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Cultura

L’eutanasia legalizzata: liberi di scegliere di smettere di soffrire

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Che la libertà personale possa essere soggetta a limitazioni, legate spesso alla tutela stessa della salute individuale quanto collettiva,alla sicurezza o al buon costume, è un fattore che in un contesto civile e democratico, quindi moderno, non può essere messo in dubbio. Ma è pur vero che nessuna norma e quindi alcun divieto possa durare per sempre, perché le Leggi sono il frutto del sentimento e del convincimento di un Popolo in un determinato spaccato storico. Se non si vuole escludere dunque l’evoluzione (purtroppo anche in negativo) di una civiltà, non si può dunque escludere l’evoluzione del Diritto, che non è mai preconcetto o immutabile, ma è appunto una creatura viva che si adatta ai tempi in cui esiste. Ed in Paesi come il nostro, dove la Politica ci ha abituati per lo più a teatrini dove nulla davvero si decide, da alcuni anni le vere innovazioni nel campo dei Diritti Civili non sono più passate dal Parlamento, ma sono state introdotte nell’Ordinamento direttamente dai Giudici Costituzionali della Consulta o dalla Suprema Corte di Cassazione.

Quindi, come già accaduto nel caso del processo avviato per la morte di “Dj Fabo”, anche la recente sentenza che ha assolto (il medesimo) Cappato e Welby dall’accusa di aver aiutato a morire questa volta Trentini, affetto da anni da sclerosi multipla che lo aveva condannato ad un’agonia senza fine, si consolidano gli effetti della “rivoluzione” introdotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 242/2019, la quale, proprio il 22 novembre del trascorso anno 2019, si è finalmente pronuncia su di una questione che per anni aveva tanto diviso, ma di recente anche molto unito,il Popolo italiano (e tanto ciò anche grazie all’attenzionemediatica cresciuta attorno a queste vicende processuali) ed ha così dichiarato illegittimo l’art. 580 C.p., nella parte in cui punivacon la reclusione chi compiva atti di “aiuto” alla terminazione della vita. Perché proprio in quest’ultima fattispecie penalmente rilevante veniva ricondotta, forse non a buona ragione, la pratica dell’eutanasia e del cosiddetti “suicidio assistito”.

Invero già da mesi il mondo politico era stato chiamato a legiferare in tal senso e tanto ciò viene ancora ribadito dai Giudici della medesima Consulta, anche se invano. Pertanto, come spesso continua ad accadere, di fronte alla necessità di non negare diritti irrinunciabili della persona, l’Ordinamento Giudiziario ha recepito il forte il sentimento di cambiamento mutuato dalle rinnovate coscienze della Collettività, che assisteva attonita ai viaggi senza ritorno di tanti italiani (circa mille l’anno) che letteralmente fuggivano, tra mille peripezie, nelle nazioni nostre confinanti per così porre fine alla loro vita ridotta ad una sofferenza fine a se stessa. Ecco che allora l’eutanasia non è più considerata come pratica illecita di mero aiuto a morire, ma viene declinata nella possibilità di porre fine alle pene di chi subisce atroce dolore, costantemente ed irreversibilmente, e senza alcuna possibilità di recupero o mitigazione.

Cade così un’altra limitazione storica, da qualcuno ribattezzata (a volte con un pizzico di mal celata irritazione) come “libertà di morire”, che nel nostro paese è stata per secoli negata non solo attraverso un improprio richiamo a radici di cultura giuridica, ma soprattutto e se non essenzialmente, da forti convincimenti di tipo Religioso, di sovente rivendicati dalla Chiesa Romana. Ma anche il “Credo Cattolico, essendo comunque interpretato da uomini,non può dare risposte a tutto ed è per altro soggetto anch’esso ad essere rinnovato, seppur lentamente, come ad esempio attraverso l’attività del “Concilio Vaticano.

Non appare azzardato dunque considerare che dopo questa sentenza di grande innovazione, non si è dunque “liberi di morire”anche in Italia, ma si è liberi di smettere di subire atroci sofferenze. Come è stato possibile, viceversa, “costringere” e quindi condannare ad insopportabile dolore, anche per decenni, persone che quotidianamente hanno tanto patito da invocare addirittura la morte? Non vi è forse peggiore bestemmia da augurare al peggiore dei nemici se non quella di soffrire senza poter trovare pace nella morte? Non è forse un peccato mortale quello di sostituirsi a Dio e negare la pace eterna a chi patisce immane dolore non solo contro natura, ma evidentemente contro la stessa volontà Divina che nella sua infallibilità aveva tracciatola fine di un percorso terreno? Per chi non lo chiede, l’accanimento terapeutico imposto da “altri” non è forse una violazione dello stesso Vangelo che parla anche di destino e libero arbitrio?

Oggi queste persone potranno essere lasciate almeno libere di esercitare l’ultimo e quindi il più sacro dei loro diritti, e così impedire finalmente ad uomini che vivono in piena salute e comodità, di scegliere quante atrocità debbano subire gli “altri” per “loro” convincimenti personali, e finalmente poter riposare in pace.

Quanto stabilito dai Giudici della Consulta ridona così dignità umana a chi soffre e ai familiari affranti, che non saranno di certo sollevati dal poter concretizzare tale estrema ed ultima scelta, ma potranno almeno ottenere un minimo di serenità dall’aver potuto aiutare i loro cari ad uscire da un inferno in terra e, per tutto quanto patito, potranno sicuramente aspirare al Paradiso.

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Maurizio Landini, esce “Un’altra storia” per parlare ai giovani

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Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini si racconta per la prima volta nel libro ‘Un’altra storia’ con l’intento di parlare soprattutto ai giovani. “Uno dei motivi che mi ha spinto a raccontare la mia esperienza di vita e di lotta, è che vedo tra le giovani generazioni una straordinaria domanda di libertà. Una domanda di libertà e di realizzazione che non può essere delegata ad altri o rinviata a un futuro lontano, ma che si costruisce giorno per giorno a partire dalla lotta per cambiare le condizioni di lavoro e superare la precarietà. Se riuscirò ad accendere nei giovani la speranza e la voglia di lottare per la loro libertà nel lavoro e per un futuro migliore, potrò dire di aver raggiunto uno degli obiettivi che mi ero prefisso. Questo libro, con umiltà, vuole parlare soprattutto a loro” dice Landini.

In libreria proprio a ridosso dei referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza, ‘Un’altra storia’ è una narrazione intima tra ricordi, aneddoti e svolte professionali ed esistenziali, che si intreccia alla storia degli ultimi quarant’anni di questo paese, con un focus su alcune grandi ferite sociali di ieri e di oggi che ancora sanguinano e che devono essere rimarginate. Dagli anni Settanta ai giorni nostri, dall’infanzia e l’adolescenza a San Polo d’Enza, fino alle esperienze sindacali degli inizi a Reggio Emilia e Bologna, al salto nazionale in Fiom prima e in Cgil poi, nel libro di Landini non mancano le analisi sulle grandi questioni legate al mondo del lavoro e a quello delle grandi vertenze, tra cui Stellantis, il rapporto con i governi Berlusconi, Prodi, Renzi, Conte, Draghi e Meloni, nella declinazione dell’idea-manifesto del “sindacato di strada”, in cui democrazia e autonomia sono il grande orizzonte.

Questa narrazione personale e intima, ricca di spunti e riflessioni, si tiene insieme a quelle che sono le battaglie storiche del segretario e della sua azione “politica”: la dignità del lavoro, affermata nel dopoguerra e nella seconda metà del Novecento e “negata nell’ultimo ventennio a colpi di leggi sbagliate, che le iniziative referendarie propongono, infatti, di correggere e riformare profondamente” sottolinea la nota di presentazione. ‘Un’altra storia’ è un libro che ci parla di diritti da difendere, battaglie ancora da fare e del futuro.

Eletto segretario generale della Cgil nel 2019, Landini ha cominciato a lavorare come apprendista saldatore in un’azienda artigiana e poi in un’azienda cooperativa attiva nel settore metalmeccanico, prima di diventare funzionario e poi segretario generale della Fiom di Reggio Emilia. Successivamente, è stato segretario generale della Fiom dell’Emilia-Romagna e, quindi, di quella di Bologna. All’inizio del 2005 è entrato a far parte dell’apparato politico della Fiom nazionale. Il 30 marzo dello stesso anno, è stato eletto nella segreteria nazionale del sindacato dei metalmeccanici Cgil. Il primo giugno del 2010 è diventato segretario generale della Fiom-Cgil. Nel luglio del 2017 ha lasciato la segreteria generale della Fiom per entrare a far parte della segreteria nazionale della Cgil.

MAURIZIO LANDINI, UN’ALTRA STORIA (PIEMME, PP 224, EURO 18.90)

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Consulta: niente automatismo sulla sospensione dei genitori, decide il giudice

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Stop all’automatismo che impone la sospensione della responsabilità genitoriale per i genitori condannati per maltrattamenti in famiglia. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 55 del 2025, dichiarando illegittimo l’articolo 34, secondo comma, del Codice penale nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto l’interesse del minore.

Una norma rigida che non tutela sempre i figli

L’automatismo previsto dalla norma, secondo cui alla condanna per maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) segue obbligatoriamente la sospensione della responsabilità genitoriale per il doppio della pena, è stato giudicato irragionevole e incostituzionale. Secondo la Consulta, la previsione esclude qualsiasi valutazione caso per caso e impedisce al giudice di verificare se la sospensione sia effettivamente nell’interesse del minore, come invece richiedono gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

Il caso sollevato dal Tribunale di Siena

A sollevare la questione è stato il Tribunale di Siena, che aveva riconosciuto la responsabilità penale di due genitori per maltrattamenti nei confronti dei figli minori, ma riteneva inadeguato applicare in automatico la sospensione della responsabilità genitoriale. Il giudice toscano ha evidenziato la possibilità concreta che, in presenza di una riconciliazione familiare e di un miglioramento del contesto domestico, la sospensione potesse arrecare un danno ulteriore ai minori.

Il principio: al centro l’interesse del minore

La Corte ha ribadito che la tutela dell’interesse del minore non può essere affidata a presunzioni assolute, bensì deve derivare da una valutazione specifica del contesto familiare e della reale efficacia protettiva della misura. Il giudice penale deve dunque essere libero di stabilire, caso per caso, se la sospensione della responsabilità genitoriale sia davvero la scelta più idonea alla protezione del figlio.

La continuità con la giurisprudenza

La decisione si inserisce nel solco della sentenza n. 102 del 2020, con cui la Consulta aveva già bocciato l’automatismo previsto per i genitori condannati per sottrazione internazionale di minore. In entrambi i casi, si riafferma il principio secondo cui le misure che incidono sulla genitorialità devono essere coerenti con i valori costituzionali e orientate alla tutela concreta del minore.

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Addio a Mario Vargas Llosa, Nobel per la Letteratura: è morto a Lima a 89 anni

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Il mondo della cultura piange la scomparsa di Mario Vargas Llosa (foto in evidenza di Imagoeconomica), uno dei più grandi romanzieri del Novecento e premio Nobel per la Letteratura nel 2010. Lo scrittore peruviano si è spento oggi, domenica, a Lima all’età di 89 anni, circondato dalla sua famiglia, come ha comunicato suo figlio Álvaro attraverso un messaggio pubblicato sul suo account ufficiale di X.

«Con profondo dolore, rendiamo pubblico che nostro padre, Mario Vargas Llosa, è morto oggi a Lima, circondato dalla sua famiglia e in pace».

Una vita tra letteratura e impegno

Nato ad Arequipa il 28 marzo del 1936, Vargas Llosa è stato tra i più influenti autori della narrativa ispanoamericana contemporanea. Oltre ai riconoscimenti letterari internazionali, ha vissuto una vita profondamente segnata anche dall’impegno civile e politico.

Con la sua scrittura tagliente e lucida, ha raccontato le contraddizioni della società peruviana e latinoamericana, esplorando con coraggio e passione temi di potere, ingiustizia e libertà.

I capolavori che hanno segnato la sua carriera

Autore di romanzi fondamentali come “La città e i cani” (1963), durissima denuncia del sistema militare peruviano, e “La casa verde” (1966), Vargas Llosa ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del Novecento. La sua vasta produzione comprende anche saggi, articoli e testi teatrali.

Un addio in forma privata

Come reso noto dalla famiglia, i funerali saranno celebrati in forma privata e, nel rispetto della volontà dell’autore, le sue spoglie saranno cremate. Un addio sobrio, coerente con la riservatezza che ha spesso contraddistinto l’uomo dietro lo scrittore.

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