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L’accusa di Kiev, ‘300 bambini ucraini rapiti’

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 Li hanno portati via con la promessa di una vacanza, ma dalle loro famiglie in Ucraina non sono più tornati. Il sindaco di Melitopol, Ivan Fedorov, punta il dito contro le forze di occupazione russe nella regione di Zaporizhzhia e le accusa di aver “deportato” oltre 300 bambini ucraini. “Oggi la deportazione dei nostri bambini è una questione estremamente urgente. Abbiamo già più di 300 bambini portati via da Energodar, Kamianka, Vodyane con la scusa delle vacanze nel territorio russo di Krasnodar e non sono stati restituiti. Avrebbero dovuto restituirli una settimana fa, ma questa settimana sono venuti dai loro genitori e hanno detto: ‘Dateci i vestiti invernali per loro, per ora non torneranno'”, ha denunciato Fedorov a ‘Novyny Pryazovia’. Il sindaco ha descritto in dettaglio le circostanze e di come gli occupanti ingannino i genitori usando sempre lo stesso imbroglio. “I russi – ha raccontato Fedorov – dicono di prendere i bambini solo per una vacanza e che li porteranno fuori per una settimana. I genitori sono per lo più d’accordo”, o almeno lo sono in principio. Fino a quando non si rendono conto che devono attivarsi per recuperare i loro figli, fino a recarsi direttamente nella regione di Krasnodar o in Crimea e cercarli lì. Salvo poi capire nella gran parte dei casi che “è ormai troppo tardi”. Nel raccontare la vicenda il sindaco di Melitopol ha sottolineato quindi la difficile posizione in cui vengono a trovarsi i genitori: “Mentre i bambini sono con i russi, loro sono in una posizione debole e faranno ciò che viene detto loro di fare”. Un modo, secondo Fedorov, “per intimidire e creare panico tra la popolazione locale. Perché una popolazione spaventata è più gestibile di quella di un Paese democratico”.

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Pakistan, uccisi almeno 15 militanti talebani nel nord-ovest

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Le forze della sicurezza pachistane hanno ucciso 15 combattenti appartenenti al Tehrik-e-Taliban Pakistan (Ttp) in tre distinte operazioni nella provincia nord-occidentale del Khyber Pakhtunkhwa (Kp). Lo rendono noto i militari, precisando che le operazioni sono state condotte nel distretto di Karak, nel Waziristan settentrionale ed in quello meridionale. Armi e munizioni sono state recuperate dai combattenti uccisi, che, secondo le stesse fonti, erano coinvolti in numerose attività terroristiche.

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Iran, mistero sull’esplosione a Bandar Abbas: 14 morti e oltre 700 feriti

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Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione (ancora provvisorio) avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a 14 morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.

Le cause restano misteriose

Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.

L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili

Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.

Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.

Israele nel mirino dei sospetti

Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.

L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.

Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano

L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.

La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.

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L’Estonia dissequestra una petroliera della flotta ombra russa

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Le autorità portuali estoni hanno rilasciato oggi la petroliera Kiwala appartenente alla cosiddetta flotta ombra russa sequestrata due settimane fa nel golfo di Finlandia dopo aver constatato la presenza di oltre 40 infrazioni alla normativa sulla navigazione dell’Estonia. Lo comunica il ministero dei Trasporti estone. Secondo quanto comunicato dalle autorità estoni, la nave è stata dissequestrata in seguito alla risoluzione di tutte le infrazioni rilevate. La petroliera era già stata sottoposta a sanzioni da parte dell’Unione europea, del Canada, della Svizzera e del Regno unito.

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