Collegati con noi

Economia

Ricatto europeo all’Italia: a Bruxelles vogliono la legge Fornero ma non flat tax e reddito di cittadinanza

Pubblicato

del

La manovra economica del Governo Conte si avvia in Parlamento per l’approvazione. Le principali voci di spesa si conoscono. C’è sostanziale accordo tra le forze di maggioranza su tutto quello che è previsto nel contratto di programma. L’intenzione è quella di fare una manovra espansiva dal punto di vista economico ma anche di far respirare gli italiani in difficoltà a sopravvivere e a allentare il cappio al collo dei piccoli imprenditori che non ce la fanno più a sopportare una pressione fiscale altissima. Sembra di parlare di un Paese normale, dove in una democrazia normale, un Governo normale si avvia a fare quello che ha promesso di fare agli italiani. Ma la Legge di Bilancio italiana che vuole fare un po’ di deficit per varare il reddito di cittadinanza, superare la legge Fornero e avviare la sperimentazione della flat tax non piace all’establishment italiano. E va di traverso all’Europa che pensa ai conti in ordine ma poco gli interessa il fatto che l’Italia è allo stremo per le iniquità sociali e fiscali, ci sono milioni di poveri, la spina dorsale e produttiva del Paese non ne può più della tassazione che fa rima con vessazione. E così, visto che in Italia non si riesce a fare niente per cambiare la legge di Bilancio che M5S e Lega hanno voluto, a Bruxelles hanno deciso che saranno loro, con ogni mezzo, a far cambiare idea al Governo italiano. Lo scontro che si prefigura all’orizzonte è di quelli senza precedenti. La Commissione europea e il Quirinale sotto traccia stanno lavorando ai fianchi il Governo per costringerlo a cambiare la manovra. L’Ue ha deciso che l’Italia non può fare deficit entro il 2,4% per i prossimi tre anni perché sembrerebbe che uno dei più importanti paesi dell’area euro stia rigettando il fiscal compact che impone di portare il deficit strutturale a zero.

Giovanni Tria. Il ministro dell’Economia pensa ancora a cambiare la manovra economica

Bruxelles sta usando un’arma che si può ben definire di “pressione” per evitare il termine ricatto che pure non sarebbe assai lontano dalla realtà. In politica non si fanno questioni semantiche. Aumenta la tensione sui mercati e mette sotto pressione il governo. Alla riunione dell’Eurogruppo, i ministri delle Finanze dell’area euro e dell’Ecofin (allargato a tutta l’Unione), il ministro dell’Economia Giovanni Tria deve spiegare ai suoi colleghi la manovra economica e come mai l’Italia per i prossimi tre anni farà un deficit del 2,4%.  “Spiegherò cosa sta succedendo, e come verrà strutturata la manovra” che Bruxelles attende entro il 15 ottobre. Attenzione, Tria dice “verrà strutturata”. La manovra è già strutturata, dovrebbe spiegarla e basta già che anche lui in Consiglio dei Ministri ha accettato numeri e impostazione. In ogni caso sulla manovra  l’Ue potrà esprimersi solo quando materialmente sarà notificata alla Commissione. Invece il commissario europeo agli Affari economici, Pierre Moscovici, rompendo ogni galateo istituzionale, fa dichiarazioni pubbliche che fanno male all’Italia a mercati finanziari aperti.

Commissario agli Affari Economici della Ue. Pierre Moscovici

“Per il momento quello che so è che il deficit del 2,4%, non solo per l’anno prossimo ma per tre anni, rappresenta una deviazione molto, molto significativa rispetto agli impegni presi” dice il francese. Poi, fatto ancora più grave, interviene su processi decisionali del Governo italiano e parla della manovra economica come se fosse ancora da scrivere e sulla quale evidentemente pensa di poter intervenire. “Con Tria – dice Moscovici – lavoriamo sulla base dell’ 1,6%. Così invece è chiaro che il deficit strutturale non sarà guardato per niente nello stesso modo”. Gli fa eco il vicepresidente Valdis Dombrovskis: “La manovra non rispetta le regole”. A quel punto la Borsa di Milano che andava bene, lo spread era sceso sotto i 260 punti e i mercati finanziari tranquilli, vira in negativo. Lo spread inizia una rapida salita e chiuderà la giornata a 282 punti. Davanti a questo spettacolo, Luigi Di Maio, il vicepremier che va dicendo a destra e a manca che la manovra non una sfida a nessuno, né ai mercati né all’Unione europea, non ha difficoltà a dire che evidentemente “a qualcuno non andava bene che lo spread non si fosse impennato. Moscovici fa terrorismo”.

Il commissario nega sdegnato di essere un terrorista mediatico che punta a destabilizzare l’economia italiana. Poi però a stretto giro, quasi a voler dimostrare che c’è una regia su quanto accade, arrivano le dichiarazione del presidente della Commissione, Jean Claude Juncker: “Con l’Italia bisogna essere rigidi, non vogliamo un’altra crisi come la Grecia”. Chissà che cosa pensano della Francia Moscovici e Junker.

Non s’era mai visto prima che l’Ue intervenisse in maniera così pesante su processi decisionali di politica interna di un governo appena eletto. Sono dichiarazioni di guerra. Le dichiarazioni di Junker che parla di pericolo Grecia per l’Italia scatenano i mercati. E allora delle due l’una: o Junker non ha saputo frenare la lingua ed ha fatto dichiarazioni avventate oppure le ha fatte  per mettere alle corde il governo di un Paese fondatore dell’Unione per costringerlo a cambiare politica economica. In entrambe i casi è grave. Prima che Tria volasse a Bruxelles, alle 12 il Quirinale aveva convocato il premier Giuseppe Conte. L’incontro doveva restare riservato ma la notizia è diventata di dominio pubblico. Mattarella ha voluto esprimere  preoccupazione per l’equilibrio dei conti e auspicato attenzione nei rapporti con l’Ue. Conte ha ascoltato, ha spiegato al Presidente Mattarella che l’equilibrio dei conti è la principale preoccupazione del Governo ed è tornato a Palazzo Chigi dove ha incontrato Tria. Moscovici, intanto, continuava a dire “lavoreremo per convincere l’Italia a ritornare sul sentiero del pareggio di bilancio”. E lo faceva sapere prima ancora di avere un incontro riservato con Tria e Dombrovskis. Ad aggravare la situazione, a Borse aperte, arriva la notizia che Tria rientra in anticipo in serata a Roma per chiudere il Def. Viene letta come il segnale che non c’è ancora l’ultima parola sul documento che fa da base per la manovra. Il silenzio del ministro non elimina ma alimenta il sospetto. Decidendo di fissare al 2,4% il deficit nei prossimi 3 anni il governo ha deciso di rigettare la disciplina fiscale imposta all’intera eurozona a partire dal 2011, e che l’Italia ha recepito in Costituzione? Non è così. I governi italiani l’hanno sempre applicata la disciplina contrattando però spesso un tragitto più graduale, mentre la stretta fiscale si è tramutata nella crescita più bassa dell’intera Unione. Bruxelles ha deciso che non consentirà un’alternativa, e terrà il punto anche riservando all’Italia un trattamento “alla greca”. Occorre capire che cosa farà il Governo italiano davanti a questa rigidità dell’Ue.

 

Advertisement

Economia

Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

Pubblicato

del

Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

Continua a leggere

Economia

Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

Pubblicato

del

Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

Continua a leggere

Economia

Banco Bpm boccia ancora l’Ops di Unicredit, ‘inadeguata’

Pubblicato

del

Ovviamente è ancora un no. E motivato con nuovi argomenti. Banco Bpm boccia una volta di più l’Offerta pubblica di scambio volontaria annunciata da Unicredit e lo fa citando anche “modalità di implementazione” della normativa sulla Golden Power che “da parte di Unicredit non risultano chiare”. Strategia ovviamente, ma intanto l’amministratore delegato di Banco Bpm consiglia chiaramente agli azionisti di non aderire all’Ops. I nuovi passaggi dello scontro sono contenuti nell’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio di amministrazione di Banco Bpm del ‘comunicato dell’emittente’ sull’offerta promossa dal gruppo guidato da Andrea Orcel.

Il Cda “a seguito di un’attenta valutazione dei termini e delle condizioni descritti nel documento di offerta pubblicato da Unicredit il 2 aprile scorso e delle altre informazioni disponibili ha ritenuto l’Ops non conveniente e il corrispettivo non congruo”, afferma Banco Bpm in un comunicato. “L’offerta è completamente inadeguata e quindi noi consigliamo ai nostri azionisti di non aderire”, ribadisce l’amministratore delegato Giuseppe Castagna nella conference call con gli analisti finanziari, aggiungendo che tra le altre cose “loro sono molto più esposti alla volatilità dei mercati”. Nella nota dopo la riunione del Cda, la banca sostiene anche che il valore generato dall’acquisizione di Anima “potrebbe diluirsi all’interno di Unicredit” e che dove “a seguito dell’acquisizione dell’emittente e fermo restando quanto previsto dal provvedimento Golden Power le cui modalità di implementazione da parte di Unicredit non risultano chiare, un’eventuale riduzione delle attività di rischio ponderate dovesse interessare anche la clientela di Banco Bpm, sussisterebbero significative incertezze circa la capacità di confermare gli obiettivi di crescita e di generazione di valore su basi stand-alone”.

La strategia perseguita da Banco Bpm “incentrata sulla generazione di valore per l’azionista attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di sviluppo del business presso la clientela di riferimento, con specifico riguardo alle famiglie e alle Pmi, appare diversa da quella implementata da Unicredit”, spiega inoltre la banca guidata da Castagna. Che ricorda come “dopo aver perfezionato un aumento di capitale da 13 miliardi nel 2017 e aver ceduto nel periodo 2017-2019 una parte dei propri asset (tra cui Pioneer Investments, FinecoBank e Bank Pekao), Unicredit ha promosso negli ultimi anni una strategia che ha comportato una riduzione delle attività ponderate per il rischio che tra il 2020 e il 2024 sono passate da 326 miliardi a 277 miliardi”. Per l’Italia “tale orientamento si è tradotto in una riduzione delle attività di rischio ponderate da 131 miliardi a 101 miliardi negli anni dal 2020 al 2024 a cui appare riconducibile una riduzione dei volumi di impieghi da 168 miliardi a 145 miliardi nello stesso periodo”, aggiunge Banco Bpm. ll consiglio di amministrazione “riconosce che l’offerta di Unicredit sottovaluta la nostra banca”, spiega da parte sua il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi, secondo il quale “l’offerta è inadeguata dal punto di vista finanziario e non è giusta per i nostri azionisti”. Il Cda di Banco Bpm ha infatti deciso “che il corrispettivo non è congruo da un punto di vista finanziario. Tale conclusione è supportata, tra i vari fattori considerati, dalle rispettive analisi finanziarie condotte da Citi e Lazard, in qualità di advisor finanziari, e dalle rispettive opinion”, spiega l’istituto di piazza Meda, evidenziando in particolare il “mancato riconoscimento di un premio” per l’eventuale controllo di Banco Bpm.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto