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La vittoria dello zoccolo duro

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Dire che nelle elezioni regionali di Lombardia e Lazio ha vinto l’astensione è un truismo, si capisce. Tutto il resto è noia, dunque? Certo che no. E’ importante capire perché la gente non va a votare, ragionando sperabilmente per segmenti. 

I giovani -diciamo dai 18 ai 30 anni- rappresentano una cosa, plasmati come sono da una cultura digitale del tutto pervasiva, di cui la politica non si accorge se non per  gli aspetti più superficiali, per i suoi opportunismi propagandistici e le sue potenzialità aggressive (ricordiamoci della “Bestia” di Salvini).
Altra cosa è l’età di mezzo -diciamo dai 30 ai 60 anni- in cui si prende progressivamente coscienza dell’inanità della politica nello svolgimento dei grandi processi che determinano “ciò che conta”, vale a dire lavoro, carriera, riconoscbilità sociale, qualità ambientale, vivibilità insediativa, tanto urbana che rurale. Come dite? Quali sono questi grandi processi? Semplice: si incardinano nella triade economia, tecnologia, cultura. All’età di mezzo, la politica sembra sempre più dissociata da tutto questo, socialmente inutile, del tutto autoreferenziale ma del tutto incapace, allo stesso tempo, di assicurare un corretto funzionamento persino a se stessa 
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La terza e la quarta età vivono nello spezzone di mondo che è quello di una “vecchiaia lunga”, a cui non bastano più le riflessioni pacate e sagge della tradizione ciceroniana. La “senectute” attuale esige servizi pubblici efficienti -salute, trasporti, amministrazione- che trovano sempre meno corrispondenza nella realtà quotidiana. La vecchiaia lunga, punto cruciale, rappresenta non la punta della piramide demografica, ma la cupola michelangiolesca della popolazione. Non si assottiglia verso l’alto, come la Tour Eiffel, ma si espande in cima, come un fungo.  E tuttavia non basta dire che le nostre popolazioni sono mediamente vecchie e concentrate in misura crescente nella cupola. Occorre sviluppare delle “politiche” conseguenti che riguardino certo le pensioni (età della quiescenza, ammontare dei minimi, adeguamenti al costo della vita, tassazione), ma non si limitino ad esse. La “vecchiaia lunga” ha una sua economia, come tutti sanno, a partire dal mondo produttivo. E ancor più ha una sua cultura che riguarda non solo l’amministrazione della memoria e l’orgoglio della propria esperienza, entrambi fondamentali, ma altresì una idea forte di “vita activa” con la mobilitazione di competenze, professionalità, abilità che non cessano certo d’incanto a 60 o 65 anni. Per non dire di un edonismo dell’età avanzata al quale nessuno vuol rinunciare: turismo e viaggi, letture, cinema (domenica ho cercato col lanternino ma non ho visto che qualche cinquantenne nella sala -che pure era piena- dove sono andato dopo il voto), concerti, teatro, musei, sport, plein air. E per chiudere: chi mai  compra un giornale oggi che a Milano non trovi un’edicola neanche se ti metti d’impegno? 

Ebbene, dov’è la politica in tutto questo? Perché mai il popolo della “vecchiaia lunga” dovrebbe recarsi alle urne, a fare qualcosa che “non lo riguarda”, sottraendo in una giornata di sole invernale il suo tempo alla passeggiata o al nipotino?

In queste condizioni, in cui per ragioni diverse -per ragioni diverse, sottolineo!- la  gente non va a votare, da chi è composto quel 40% che invece a votare ci va? Avanzo un’ipotesi: a partegli irriducibili per i quali il voto continua ad essere un dovere eun privilegio irrinunciabile, a votare ci va lo zoccolo duro dei pariti politici. Quello che votano “a prescindere”. I militanti, i “clientes“, le corporazioni favorite da questo o quel partito, i nostalgici. Insomma, parliamo dell’elettore residuale, qualcuno che, avendo rinunciato a riflettere, a valutare, a ragionare, ma esprimendo il proprio voto “per partito preso”, è incapace di elaborare un giudizio critico sui partiti politici e sulla politica in generale. Ciò lo tiene lontano dal realismo dei programmi, dalla coerenza tra promesse e risultati di governo, dalla moralità dei candidati, dall’efficienza del sistema. Il confronto? Men che meno. Non esiste proprio il dialogo con i competitori che, difatti, vengono di norma considerati non come “portatori di ragioni”, ma come meri stakeholders , “portatori di interessi”. Da qui, a considerare chi non vota come te come un “nemico” il passo è breve, ciò che trasforma  la politica in una inenarrabile partita di calcio e la discussione libera e razionale in un gratuito scontro di tifoserie sulla Roma-Milano.

Penso che questo accartocciarsi della politica sul proprio zoccolo duro elettorale sia un punto cieco del processo democratico. Un luogo della geografia politica nel quale gli eletti non rispondono più a nessuno dei loro atti, sia che mentano, sia che rubino, sia che fiancheggino le organizzazioni criminali, sia che cambino casacca in Parlamento o nei Consigli regionali e comunali. Sia che mostrino -talora in modo clamoroso, come vediamo in misura crescente- la loro incuria della cosa pubblica, la loro appossimatività, la rozzezza della loro infarinatura culturale. 

 

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

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Corsa al Coni, domani altro incontro tra i n.1 federali

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Un ‘conclave’, seppur sportivo, la cui fumata bianca sembra ancora lontana. Appuntamento a domani pomeriggio, a Palazzo H, per il secondo incontro tra i presidenti federali e il n.1 del Coni, Giovanni Malagò, dopo quello andato in scena già prima di Pasqua.

Sul tavolo ci sono le elezioni presidenziali del comitato olimpico nazionale italiano con l’obiettivo di convergere all’unanimità, o quasi, verso un nome che possa rappresentare gli organismi sportivi per il prossimo quadriennio. Le elezioni sono fissate per il 26 giugno al CPO Giulio Onesti, le candidature potranno esser presentate fino al 5 di giugno e oggi sono tre i nomi: quello di Luciano Buonfiglio (presidente Federcanoa), Luca Pancalli (n.1 Cip in uscita) ed Ettore Thermes (velista e unico ad aver già oggi depositato la candidatura). E mentre Sport e Salute sembra stare alla finestra perché l’obbiettivo naturale è quello di una collaborazione con il Coni del futuro, nella riunione di domani i presidenti entreranno più nel vivo del dibattito.

Una parte di loro appoggia la candidatura di Buonfiglio anche se nessuno si sbilancia ancora sul n.1 FICK, nemmeno Malagò, che continua a tessere la tela e comunque per il suo ruolo Cio farà parte della prossima Giunta, a prescindere dall’eventualita’ che in caso di successo del suo candidato gli venga riconosciuto un ruolo onorifico, come fu per Nostini. Insomma, si attende domani; non si può escludere che esca anche un altro nome, ancora riservato, ma sempre interno al mondo federale verso il quale confluire i voti. Di contro c’è Pancalli, la cui candidatura, in questo momento, resta, seppur silenziosa, dopo il suo annuncio di voler concorrere alla poltrona Coni.

Dai primi exit poll se le elezioni fossero oggi e i candidati quelli citati, Buonfiglio sarebbe in vantaggio sul n.1 Cip, ma in due mesi possono succedere ancora tante cose e a fare da sfondo c’è sempre l’augurio di Gianni Petrucci, presidente FIP, a prescindere da chi sarà il prossimo presidente Coni. “Mi auguro che il successore di Malagò porti a una rappacificazione in Consiglio Nazionale perché abbiamo bisogno anche di Barelli e Binaghi”, aveva detto in occasione dell’ultima riunione, per un aspetto che potrebbe avere anche un peso nella scelta di quale candidato appoggiare il prossimo 26 giugno.

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Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

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In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

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Esteri

Zelensky: situazione difficile ma resistiamo nel Kursk

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“Il Comandante in Capo Oleksandr Syrskyi ha fornito un aggiornamento sulla situazione in prima linea. In molte direzioni la situazione rimane difficile”. Lo scrive Volodymyr Zelensky su X. “Solo a mezzogiorno, si sono già verificati quasi 70 attacchi russi. Gli scontri si concentrano nelle direzioni di Pokrovsk, Kramatorsk, Lyman e Kursk”. E “le nostre forze continuano le operazioni difensive in aree specifiche delle regioni di Kursk e Belgorod”, ha assicurato, dopo che ieri Mosca aveva annunciato la completa riconquista del Kursk. Zelensky ha chiesto una rinnovata pressione sulla Russia ad accettare la tregua proposta dagli Usa.

Secondo Zelensky “la situazione in prima linea e l’azione dell’esercito russo dimostrano che l’attuale pressione globale sulla Russia non è sufficiente a porre fine a questa guerra. Presto saranno passati cinquanta giorni da quando la Russia ha iniziato a ignorare la proposta degli Stati Uniti di un cessate il fuoco completo e incondizionato, una proposta che l’Ucraina aveva accettato l’11 marzo”. Per questo motivo, “è necessaria una pressione più tangibile sulla Russia per creare maggiori opportunità per una vera diplomazia”, ha avvertito, ringraziando “tutti coloro che sono al fianco dell’Ucraina”.

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