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L’Europa serra le file, Parigi sente Trump e Zelensky

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Riannodare i fili dell’unità, non solo europea ma anche occidentale, dopo la clamorosa rottura in diretta tv tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, con la consapevolezza che l’ordine mondiale, stabilito dopo la seconda guerra mondiale, sia ormai al tramonto. E trovare una linea comune prima possibile su una strategia per difendere l’Ucraina, minacciata da Mosca e, ora, anche dall’ostilità americana. E’ la priorità delle convulse consultazioni delle ultime ore tra le cancellerie in vista del summit convocato domani a Londra dal premier Keir Starmer.

Con Parigi che ha avuto uno scambio telefonico con i due duellanti: il presidente Emmanuel Macron ha parlato con Trump e Zelensky invitandoli alla calma, “al rispetto e al riconoscimento”. E ha sentito anche Starmer, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa e il segretario generale della Nato, Mark Rutte, per preparare il vertice di domani. Ribandendo che se Putin non sarà fermato “potrebbe mirare anche a Moldavia e forse Romania”.

Ma c’è chi non ci sta. Contro il vertice, in programma dalle 14 alla Lancaster House, a pochi passi da Buckingham Palace, si sono già schierati i Patrioti europei, fermamente allineati con Washington: “A Londra si riuniranno coloro che vogliono che questa guerra continui, leader che non risparmiano né vite né miliardi quando si tratta di prolungare il conflitto”, ha fatto sapere il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó. E oggi direttamente il premier Viktor Orban è tornato a chiedere che l’Ue segua gli Usa e avvii colloqui diretti con Putin per la pace in Ucraina. L’opzione al momento non sembra essere sul tavolo, ma Macron si dice ‘pragmatico’: “Nulla è escluso, ma potrà avvenire al momento opportuno”. Malgrado le bordate magiare, il meeting, seppure informale, ha assunto un carattere storico: l’Europa si rende conto che si trova all’ultima spiaggia dopo i radicali sconvolgimenti geopolitici delle ultime settimane. Per la prima volta, dopo Yalta, i vertici delle istituzioni comunitarie, della Nato ai leader dei principali Paesi europei fino alla Turchia, saranno chiamati a elaborare una nuova strategia non solo politica, ma anche militare, in assoluta autonomia, senza poter più contare su qualcosa che è sempre stato scontato: l’appoggio incondizionato degli Stati Uniti.

Ma anche tra gli ospiti del premier inglese, non tutti hanno la stessa idea sul modo con cui gestire i rapporti con Trump. La responsabile della diplomazia Ue, Kaja Kallas, non è disponibile a porgere l’altra guancia rispetto alle ripetute sberle americane: “Il mondo libero ha bisogno di un nuovo leader. Sta a noi europei raccogliere questa sfida”, la sintesi del suo pensiero. Sul fronte opposto l’Italia: la premier Georgia Meloni tenacemente per mesi ha tenuto aperto uno spiraglio al confronto transatlantico. E anche oggi spera che la sua richiesta di un immediato vertice tra Stati Uniti, Stati europei e alleati, trovi in terra britannica orecchie attente. Proposta sinora accolta con freddezza da Bruxelles. Per un portavoce si tratta di un’idea prematura: “Ora c’è Londra, poi il 6 marzo il Consiglio Ue straordinario sull’Ucraina e la difesa europea”, il suo laconico commento al riguardo. Anche il titolare della Farnesina spinge a favore dell’unità occidentale: “L’Alleanza atlantica è nata per difendere libertà e democrazia, gli stessi valori che rappresentano le fondamenta dell’Ue”, sottolinea Antonio Tajani. In mezzo Francia e Inghilterra, le due potenze nucleari occidentali, i cui leader hanno già fatto visita al tycoon, cercando autonomamente di aprire una linea di dialogo privilegiata con la nuova amministrazione, ma con risultati deludenti. E la Germania del futuro cancelliere Merz pronta a riprendersi un ruolo di primo piano al livello globale.

La ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock, ha chiesto che il prossimo consiglio decida “massicci investimenti nella comune capacità di difesa europea”, appoggiando la flessibilità nel Patto. Detto questo vedremo come il summit di Londra reagirà con passi concreti alla ruvidezza con cui Trump ha cacciato Zelensky dalla Casa Bianca. Come nel suo celebre reality show, ‘The Apprentice’, il tycoon ha di fatto ‘licenziato’ in malo modo Zelensky, andato via “no meal, no deal”, senza cena e senza accordo sulle terre rare. Per anni Trump ha urlato “you are fired’ in tv, e ieri ha fatto più o meno lo stesso con il leader ucraino. Ma ‘licenziare’ Zelensky vuol dire tagliare i ponti con gli alleati storici degli States, una svolta radicale mai vista dai tempi di Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill, abbandonare la Vecchia Europa, sempre più in balia da quello che in tanti ormai chiamano il G3, Usa-Russia-Cina. Uscire dal quell’angolo dove gli imperialismi nuovi e vecchi vogliono cacciarla, riuscire a fare da sola sul piano militare ed economico, sarà il faticoso obiettivo del vertice di Londra e dei leader europei nel prossimo futuro.

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Trump: la Crimea resterà alla Russia, Zelensky lo sa

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Donald Trump torna a parlare della guerra in Ucraina e lo fa con dichiarazioni destinate a far discutere. In un’intervista rilasciata a Time, il presidente degli Stati Uniti ha affermato che “la Crimea resterà con la Russia”, aggiungendo che anche il presidente ucraino Zelensky ne sarebbe consapevole.

“La Crimea è andata ai russi, fu colpa di Obama”

«La Crimea è stata consegnata alla Russia da Barack Hussein Obama, non da me», ha ribadito Trump, sottolineando come la penisola fosse “con i russi” ben prima del suo arrivo alla Casa Bianca. «Lì ci sono sempre stati i russi, ci sono stati i loro sottomarini per molti anni, la popolazione parla in gran parte russo», ha aggiunto. Secondo l’ex presidente, se lui fosse stato alla guida del Paese, “la Crimea non sarebbe mai stata presa”.

“Questa guerra non doveva accadere”

Trump ha definito il conflitto in Ucraina “la guerra che non sarebbe mai dovuta accadere”, lanciando un messaggio implicito al presidente Joe Biden e alla gestione democratica della politica estera. A suo avviso, con lui alla presidenza, la situazione in Ucraina si sarebbe sviluppata in modo del tutto diverso, senza l’invasione da parte delle truppe russe.

Le dichiarazioni si inseriscono in un contesto internazionale già molto teso, mentre si continua a discutere del futuro della Crimea e dei territori occupati.

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Mosca: generale ucciso in attacco terroristico

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La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha condannato come “un attacco terroristico” l’attentato in cui è morto oggi vicino a Mosca il generale Yaroslav Moskalik, ucciso dall’esplosione di un ordigno posto sulla sua auto. “La questione principale – ha detto Zakharova, citata dall’agenzia Tass – è come fermare la guerra nel cuore dell’Europa e del mondo. Vediamo così tante vittime ogni giorno. Anche oggi, un militare russo è stato ucciso in un attacco terroristico a Mosca”. (

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‘Usa offriranno pacchetto di armi da 100 miliardi a Riad’

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Gli Stati Uniti sono pronti a offrire all’Arabia Saudita un pacchetto di armi del valore di ben oltre 100 miliardi di dollari: lo riferisce la Reuters sul proprio sito citando sei fonti a conoscenza diretta della questione e aggiungendo che la proposta dovrebbe essere annunciata durante la visita di Donald Trump nel regno a maggio. Il pacchetto offerto arriva dopo che l’amministrazione dell’ex presidente Joe Biden ha tentato senza successo di finalizzare un patto di difesa con Riad nell’ambito di un accordo più ampio che prevedeva la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele.

La proposta di Biden offriva l’accesso ad armamenti statunitensi più avanzati in cambio del blocco degli acquisti di armi cinesi e della limitazione degli investimenti di Pechino nel Paese. La Reuters non è riuscita a stabilire se la proposta dell’amministrazione Trump includa requisiti simili.

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