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La variante omicron avanza in Europa, in Olanda 61 casi dal Sudafrica

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La temibile variante Omicron del Covid scoperta in Sudafrica mette sempre piu’ in allarme l’Europa. Perche’ dopo il Belgio e’ riuscita a bucare le frontiere anche nel Regno Unito, in Germania, in Italia. E soprattutto in Olanda dove e’ ormai quasi certo che 61 passeggeri, arrivati con voli dal Sudafrica, e risultati positivi abbiano contratto la nuova variante. Londra ha risposto in maniera decisa: imponendo l’obbligo di mascherina nei negozi e sui bus, reintroducendo l’obbligo di test molecolare e di quarantena fino al risultato per chiunque entri in territorio britannico. La velocita’ di propagazione della Omicron del resto spaventa tutto il Vecchio Continente, alle prese con diversi casi sospetti, mentre l’Ue ha deciso di rafforzare i test ed accelerare le vaccinazioni. Il ceppo B.1.1.529, scoperto solo pochi giorni fa in Sudafrica e classificato come “preoccupante” dall’Oms per il gran numero di mutazioni, e’ gia’ riuscito ad aggirare il blocco dei viaggi da diversi Paesi dell’Africa australe disposto dagli europei, e non solo. E dopo il primo caso in Belgio, il Regno Unito ha annunciato di averne rilevati due sul proprio territorio. In Inghilterra, entrambi collegati all’Africa meridionale, ha reso noto il ministro della salute Sajid Javid. Immediati sono scattati i test nelle due aree, Chelmsford, nord-est di Londra, e a Nottingham, mentre i due positivi sono in autoisolamento con i familiari, ha spiegato il ministro, avvertendo che questa nuova emergenza “e’ un promemoria che la pandemia e’ tutt’altro che finita”. L’arrivo di Omicron ha fatto rompere gli indugi anche a Boris Johnson, che finora aveva preferito un approccio soft sulle restrizioni. Al termine di una giornata convulsa, il premier si e’ rivolto alla stampa annunciando l’introduzione dell’obbligo di mascherina nei negozi e sui trasporti pubblici. Un provvedimento drastico, in un Paese in cui la mascherina non e’ stata mai apprezzata, ma che da’ il senso dell’allarme. Il governo e’ anche andato oltre, blindando di fatto i suoi confini: chiunque arrivera’ nel Regno dovra’ sottoporsi ad un test molecolare obbligatorio e una quarantena fino al risultato. Mentre la lista rossa sui viaggi e’ stata allargata ad altri 4 Paesi africani, che adesso sono diventati 10. In tutta Europa, come era gia’ accaduto con le altre varianti del Covid, il quadro e’ in rapida evoluzione. Due i casi confermati di Omicron anche in Germania: a Monaco, nella ricca Baviera. In Italia e’ stata identificata una sequenza riconducibile a Omicron in un residente in Campania rientrato giorni fa dal Mozambico. In Olanda l’apprensione per 85 persone arrivate con due voli dal Sudafrica risultate positive, e’ risultata fondata: con una certezza “del 95%” il governo ha infatti annunciato che 61 hanno contratto la nuova variante. Dopo l’arrivo, comunque, tutti sono stati messi in quarantena in un hotel vicino all’aeroporto di Amsterdam. E si moltiplicano le segnalazioni di possibili contagi, con un caso sospetto individuato anche in Repubblica Ceca. A Bruxelles la Commissione Ue sta moltiplicando i suoi sforzi. Oltre all’attivazione del freno d’emergenza, che ha portato al blocco dei voli dall’Africa meridionale, in una riunione d’emergenza e’ stato deciso di accelerare con le terze dosi dei vaccini, i test ed il tracciamento di chi proviene dalle regioni piu’ a rischio, ha spiegato la presidente Ursula von der Leyen, aggiungendo che si lavorera’ anche per “approfondire il sequenziamento delle variante”. Alzando la guardia a 360 gradi, fino ad analizzare “le acque di scarico per localizzare” la nuova variante. La paura cresce un po’ dappertutto e la Svizzera, per precauzione, ha annullato la conferenza ministeriale del Wto che era prevista la prossima settimana. Il blocco dei voli ha provocato la protesta del Sudafrica – dove la variante sta colpendo soprattutto i giovani – che ha accusato i governi occidentali di aver “punito” il Paese invece di “applaudirlo” per aver individuato rapidamente la nuova mutazione. E l’irritazione di Cap Town nei confronti dei Paesi ricchi puo’ essere letta come la spia della vulnerabilita’ di un intero continente contro il Covid. A causa di sistemi sanitari fragili e, soprattutto, per la carenza di vaccini. Basti considerare che, mentre in Ue e Usa il 60% della popolazione e’ immunizzata, in Africa la percentuale e’ ferma al 7%.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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