“Sono orgoglioso, anche se per me gli eroi sono altri: sul fronte antirazzismo premierei Ancelotti, ad esempio”. Igor Trocchia è tra gli “eroi” del 2018 scelti dal presidente Mattarella per avere ritirato nel maggio scorso dal campo la squadra giovanile del Pontisola (Bergamo) di cui è allenatore per insulti razzisti durante una partita a uno dei suoi ragazzi. “Il tema è caldo – spiega all’Ansa il tecnico 46enne – mercoledì sera ero a S.Siro e mi sono vergognato per quegli spettatori che non hanno disapprovato i buu a Koulibaly. Ma Ancelotti è un grande uomo, coraggioso: si e’ schierato nonostante gli interessi in ballo”. Il 46enne napoletano, a Bergamo ormai da una trentina di anni, si dice comunque “orgoglioso” del riconoscimento: “La parola eroe mi inorgoglisce, anche se non la sento mia. Per quello che io intendo io, l’eroe e’ qualcuno che salva qualcun altro e non credo che questo sia il mio caso. Detto cio’, ripeto, e’ una cosa che mi inorgoglisce. Ho scoperto solo stamattina di essere premiato, quando mi ha chiamato la segreteria del Quirinale”. Sara’ premiato per la lotta contro il razzismo e a favore dell’integrazione: “Effettivamente e’ un tema di grande attualita’. Io tra l’altro ero appunto a San Siro mercoledi’ sera. Sono napoletano e tifoso del Napoli, anche se vivo a Bergamo. Io, mio fratello e mio nipote siamo andati alla partita e, al di la’ del risultato, e’ stata una tristezza sentire quei cori, non tanto contro i napoletani, perche’ questa discriminazione razziale la viviamo ormai da tanti anni, quanto i buu contro Kulibaly che, inerme, si e’ sentito attaccato nella sua intimita’, per il colore della sua pelle. Per questo dico che mi piacerebbe conoscere Ancelotti: ha avuto coraggio e si e’ messo di traverso, dicendo quello che pensa l’uomo e non solo l’allenatore. Io alleno una squadra di ragazzi e per me piu’ facile mettere in evidenza quello che e’ il lato educativo di un gruppo, ma per un allenatore cosi’ vittorioso, famoso e acclamato da tutti come lui, sensibilizzare questo mondo del calcio mi e’ sembrato davvero una cosa da grande uomo”. “Sono appassionato di calcio – prosegue Trocchia – ho giocato e da giovane mi hanno fatto sentire leader solo perche’ segnavo, ma il leader vero e’ un’altra cosa e questo mi ha fatto appassionare al lato educativo del calcio. Per questo mi definisco piu’ un educatore che un allenatore, certo mi piace vedere un bel gol, un contrasto, un tackle, ma altrettanto mi piace vedere i miei ragazzi entrare in campo con sani principi. A San Siro l’altra sera ho provato vergogna soprattutto perche’ se e’ e’ vero che c’era una curva con 4mila persone che fischiavano, perche’ il resto dello stadio, gli altri 61mila non hanno manifestato il loro dissenso, perche’ non li hanno fischiati a loro volta? Io ho vissuto sulla mia pelle questa discriminazione. Pensi un po’ cosa significa arrivare a 12 anni a Bergamo ed essere continuamente etichettato come il terrone, il diverso: non e’ stato semplice, e un po’ me la sento addosso tutt’ora questa rabbia. Ma se prima il calciatore nasceva dalla strada e dal suo estro, ora il calciatore per me deve nascere anche dalla sua educazione. Alimentarla, insegnando ai ragazzi di stare in gruppo: ecco cosa cerco di fare con i miei ragazzi. Ripeto, non mi sento un eroe: vivo di cose normali, faccio il commerciante, lavoro al mercato: vivo in mezzo alla gente e di sguardi – conclude Trocchia – e proprio lo sguardo di Koulibaly l’altra sera mi ha fatto realizzare in maniera definitiva che stavamo assistendo a una cosa molto triste”.