Collegati con noi

Corona Virus

L’Europa punta all’immunità di gregge a metà luglio

Pubblicato

del

Da buon francese, il commissario europeo Thierry Breton avrà pensato alla presa della Bastiglia: fatto sta che il responsabile del Mercato interno, messo anche a capo della task force europea sui vaccini, ha individuato un giorno preciso entro cui il Vecchio Continente dovra’ raggiungere la sospirata immunita’ di gregge contro il coronavirus, ed e’ proprio il 14 luglio. Per quella “data simbolica”, ha assicurato, l’Europa avra’ “la capacita’ di immunita’ collettiva” verso il Covid-19. Nei palazzi di Bruxelles confidano su una produzione industriale finalmente a regime “con 52 stabilimenti che lavorano 24 su 24, sette giorni su sette”, dopo i ritardi nelle consegne e dopo che questa settimana l’Ue ha aumentato i suoi poteri per bloccare le esportazioni di vaccini. E contano su un’accelerazione delle campagne nazionali di vaccinazione. Per le quali, ha ammonito Breton, “tocca ora agli Stati membri organizzarsi”. In un’intervista rilasciata a Rtl e Le Figaro, il commissario francese ha affermato “con certezza” che altre 360 milioni di dosi saranno consegnate in Europa alla fine del secondo trimestre, vale a dire entro giugno, e 420 milioni a meta’ luglio. Quantita’ “necessarie per iniziare a parlare di questa immunita’ collettiva”, ha sottolineato. Quanto ai ritardi nelle consegne del vaccino AstraZeneca, la societa’ anglo-svedese “si e’ impegnata a fornire 70 milioni di dosi per i nostri concittadini europei e sono tutte prodotte in Europa”, ha sottolineato Breton. E “finche’ AstraZeneca non avra’ adempiuto ai propri obblighi – ha aggiunto -, tutto cio’ che viene prodotto sul suolo europeo e’ destinato agli europei”. Intanto, in vista della stagione estiva e con l’obiettivo di aiutare la ripresa del turismo e gli spostamenti tra un Paese e l’altro, prendono ritmo i lavori per sviluppare il cosiddetto ‘passaporto sanitario’ armonizzato a livello europeo. Il lancio di questo strumento, voluto soprattutto da alcuni stati del Sud a maggiore vocazione turistica – Grecia e Spagna – ma accompagnato finora anche da non poche perplessita’, e’ previsto per il 15 giugno, ha annunciato Breton mostrando un prototipo del documento. Il certificato dovrebbe essere disponibile sia in formato cartaceo sia digitale in ogni Paese dell’Ue. Funzionera’ cosi’: dotato di un codice QR, conterra’ l’indicazione sul tipo di vaccino ricevuto. Non sara’ pero’ un passaporto strettamente vaccinale: in alternativa, il documento segnalera’ infatti se si ha gia’ avuto la malattia e si hanno dunque gli anticorpi contro il Covid. Il documento potra’ essere richiesto per prendere un aereo, per partecipare a eventi o per entrare in un luogo pubblico. Non sara’ tuttavia obbligatorio, ha promesso Breton. In mancanza del certificato bastera’ presentare, ove richiesto, un test negativo al Covid, come peraltro gia’ oggi succede per molti spostamenti all’interno dell’Unione europea. Anche l’America di Joe Biden d’altra parte sta lavorando ad un progetto simile. Dopo lo Stato di New York, primo a lanciare un pass vaccinale, ora si sta studiando un documento valido a livello federale per cercare di tornare anche li’ alla normalita’ per la loro data simbolo: il 4 luglio, che negli auspici del presidente quest’anno dovra’ segnare l’indipendenza dal virus. All’accelerazione sulle campagne vaccinali chiesta agli Stati da Bruxelles sembra intanto voler rispondere il presidente francese Emmanuel Macron. “In qualche settimana”, ha promesso, il Paese raggiungera’ i britannici quanto a numero di vaccini. Un obiettivo ambizioso, visto che il Regno Unito viaggia ormai oltre quota 33 milioni di dosi somministrate e ha coperto quasi il 44% della popolazione con almeno una prima iniezione, secondo le statistiche pubblicate sul sito Our World in Data. Mentre la Francia e’ ancora a 10 milioni, pari a circa l’11% della popolazione. Tra gli Stati dell’Unione europea, a guidare la classifica del numero di dosi somministrate e’ sempre la Germania, con oltre 12 milioni, seguita proprio dalla Francia e poi dall’Italia, con piu’ di 9 milioni di iniezioni fatte.

Advertisement

Corona Virus

Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

Pubblicato

del

Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

Pubblicato

del

Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

Pubblicato

del

In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto