilli Alfonso Bonafede annuncia che e’ pronta la riforma del Csm – le conversazioni della chat del ‘ras’ di Unicost che, in tv, ha difeso la sua rete di relazioni e il ‘dominio’ correntizio dicendo che lo cercavano perche’ era capace di “mediare”. “Mi chiamavano tantissimi colleghi, non per il compimento di atti illeciti. Ma perche’ ero in grado di mediare”, ha sottolineato Palamara aggiungendo che “il nostro sistema penalizza chi non appartiene alle correnti della magistratura: il sistema premia chi appartiene alle correnti”. Un andazzo al quale il ministro della giustizia Bonafede e’ prossimo a dare l’altola’, entro un anno immagina un Csm nuovo con norme che saranno in vigore subito perche’ c’e’ l’accordo nel governo. Dall’opposizione pero’ non ci stanno a fare solo da spettatori ed Enrico Costa, ex sottosegretario forzista proprio al dicastero ora governato dall’esponente M5s, avverte che cosi’ non va. “Quando si tratta di stabilire le regole di funzionamento di un organo a rilevanza costituzionale, che incidono sull’equilibrio tra poteri dello Stato, il protagonista – rileva Costa – deve essere il Parlamento. Tutto il Parlamento, come per la legge elettorale. Se anche su questo tema la maggioranza intende piantare bandierine, commettera’ un grave errore istituzionale e, di fatto, non offrira’ una risposta appropriata alle condivisibili parole del Capo dello Stato. Infatti, pur utilizzando lo strumento della legge ordinaria, e’ evidente che sono in discussione rilevantissimi principi costituzionali, sui quali non si puo’ pensare di operare a colpi di maggioranza”, conclude. Sullo stop alla commistione tra toghe e politica “il Presidente Mattarella ha ragione”, ha detto Bonafede intervistato da La Stampa.

“Mi sto muovendo per combattere le degenerazioni del correntismo da un lato, ma anche per alzare un muro tra politica e magistratura dall’altro. In maggioranza c’e’ sintonia”, rileva il ministro. Piatto forte della riforma, la norma “che prevede che i magistrati che entrano in politica non possano tornare indietro una volta fatta la scelta. Stiamo pensando a delle limitazioni anche per chi si candida senza essere eletto”, ha aggiunto Bonafede. Per il restyling del Csm occorre “circa un anno, ma le regole sull’elezione saranno subito in vigore. C’e’ l’accordo nella maggioranza”, spiega Bonafede. Nel nuovo Csm “blinderemo la meritocrazia, cambieremo il sistema elettorale e le persone che faranno parte della sezione disciplinare saranno diverse da quelle della commissione nomine”, prosegue il Guardasigilli che ribadisce il no all’azzeramento del Csm. “Se noi azzeriamo il Csm, il nuovo – osserva il ministro – viene eletto con le vecchie regole”. Quanto a Matteo Salvini che sempre a La7 ha detto che per due anni Bonafede ha frenato sulla riforma, il ministro replica che “e’ bizzarro che qualcuno voglia azzerare il Csm e si accorga che esiste un problema solo quando riguarda lui. Peraltro, se il senatore Salvini non avesse fatto cadere il governo, una riforma del Csm ce l’avremmo gia’”.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due persone, lo scorso novembre, si sarebbero avvicinate nel corso della notte a Roma all’auto di Andrea Giambruno, l’ex compagno della premier Giorgia Meloni, ma sono stati fermati da un agente che era di sorveglianza all’esterno della abitazione della presidente del Consiglio. Lo scrive il quotidiano ‘Domani’ secondo il quale i due avrebbe riferito al poliziotto di essere ‘colleghi’, mostrando anche un tesserino prima di risalire a bordo della loro auto ed andare via senza essere identificati. Della vicenda, sostiene il quotidiano, è stata informata la Digos e la scala gerarchica fino al capo della Polizia Vittorio Pisani e al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Dalle indagini svolte sarebbe emerso in un primo momento che i due uomini, che avevano con loro una torcia, erano due agenti dell’Aisi, l’Agenzia dei servizi segreti interna, e in particolare della scorta di Meloni. Del fatto, sempre in base a quanto riferisce il quotidiano, sarebbe stata informata anche al Procura della Capitale. Dall’indagine dei servizi, alcuni mesi dopo, si sarebbe però arrivati ad una altra conclusione: i due uomini che quella notte si sarebbero avvicinati all’auto di Giambruno sarebbero stati in realtà due ricettatori forse interessati a quanto c’era di valore in quella macchina e non agenti intenti a piazzare cimici o altro.

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Il Papa a Venezia: l’incontro con le detenute della Giudecca e il bagno di folla in piazza San Marco

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Francesco in motoscafo con i canti che arrivano dai moli e l’alzaremi dei gondolieri. Venezia oggi ha abbracciato il Papa per la sua visita breve, circa 5 ore, ma densa. Dalle detenute della Giudecca per le quali chiede “dignità” agli artisti della Biennale, dai giovani riuniti per lui alla Salute, fino al bagno di folla in piazza San Marco dove oltre 10mila persone hanno partecipato alla messa. Venezia è abituata ai Pontefici: in tanti l’hanno visitata e diversi sono stati i Papi che hanno governato la diocesi lagunare (che per tradizione si chiama Patriarcato), prima di arrivare al soglio di Pietro, come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I. Ma la visita di Francesco, attesa da anni, è accolta con un grande entusiasmo.

E lui ricambia l’affetto parlando delle bellezze di questa città unica al mondo, “splendida ma fragile”, bisognosa di cure, perché “senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere”, è l’accorata considerazione del Papa. “Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano: i cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine”, ha detto il Papa nell’omelia della messa a Piazza San Marco.

E allora “Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune. Venezia che fa fratelli”. Il Papa ha cominciato al mattino presto con la visita alla Giudecca. Qui c’è il padiglione della Santa Sede della Biennale. Ma qui soprattutto ci sono donne che non trattengono le lacrime. E Francesco, alla presenza del ministro della Giustizia Carlo Nordio, elenca le criticità del vivere in carcere: “E’ una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza”. L’appello alle istituzioni è dunque a “non togliere la dignità a nessuno”.

“Oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile. Forse quello che uscirà più ricco sarò io”, ha detto alle detenute. Poi l’incontro con gli artisti nel quale ha evocato l’immagine biblica della ‘città rifugio’ che “disobbedisce al regime di violenza e discriminazione”. L’arte può “liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa ‘fobia dei poveri'”.

Poi ancora l’omaggio alle donne artiste, tra le quali cita Frida Khalo. Infine i ragazzi, che alla Salute lo accolgono tra cori e canti. Li mette in guardia dai social e lancia un invito: “Alzati e vai”. “Avete pensato che cosa è un giovane tutta la vita seduto su un divano?”, “ci sono divani che ci prendono e non ci lasciano alzare”. Lo sguardo dunque a Dio che ama e non ci considera “un profilo digitale”. Il cellulare? Può anche essere “utile per comunicare ma state attenti quando il cellulare impedisce di incontrare le persone”. “Un abbraccio, un bacio, una stretta di mano, le persone” è quello che alla fine davvero conta. Infine l’invito ad essere “rivoluzionari” e andare “controcorrente”, facendo le cose con gratuità e non rincorrendo sempre l’utile come insegna il mondo. “Remate con costanza per andare lontani”. Proprio come si fa a Venezia.

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