Collegati con noi

Economia

La bufera non cambia l’offerta di Mps su Mediobanca

Pubblicato

del

La tempesta dei dazi che ha piegato le Borse e le banche, oggi peraltro in recupero, non cambia il risiko. Di certo non frena l’offerta di Mps su Mediobanca, a poco più di una settimana dall’assemblea di Siena sull’aumento di capitale al servizio dell’ops. A favore dell’operazione voteranno sì, accanto al Ministero dell’Economia e ai soci Caltagirone e Delfin, anche le Fondazioni azioniste – da Mps a Cariplo alla Compagnia di Sanpaolo, tutte vigilate dal Mef – con una quota complessiva poco superiore all’1 per cento. Non è ancora certo invece l’orientamento di Banco Bpm che ha in mano anche il voto di Anima. “La situazione attuale di turbolenza non impatterà sull’offerta di scambio di Mps su Mediobanca”, ha affermato l’amministratore delegato del Monte dei Paschi, Luigi Lovaglio. Intervistato da Cnbc ha ammesso che “la situazione è cambiata” ma “più ci avviciniamo all’operazione, più il tasso di concambio sarà confermato”.

Esclusa implicitamente un’aggiunta di denaro: “al livello attuale penso che l’offerta sia corretta”, ha ribadito. Non cambieranno neanche le condizioni dell’offerta pubblica di scambio di Unicredit su Banco Bpm. “Ci impegniamo a eseguirla solo se in linea con i parametri finanziari già comunicati”, ha detto il ceo di Piazza Gae Aulenti, Andrea Orcel, in un’intervista a L’Arena di Verona pubblicata nel giorno in cui il banchiere ha incontrato gli studenti all’università della città veneta e gli imprenditori a Vinitaly. A domanda diretta su un rilancio dell’ops ha opposto un ‘no comment’.

“Alla luce dei recenti sviluppi e del risultato dell’offerta su Anima valuteremo comunque con la dovuta attenzione e – dopo aver compreso l’entità dell’impatto negativo sul capitale e sulla capacità di distribuzione di Banco Bpm pre e post eventuali misure di mitigazione e ogni altra circostanza rilevante – decideremo se proseguire o meno nell’operazione, in linea con i termini della nostra offerta”, ha spiegato. Quella del Banco su Anima, conclusa venerdì scorso, è la prima fra le offerte bancarie che agitano in questo periodo il mondo del credito a essersi conclusa. L’acquisto tramite l’opa del 68% della società di gestione del risparmio costerà al gruppo guidato da Giuseppe Castagna 1,5 miliardi mentre il capitale della banca (Cet1) si eroderà, senza il Danish Compromise, di circa 268 punti, il livello che era stato calcolato nel caso di un’adesione totalitaria all’opa. Sono i fatotri che serviranno a Unicredit per decidere entro fine giugno se accettare le azioni che verranno conferite all’ops.

Prima, a fine aprile, il governo avrà detto la sua con il golden power. Sul mercato si scommette che non vengano messi veri ostacoli a Unicredit. A maggior ragione dopo che da Bruxelles la Commissione europea ha inviato una lettera alle autorità italiane sull’uso del ‘potere speciale’ e sul rispetto delle regole europee che demandano sostanzialmente alla Bce il compito di valutare la acquisizioni bancarie. A essere convinto della bontà della sua offerta è di sicuro Lovaglio. “Se oggi in questa situazione fossimo già una realtà unica – ha sottolineato il banchiere parlando di Mps-Mediobanca – saremmo più forti, avremmo un livello più alto di capitale e una capacità di reagire più velocemente”.

“La situazione attuale conferma che la dimensione conta e che c’è bisogno di unire i ricavi”. La distanza fra il valore in Borsa di Siena e di Piazzetta Cuccia implica a oggi che l’offerta sia ancora a sconto del 4% (del 5,7% se si include l’aggiustamento per lo stacco dei dividendi). Non si intravvede in ogni caso l’utilizzo del Mac (Material adverse change), né in questa né nelle altre offerte già annunciate dalle banche italiane. I dazi di Trump e lo sconquasso provocato sui mercati dal mutato scenario non saranno di certo un motivo per far fare un passo indietro a Mps ma neanche a pregiudicare l’ops di Unicredit: se Orcel si ritirerà dalla partita lo farà per motivi diversi.

Advertisement

Economia

Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

Pubblicato

del

Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

Continua a leggere

Economia

Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

Pubblicato

del

Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

Continua a leggere

Economia

Banco Bpm boccia ancora l’Ops di Unicredit, ‘inadeguata’

Pubblicato

del

Ovviamente è ancora un no. E motivato con nuovi argomenti. Banco Bpm boccia una volta di più l’Offerta pubblica di scambio volontaria annunciata da Unicredit e lo fa citando anche “modalità di implementazione” della normativa sulla Golden Power che “da parte di Unicredit non risultano chiare”. Strategia ovviamente, ma intanto l’amministratore delegato di Banco Bpm consiglia chiaramente agli azionisti di non aderire all’Ops. I nuovi passaggi dello scontro sono contenuti nell’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio di amministrazione di Banco Bpm del ‘comunicato dell’emittente’ sull’offerta promossa dal gruppo guidato da Andrea Orcel.

Il Cda “a seguito di un’attenta valutazione dei termini e delle condizioni descritti nel documento di offerta pubblicato da Unicredit il 2 aprile scorso e delle altre informazioni disponibili ha ritenuto l’Ops non conveniente e il corrispettivo non congruo”, afferma Banco Bpm in un comunicato. “L’offerta è completamente inadeguata e quindi noi consigliamo ai nostri azionisti di non aderire”, ribadisce l’amministratore delegato Giuseppe Castagna nella conference call con gli analisti finanziari, aggiungendo che tra le altre cose “loro sono molto più esposti alla volatilità dei mercati”. Nella nota dopo la riunione del Cda, la banca sostiene anche che il valore generato dall’acquisizione di Anima “potrebbe diluirsi all’interno di Unicredit” e che dove “a seguito dell’acquisizione dell’emittente e fermo restando quanto previsto dal provvedimento Golden Power le cui modalità di implementazione da parte di Unicredit non risultano chiare, un’eventuale riduzione delle attività di rischio ponderate dovesse interessare anche la clientela di Banco Bpm, sussisterebbero significative incertezze circa la capacità di confermare gli obiettivi di crescita e di generazione di valore su basi stand-alone”.

La strategia perseguita da Banco Bpm “incentrata sulla generazione di valore per l’azionista attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di sviluppo del business presso la clientela di riferimento, con specifico riguardo alle famiglie e alle Pmi, appare diversa da quella implementata da Unicredit”, spiega inoltre la banca guidata da Castagna. Che ricorda come “dopo aver perfezionato un aumento di capitale da 13 miliardi nel 2017 e aver ceduto nel periodo 2017-2019 una parte dei propri asset (tra cui Pioneer Investments, FinecoBank e Bank Pekao), Unicredit ha promosso negli ultimi anni una strategia che ha comportato una riduzione delle attività ponderate per il rischio che tra il 2020 e il 2024 sono passate da 326 miliardi a 277 miliardi”. Per l’Italia “tale orientamento si è tradotto in una riduzione delle attività di rischio ponderate da 131 miliardi a 101 miliardi negli anni dal 2020 al 2024 a cui appare riconducibile una riduzione dei volumi di impieghi da 168 miliardi a 145 miliardi nello stesso periodo”, aggiunge Banco Bpm. ll consiglio di amministrazione “riconosce che l’offerta di Unicredit sottovaluta la nostra banca”, spiega da parte sua il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi, secondo il quale “l’offerta è inadeguata dal punto di vista finanziario e non è giusta per i nostri azionisti”. Il Cda di Banco Bpm ha infatti deciso “che il corrispettivo non è congruo da un punto di vista finanziario. Tale conclusione è supportata, tra i vari fattori considerati, dalle rispettive analisi finanziarie condotte da Citi e Lazard, in qualità di advisor finanziari, e dalle rispettive opinion”, spiega l’istituto di piazza Meda, evidenziando in particolare il “mancato riconoscimento di un premio” per l’eventuale controllo di Banco Bpm.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto