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Le ordinanze creative dello sceriffo De Luca e la lotta al Covid col bazooka caricato ad acqua

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Quello che leggete di seguito è un commento del dottor Catello Maresca, Sostituto Procuratore Generale al Tribunale di Napoli, sull’uso di decreti e ordinanze per governare la fase emergenziale che sta vivendo il Paese e la Regione Campania in questi mesi di pandemia sanitaria e sociale. La questione, pare di capire, non sono le scelte della politica (che deve fare scelte quando ha il diritto-dovere di governare), bensì le modalità con cui vengono fatte alcune scelte. Certe scelte davvero sembrano arrivare per ragioni che sfuggono.     

 

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In certi momenti sembra che quando si assumono ruoli istituzionali si venga improvvisamente colti da un seppur parziale deficit cognitivo. Mi si passi l’ironia, anche perché non intendo offendere nessuno. Capita però sempre più spesso che la politica, o meglio molti rappresentanti della politica che conta, prendano decisioni incomprensibili ai più. La “nuova” politica dovrà interrogarsi molto su questo virus che la colpisce da sempre. Anche perché pare non ci sia farmaco o vaccino capace di curare questa malattia: scrivere norme inapplicabili, imporre divieti che sono facilmente aggirabili, stabilire sanzioni che nessuno pagherà mai.

Forse è questo il motivo per cui in politica quasi sempre le promesse restano promesse e gli illusi/delusi aumentano ad ogni tornata elettorale!

Non mi piace generalizzare, anche perché spesso equivale a banalizzare argomentazioni serie. Prendiamo gli ultimi provvedimenti in tema di Covid, il DPCM del 13 ottobre e l’ordinanza n. 79 del presidente della Regione Campania.
Una premessa è doverosa e si deve fare correttamente.
Nessuno pensa che ci troviamo di fronte ad una situazione facilmente risolvibile. Trovare il giusto equilibrio tra diritto alla salute e necessità economico-sociali è cosa complicatissima.


Ma oggettivamente alcune “decisioni” della politica in tempi di pandemia da covid 19 appaiono davvero incomprensibili.
Da cotanti scienziati impegnati a livello centrale e periferico sarebbe lecito aspettarsi di più.
Del finto divieto del Governo per le partite di calcetto o sport di contatto già abbiamo scritto. Praticamente, nonostante il divieto, non è cambiato nulla. Anzi, una cosa è cambiata. I calciatori amatoriali per potersi divertire a giocare a calcetto ora dovranno pagare (oltre al campo) una quota per tesserarsi alle Associazioni Sportive accreditate. Così si può giocare sul campo di calcetto e non temere controlli.
Ebbene, anche il presidente della Regione della Campania, in genere soprattutto prima delle elezioni molto attento a queste cose, ha fatto finta di niente e così in tutta fretta dopo l’ennesimo balzo in avanti del numero dei contagiati, quasi sorpreso, ha ordinato: niente scuola, niente più feste, niente matrimoni, niente halloween, niente movida, coprifuoco ed altro che risparmio. Ma secondo il punto 1.3 dell’ordinanza di De Luca “è sospesa (ndr. solo) l’attività di circoli ludici e ricreativi; restano consentite le attività dei circoli sportivi, nell’osservanza dei relativi protocolli di settore per la specifica disciplina sportiva e nel rispetto delle norme del DPCM 13 ottobre 2020”.

Manifestazione di protesta contro la chiusura delle scuole in Campania voluta dal Presidente De Luca. Ph. Mario Laporta/KONTROLAB

Quindi i ragazzi non possono andare a scuola (dove sono super controllati e tutelati), ma possono andare a giocare a calcetto dove i divieti vengono aggirati e i protocolli sanitari pure. Una ordinanza, la parte dedicata alla scuola, che finisce davanti al Tar perchè un gruppo di cittadini ha presentato ricorso d’urgenza contro il provvedimento del presidente della Giunta regionale. Un ricorso  motivato con il “danno grave e irreparabile” dovuto alla “lesione del diritto all’istruzione degli stessi figli”. Un ricorso che il Tar Campania si è riservato di decidere, rimandando la pronuncia a quando la Regione Campania fornirà una integrazione di documentazione relativa ai dati sui contagi in ambito scolastico che hanno determinato l’ordinanza regionale di chiusura delle scuole. Eh sì, qualcuno avrà fatto credere al presidente della Regione che i contagi in classe di docenti e discenti fossero centinaia in un solo giorno e non dall’inizio dell’anno scolastico.

Che dire: le premesse ci sono tutte. I nostri giovani in Campania non diventeranno certo degli scienziati, ma sicuramente alleveremo una bella cantera per le giovanili del Napoli o della Salernitana. Le misure a metà, il mezzo mezzo come dice un politico che alterna inflessibilità a lassismo, serve solo a creare rabbia e confusione. A proposito, a quelli che stanno pensando alle formule della cosiddetta “Nuova Politica”, mi permetto di dare un consiglio di buonsenso: metteteci pure un po’ di sano, competente ed autentico coraggio.
Qualcuno lo dica anche al Presidente, della Regione ovviamente! Complimenti ed avanti così! Siamo solo all’inizio e abbiamo un radio futuro alle spalle.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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