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Cronache

La Guardia di Finanza confisca in tutta Italia beni per 300 milioni di euro ad Antonio Passarelli, imprenditore di Melito ritenuto contiguo a cosche camorristiche

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Beni per circa 300 milioni di euro, parte di un patrimonio gia’ sottoposto a sequestro preventivo nel 2017, sono stati confiscati dalla Guardia di Finanza ad Antonio Passarelli, 63 anni, originario di Melito di Napoli, immobiliarista gia’ condannato due anni fa nell’ambito dell’operazione Omphalos per i reati di esercizio abusivo del credito e intestazione fittizia di quote societarie e di beni, quest’ultimo con l’aggravante del metodo mafioso per avere agevolato vari clan camorristici. Il provvedimento, eseguito dalle Fiamme Gialle di Bologna e Napoli, interessa un totale di 628 tra fabbricati e terreni sparsi in sette province (Bologna, Ravenna, Napoli, Caserta, Benevento, Latina e Sassari), oltre a 16 autovetture, anche di lusso, rapporti bancari e partecipazioni societarie, il cui valore e’ risultato nettamente sproporzionato rispetto ai redditi ufficialmente dichiarati dallo stesso e dal suo nucleo familiare. In Emilia-Romagna si tratta, nel dettaglio, di 77 immobili nel Ravennate (appartamenti, garage e magazzini) e di una societa’ immobiliare (con relativi immobili) a Bologna. La confisca di questi beni costituisce un primo epilogo delle indagini coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Napoli, che avevano portato a luglio del 2017 all’arresto di 17 persone e al sequestro di beni per 700 milioni. L’organizzazione aveva la propria base in Campania ma operava anche in Emilia-Romagna, Lazio, Abruzzo, Umbria, Sardegna e Lombardia, ed era risultata attiva in diversi settori illeciti: truffe alle assicurazioni, esercizio abusivo del credito, investimenti immobiliari e intestazione fittizia di beni, effettuando in questo modo un’attivita’ di reimpiego sistematico di enormi somme di denaro di provenienza illecita. Nel 2017, era finito nei guai anche un ex direttore di banca, a lungo a capo di una filiale bolognese di un istituto di credito. Dalle indagini era emerso come l’organizzazione fosse riuscita a operare indisturbata anche grazie all’appoggio di insospettabili ‘colletti bianchi’, come funzionari di banca e commercialisti infedeli.

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Cronache

Maresciallo arrestato lascia carcere militare e va a domiciliari

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Lascia il carcere militare e va agli arresti domiciliari il comandante Davide Oddicini, il maresciallo finito in cella per corruzione, concussione, accesso abusivo ad atti coperti da segreto e falso. Il militare era stato arrestato dai colleghi del nucleo investigativo di Genova e sospeso dal servizio.

Il giudice ha accolto la richiesta dell’avvocato Andrea Testasecca. Per il gip sussistono i gravi indizi ma i domiciliari appaiono adesso una misura adeguata. Nel frattempo proseguono gli accertamenti degli investigatori, coordinati dalla pm Gabriella Dotto e dall’aggiunto Vittorio Ranieri Miniati. Sotto la lente sono finiti anche due arresti “dubbi”.

Gli investigatori hanno deciso di approfondire questi due episodi anche dopo le audizioni, come persone informate dei fatti, dei colleghi sottoposti al maresciallo. I carabinieri sentiti hanno spiegato che in alcuni casi era lo stesso Oddicini a redigere personalmente i documenti, pur non avendo assistito alle operazioni, facendoli allontanare dall’ufficio. L’ex comandante, tra le varie contestazioni, ha anche quella di avere falsificato i verbali di arresto di uno straniero.

L’uomo, infatti, era stato accusato di rapina impropria sulla base di verbali che, per l’accusa, sarebbero stati “aggiustati” dal carabiniere. Oddicini si è difeso dicendo di essersi basato sulla testimonianza dei presenti (in quel caso una delle testimoni era la fidanzata). Anche per gli accessi al sistema ha dato una sua spiegazione: la maggior parte erano connessi ad attività di indagine, mentre alcuni li ha fatti perché glielo hanno chiesto alcuni amici.

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Cronache

Fa segnale d’aiuto ai carabinieri per strada e si salva da strupro, arrestato 38enne

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Fermato dai carabinieri della compagnia di Roma Centro un cittadino tunisino di 38 anni per violenza sessuale ai danni di una donna 39enne. I militari sono intervenuti dopo aver notato camminare sul marciapiede di via Einaudi una strana coppia per cui l’uomo teneva stretta per mano la donna che, nell’incontrare la pattuglia di militari ha attirato con lo sguardo la loro attenzione, portando la mano libera dietro la schiena per fare il gesto convenzionale antiviolenza ‘Signal for help’ che è stato subito riconosciuto dai militari.

Chiesti i loro documenti, l’uomo ha subito tentato di scappare ma è stato inseguito e fermato dopo circa 200 metri da uno dei militari. La donna ha denunciato di essere stata avvicinata poco prima nell’area cantiere di piazza dei Cinquecento dall’uomo che, dopo averle offerto e fatto consumare del crack, le aveva chiesto in cambio un rapporto sessuale e al suo rifiuto ha iniziato a molestarla, minacciandola di farle del male se non avesse ceduto alla sua richiesta. Così la donna ha finto di accettare convincendolo a spostarsi in una strada vistasi in estremo pericolo, gli aveva fatto credere di accettare, convincendolo a spostarsi nella strada più trafficata.

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Cadavere riemerge dal fiume a Rimini, ipotesi di omicidio

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Cadavere riemerge dal fiume Uso, è un omicidio. Lo confermerebbe l’autopsia disposta dalla Procura della Repubblica sul corpo ritrovato il 29 ottobre: l’uomo, Abderrahman Hamdane, 48 anni, cittadino marocchino, è stato ritrovato senza vita galleggiare lungo il fiume, nel tratto compreso tra il comune di Bellaria Igea Marina e quello di San Mauro Pascoli. Aveva in tasca cellulare e documenti, oltre a pochi euro in contanti, ed è stato subito identificato come regolare sul territorio. Lunedì infatti avrebbe dovuto firmare il contratto di lavoro come bracciante e invece giovedì scorso il suo corpo è stato notato da alcuni addetti allo sfalcio che operavano sulla stradina di ghiaia lungo il canale. Il cadavere era riverso a faccia in giù in acqua. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Bellaria Igea Marina, i vigili del fuoco e la polizia municipale. Indagano ora i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Rimini coordinati dal sostituto procuratore Alessia Mussi. L’ipotesi è quella di omicidio volontario.

La morte risalirebbe a poche ore prima del ritrovamento, al momento si ipotizza uno strangolamento o lesioni interne successive ad un’aggressione. Sicuramente quando il 48enne è entrato nel fiume era già morto, perché l’autopsia ha rivelato che non c’era acqua nei polmoni. La salma era stata recuperata dalla squadra di soccorso acquatico dei vigili del fuoco. Hamdane era arrivato in aereo dal Marocco con un volo su Bologna e aveva preso alloggio a casa dei familiari. Ad aspettarlo in Italia infatti c’erano i cognati mentre la moglie era rimasta in Marocco. Probabilmente l’intenzione era di rimanere in Italia per pochi mesi e poi tornare a casa. Il suo corpo è stato quindi ripescato a circa 300 metri dalla casa che condivide con i parenti a Bellaria Igea Marina. Un uomo dal passato specchiato, così come quello dei familiari che sono tutti lavoratori, nei campi e come muratori, e che non hanno alcun precedente.

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