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Cronache

La Regione Lazio pronta a sfrattare casa donne ‘Lucha y Siesta’

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La Regione Lazio è pronta a sfrattare la casa delle donne ‘Lucha y Siesta’, ma l’approvazione della delibera slitta per alcune modifiche necessarie. La giunta guidata dal presidente Francesco Rocca oggi si preparava a mettere la parola fine all’ associazione che da quindici anni si occupa e dà rifugio alle donne e ai bambini vittime di violenza. Il provvedimento prevede la revoca della convenzione con ‘Lucha y Siesta’ e un bando per affidare la gestione. L’ex immobile Atac, nel settimo municipio, abbandonato e occupato dal 2008, è diventato un presidio di cultura, accoglienza, una famiglia per molte persone. Il palazzo era stato acquistato dalla Regione nel 2021, guidata all’epoca dall’esponente Pd Nicola Zingaretti, siglando anche un protocollo per salvare l’esperienza di Lucha y Siesta. La delibera dell’assessora regionale leghista Renata Baldassare, come anticipato da La Repubblica, porrebbe quindi fine a questo percorso, affidando la gestione dell’immobile tramite avviso pubblico.

Le donne attualmente accolte saranno spostate – riporta la delibera – in altre strutture regionali. Poi il palazzo dovrà essere ristrutturato e messo a bando. A levarsi contro la decisione della giunta, è l’intero centro sinistra, opposizione in Regione e in Parlamento, in maggioranza al Comune di Roma: dal Pd, ad Avs, fino alla Cgil e alla Casa internazionale delle donne, un coro unanime si è levato contro la decisione della giunta Rocca. A difendere il lavoro dell’amministrazione regionale è la consigliera FdI Laura Corrotti: “La revoca non è altro che un atto di buonsenso”, ha spiegato. Ci sarà “una procedura ad evidenza pubblica, dando così la possibilità di partecipare a tutti gli enti e le associazioni iscritte all’albo regionale delle organizzazioni di donne impegnate nel contrasto alla violenza di genere e nel sostegno ai percorsi di uscita dalla violenza, assicurando oltretutto la presa in carico da parte dell’affidatario del servizio delle donne e dei minori già accolti presso la struttura”.

Ma piovono le critiche. “Non si può mettere al bando chi combatte ogni giorno la violenza di genere”, afferma la senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi. “Al presidente Rocca dico si fermi, sospenda l’iter della delibera”, la richiesta della consigliera regionale Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria nazionale del Pd. “Non vogliamo più panchine rosse, vogliamo Lucha!”, sottolinea la Casa Internazionale delle donne. E sono le stesse attiviste a difendere il proprio operato: “5 anni fa era l’amministrazione Raggi, oggi è la Regione Lazio di Rocca; cambiano i colori ma la violenza politica è la stessa: la Casa delle Donne Lucha y Siesta è di nuovo sotto attacco”. La deliberà ora ha subìto un primo stop. L’atto, arrivato in giunta oggi per il via libera, dovrà avere – da quanto si apprende – qualche modifica “tecnica” per renderlo più efficace e inattacabile. L’impianto comunque non subirà cambiamenti, e dovrebbe essere discussa e votata nella prossima giunta.

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Uomo ferito a colpi di pistola in centro a Milano

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Un uomo è rimasto gravemente ferito stanotte a Milano, dopo essere stato colpito di striscio al volto e al capo da colpi d’arma da fuoco. La vittima dell’aggressione, un 42enne orientale, è stata portata in codice rosso dal 118 all’ospedale di Niguarda. Al momento l’accaduto è in corso di ricostruzione da parte della Polizia di Stato.

Secondo le prime informazioni, il ferito è stato aggredito a mezzanotte dentro o appena fuori un locale di corso Garibaldi 104, nella cosiddetta ‘movida’ serale della zona più volte al centro di aggressioni. A ferirlo, con due colpi d’arma da fuoco, sarebbero state altre due persone, forse suoi connazionali. L’uomo, ricoverato in codice rosso, non sarebbe in pericolo di vita. Le indagini sono in corso da parte della Questura.

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Paola Severino: recuperare i ragazzi a rischio e riportare i cervelli al Sud. Napoli può farcela

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È una delle donne più influenti d’Italia. Prima ministra della Giustizia, prima vicepresidente della Magistratura militare, prima rettrice della Luiss, oggi presidente della Luiss School of Law e alla guida della Fondazione che porta il suo nome. Paola Severino (Foto in evidenza e dentro l’articolo sono di Imagoeconomica), in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, parla della sua Napoli, dei giovani detenuti, dei progetti di reinserimento sociale e della fuga dei cervelli.

Nisida, il carcere sul mare e il progetto vela

Durante una recente visita al carcere minorile di Nisida, Severino ha illustrato un progetto educativo innovativo: una regata internazionale nel golfo di Napoli che coinvolgerà i ragazzi detenuti in attività concrete. «Li formeremo come ormeggiatori, nella manutenzione, nel lavoro di cantiere navale. Impareranno un mestiere vero. È la via per una nuova vita». La vela come metafora e strumento di riscatto: «La recidiva, quando un detenuto apprende un lavoro, crolla dal 75% al 2%», spiega Severino.

Mare fuori e la percezione del carcere

«Mare Fuori è importante perché spinge a riflettere. Il carcere non deve essere un luogo di punizione, ma di rieducazione», sottolinea Severino. «I minori, soprattutto se provengono da famiglie criminali o marginali, sono spesso etichettati come irrecuperabili. Ma il carcere minorile può essere un ponte verso una vita diversa. Lo dimostra anche il progetto “Scugnizzi a vela”, ispirato forse proprio dalla serie».

PAOLA SEVERINO, LUISS GUIDO CARLI

Istruzione e lavoro per salvare i ragazzi

L’emergenza legata a baby gang e bullismo si combatte anche con l’istruzione: «L’evitare la dispersione scolastica è solo il primo passo. Serve un progetto formativo completo, coinvolgente, capace di accendere un interesse vero nei ragazzi». Severino cita il caso del Rione Sanità: «Don Antonio Loffredo ha trasformato giovani a rischio in guide turistiche d’eccellenza. Questo è il modello da seguire».

La fuga dei cervelli e il riscatto del Sud

Ogni anno oltre 100 mila giovani lasciano l’Italia, soprattutto dal Sud. «Un paradosso», osserva Severino, «perché a Napoli ci sono università come la Federico II che eccellono in campi strategici come l’intelligenza artificiale. Sono poli d’attrazione anche per Apple e altri colossi». Lei stessa ha aperto uno studio legale a Napoli per trattenere i talenti. «I ragazzi vanno valorizzati a casa loro. Non devono sentirsi costretti ad andare a Londra o a Milano per avere un futuro».

Parità di genere e forza degli affetti

Nel suo studio legale non applica quote, ma il merito: «Scelgo i migliori, e spesso sono donne». E poi c’è la musica, un’altra grande passione: «Napoli ha la musica nel DNA. Da Muti alla Scarlatti, da De Simone a Pino Daniele: è una città che respira arte». E nel cuore, sempre, c’è spazio per i suoi tre nipoti: «Vivono al piano di sopra e ogni mattina vengono a darmi un bacio. Il tempo è poco, ma la qualità degli affetti è tutto».

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Caso autovelox in Italia: cosa succede e perché le multe sono a rischio

In Italia il caso autovelox esplode per la mancanza di omologazione ufficiale dal 1992, mettendo a rischio migliaia di multe elevate. Una recente ordinanza della Cassazione rende nulli i verbali senza certificazione. In attesa di chiarezza normativa, nuovi obblighi entreranno in vigore entro giugno 2024.

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In Italia esplode il caso degli autovelox per una questione normativa mai risolta dal 1992. Secondo l’articolo 142 del Codice della Strada, infatti, i dispositivi di rilevamento della velocità devono essere approvati e “debitamente omologati” dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit). Tuttavia, in oltre trent’anni, non è mai stato emanato il decreto attuativo che definisce chiaramente le procedure di omologazione.

Qual è il problema?

Nonostante l’obbligo di legge, fino a oggi nessun autovelox, tutor o telelaser è stato ufficialmente omologato. Recentemente, il Mit ha inviato a Bruxelles un decreto che avrebbe automaticamente “sanato” dodici modelli approvati dal 2017 in poi, ma avrebbe imposto la disattivazione immediata di tutti gli altri. La notizia ha suscitato immediate polemiche, costringendo il Mit a sospendere il decreto per chiarimenti.

Differenza tra approvazione e omologazione

L’approvazione è una semplice autorizzazione amministrativa senza verifica tecnica approfondita, mentre l’omologazione certifica che il dispositivo soddisfa precisi requisiti tecnici e normativi. La mancanza di tale certificazione ha posto seri dubbi sulla validità delle multe elevate con dispositivi non omologati.

L’intervento della Cassazione e le conseguenze

La situazione è cambiata radicalmente nel 2024 con l’ordinanza n. 10505 della Cassazione, che ha stabilito che senza omologazione le multe elevate sono nulle, anche se il dispositivo era stato approvato. A seguito di questa decisione, centinaia di automobilisti hanno iniziato a presentare ricorsi, spingendo alcuni Comuni a spegnere temporaneamente gli autovelox.

Cosa succederà ora?

Il decreto è sospeso e il governo potrebbe modificarlo, riproporlo o accantonarlo definitivamente. Nel frattempo, chi ha ricevuto multe potrà continuare a fare ricorso evidenziando la mancanza di omologazione.

Novità attese entro giugno 2024

Entro il 12 giugno 2024, sarà obbligatorio installare segnali di avviso degli autovelox ad una distanza compresa tra 1 e 4 chilometri a seconda delle strade. Sarà necessaria inoltre una taratura annuale certificata, e non potranno essere attivati autovelox in zone con limiti inferiori a 50 km/h nei centri abitati.

Procedura di installazione per i Comuni

Nonostante l’importanza della sicurezza, i Comuni non possono installare liberamente autovelox fissi. È infatti necessario un iter autorizzativo che parte dalla richiesta al prefetto, motivata da documentazioni specifiche, e che passa per l’approvazione della Polizia Stradale.

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