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Jennifer Lopez a Lucca tra ritmo e glamour

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Una vera e propria “up all night” questa sera per Lucca che ha visto una esplosiva Jennifer Lopez esibirsi al Summer Festival nell’unica tappa italiana del suo tour internazionale. Luci, lustrini, ballerini, scenografie e coreografie da sogno per la pop star latino-americana che per più di due ore ha incantato i 16mila spettatori accorsi da ogni parte d’Italia, e non solo. Il palco del Summer Festival negli anni ha richiamato a Lucca artisti di fama internazionale incassando di anno in anno sempre più successi. E il concerto di J-Lo viene paragonato a quello del 2017 dei Rolling Stones. Prima dello show i cartelloni scandiscono il tempo che manca al 24 luglio, compleanno di Jennifer Lopez. Parte il countdown e poi, dopo i ballerini, arriva lei. Brilla, merito delle frange dorate ma anche dell’audace body argento che indossa e del suo carisma.

Saluta e ringrazia Lucca, “Siete pronti per stare svegli tutta la notte, per cantare e ballare?”, e il popolo di J-Lo impazzisce. Lei lo infiamma ancora di più con “On the Floor” il singolo di maggior successo della cantante, con più di 8 milioni di copie vendute. E’ subito delirio. Si balla e si canta ovunque sul palco, in platea, lungo le mura. Via un successo dietro l’altro Save me tonight, Booty, Ain’t your mama. Dopo oro e argento arriva il primo cambio d’abito con la travolgente Jenny from the block. Pelle nera, catene e borchie per esibirsi nella famosa hit seguita poi da tante altre. Dopo un’ora canta “Gracias a la vida” accompagnata da chitarra e percussioni in stile flamenco e il pubblico risponde cantando “sei bellissima”. Tra nuove canzoni e cavalli di battaglia lo show prosegue a ritmo serrato. Musica, emozioni e coreografie, eseguite con un’energia incredibile, per raccontare 30 anni di carriera. E in questo tempo J-Lo non ha solo cantato e ballato, ha incassato un successo dietro l’altro come attrice, produttrice televisiva e cinematografica e imprenditrice.

Senza esitazione, dopo aver trascinato il pubblico nella sue hit più coinvolgenti, con tanto di intermezzo di flamenco, la cantante racconta, accompagnata al pianoforte, la sua rinascita dopo una lunga sofferenza inviando un grande messaggio alle donne che la seguono: quello di trovare il coraggio di essere se stesse e di trovare la forza di fare le proprie scelte. Ma quello che J-Lo trasmette dal palco lucchese non è solo un messaggio di resilienza ma anche di tenacia e determinazione. Alla vigilia dei suoi 56 anni Jennifer Lopez è più in forma che mai e in quasi due ore di spettacolo non si risparmia un secondo ballando forsennatamente al fianco dell’altra star della serata, il ballerino Giuseppe Giofrè, vincitore nel 2012 del talent ideato da Maria De Filippi ‘Amici’.

Tra un cambio d’abito e l’altro, lo spettacolo è un vero e proprio omaggio alla bellezza con la cantante che ha sfoggiato body ricoperti di cristalli e tute attillatissime. Sulle note di Up all night e con un ‘thank you Lucca, I love you’ J-Lo si congeda ma poi rientra sul palco cantando El Anilo vestita d’argento (pantaloni a zampa e reggiseno) e cappellino glitterato azzurro. Chiude sventolando un tricolore urlando “I love you”. Alla fine del concerto viene proiettato un qr-code dedicato al suo compleanno, aprendolo l’annuncio della nuova canzone “Birthday”. Jennifer lascia Lucca, non prima di concedere uno scatto con lei ad una trentina di persone, il numero era limitato, che hanno pagato quasi 1.500 euro

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Economia

Stellantis in crisi: crollano ricavi e produzione, pesano dazi e addio all’idrogeno

Stellantis chiude il semestre in rosso con 2,3 miliardi di perdita. A picco vendite, Maserati in crisi, tagli alla produzione e stabilimenti quasi fermi in Italia.

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Il primo semestre 2025 è stato drammatico per Stellantis. Il gruppo ha registrato una perdita netta di 2,3 miliardi di euro, a fronte di un utile di 6,5 miliardi nello stesso periodo del 2024. I ricavi sono scesi del 12%, attestandosi a 74,3 miliardi, e le consegne globali di veicoli sono diminuite del 6%, fermandosi a 1,4 milioni di unità.

Il colpo più duro arriva dal Nord America, da sempre motore dei profitti del gruppo, dove le vendite sono crollate del 25%, con una perdita di circa 109 mila unità.

Trump, mini-dollaro e addio all’idrogeno pesano sul bilancio

A pesare sui conti ci sono soprattutto i nuovi dazi imposti da Donald Trump: il 25% sulle importazioni di auto e componenti ha comportato un aggravio di 300 milioni di euro già nel primo semestre, cifra destinata a raddoppiare nella seconda metà dell’anno. Inoltre, la svalutazione del dollaro e della lira turca è costata a Stellantis quasi un miliardo.

Il gruppo ha anche deciso di abbandonare lo sviluppo dei motori a idrogeno, registrando una perdita di 700 milioni, mentre altri 200 milioni sono stati spesi per far fronte al caso degli airbag Takata.

Maserati in caduta libera, commerciali in sofferenza

La crisi ha colpito anche Maserati, con un calo delle consegne del 22% nel secondo trimestre (dopo il -48% del primo). La svalutazione delle piattaforme su cui si basano alcuni modelli ha inciso pesantemente, così come il rallentamento delle vendite dei veicoli commerciali, da sempre una delle aree più redditizie.

Italia in sofferenza: Mirafiori, Melfi e Modena quasi fermi

Nel primo semestre 2025, Stellantis ha prodotto in Italia poco più di 220 mila veicoli, in calo di oltre il 27% rispetto allo stesso periodo del 2024. A Modena, dallo stabilimento sono uscite solo 45 Maserati, contro le 160 dell’anno scorso. Lo stabilimento ha lavorato appena undici giorni, tenuto in vita da contratti di solidarietà.

Mirafiori, con i suoi tre milioni di metri cubi, ha prodotto 15 mila veicoli (-22%), mentre a Melfi, lo stabilimento strategico voluto da Marchionne, si attende la realizzazione di sette nuovi modelli nei prossimi anni. L’unica eccezione positiva resta Pomigliano d’Arco, che continua a produrre Fiat Panda, Alfa Romeo Tonale e il Dodge Hornet.

Verso una nuova era con Antonio Filosa

La pubblicazione anticipata dei risultati, prevista inizialmente per il 29 luglio, ha l’obiettivo di «colmare la differenza tra le previsioni degli analisti e la performance effettiva». In quella data il nuovo CEO Antonio Filosa presenterà il piano industriale e le previsioni annuali. «C’è ancora molto da fare», ha ammesso il CFO Doug Ostermann, che però si dice fiducioso per un miglioramento nel secondo semestre.

In Borsa, il titolo ha chiuso in rialzo dell’1,5%, nonostante l’apertura in rosso. Ma la fotografia che resta è quella di un colosso in difficoltà, alla ricerca di una nuova rotta.

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Licenziamenti illegittimi, la Consulta boccia il tetto di sei mensilità per le piccole imprese

La Corte Costituzionale dichiara incostituzionale il limite di sei mensilità nei licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese. Una sentenza che dà ragione alla Cgil dopo i referendum.

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A meno di un mese e mezzo dalla mancata validazione dei referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, la Corte Costituzionale torna sul tema e dichiara incostituzionale il tetto massimo di sei mensilità previsto come risarcimento per i lavoratori illegittimamente licenziati nelle piccole imprese (quelle fino a 15 dipendenti).

Il provvedimento, contenuto nel decreto legislativo 23 del 2015, noto come Jobs Act dell’era Renzi, limitava a sei mensilità l’indennizzo per chi veniva licenziato senza giusta causa. Proprio quel limite era oggetto del quesito referendario della Cgil che chiedeva la sua abolizione. I referendum, però, non avevano superato il quorum, fermandosi sotto il 30% dei votanti. La decisione della Consulta suona ora come una rivincita per il sindacato guidato da Maurizio Landini, che esulta: “È esattamente la richiesta che facevamo noi con il referendum”.

I giudici: criterio troppo rigido e inadeguato

Secondo la Corte, un tetto fisso e insuperabile a prescindere dalla gravità del licenziamento impedisce al giudice di calibrare il risarcimento in base alla situazione concreta. La misura risulta quindi inadeguata, sproporzionata e priva di funzione deterrente verso il datore di lavoro, soprattutto in contesti dove l’indennizzo è l’unico strumento di tutela del lavoratore.

I giudici auspicano un intervento del legislatore per rivedere l’intera materia, sottolineando che il numero dei dipendenti non è sempre indice affidabile della forza economica di un’azienda. Una piccola impresa, infatti, può generare grandi utili ed essere perfettamente in grado di sostenere un indennizzo più elevato in caso di licenziamento illegittimo.

Le reazioni: sinistra soddisfatta, Unimprese preoccupata

Soddisfatti anche i partiti di centrosinistra, che avevano sostenuto la campagna referendaria. Cecilia Guerra (Pd) ha dichiarato che la sentenza “certifica le ragioni dei promotori e dei 13 milioni di cittadini che hanno votato sì”. Anche la Cisl, pur contraria al referendum, ha espresso un giudizio positivo sulla sentenza.

Decisamente critica invece Unimprese, che rappresenta le micro e piccole imprese italiane. Secondo l’associazione, la nuova interpretazione della legge potrebbe mettere in grave difficoltà circa 4,1 milioni di microaziende, che impiegano 7,7 milioni di lavoratori. Si teme che l’indennizzo possa ora arrivare a 12-18 mensilità, pari a 30-40mila euro in media per ogni caso.

La Consulta si esprime anche sul congedo obbligatorio per la seconda madre

La Corte Costituzionale ha inoltre emesso una seconda sentenza destinata a fare storia: ha stabilito l’incostituzionalità della mancata previsione del congedo obbligatorio di paternità per la seconda madre in una coppia formata da due donne, entrambe riconosciute ufficialmente genitrici. Una decisione che, secondo la Cgil, va letta come ulteriore segnale di modernizzazione e inclusività del diritto di famiglia.

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Economia

La Consulta estende il congedo obbligatorio anche alla madre intenzionale nelle coppie lesbiche

Storica sentenza della Corte costituzionale: il congedo di paternità obbligatorio spetta anche alla seconda mamma nelle coppie omogenitoriali.

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Il congedo obbligatorio di dieci giorni previsto alla nascita di un figlio non sarà più solo “di paternità”. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 115 del 2024, ha dichiarato illegittimo l’articolo 27-bis del decreto legislativo 151/2001 nella parte in cui riconosce il diritto esclusivamente al padre.

Riconosciuta la parità nelle coppie di madri

La decisione estende il congedo retribuito del 100% anche alla madre intenzionale, ovvero la seconda mamma nelle coppie lesbiche. Da ora in poi Inps e datori di lavoro non potranno più negare questo diritto, che viene così equiparato a quello delle coppie eterosessuali.

La sentenza è il frutto di un ricorso collettivo promosso da Rete Lenford – Avvocatura per i diritti Lgbt+, sostenuto dalla Cgil e patrocinato dall’avvocato Alberto Guariso. La Corte d’appello di Brescia aveva sollevato la questione dopo una prima sentenza favorevole emessa dal Tribunale di Bergamo.

L’Inps dovrà aggiornare i propri sistemi

L’Inps sarà costretta a rivedere il portale per le richieste di congedi parentali, che fino ad oggi impediva a due genitori dello stesso sesso di presentare correttamente domanda. L’infrastruttura informatica dovrà riconoscere anche le madri intenzionali, evitando che l’iter si blocchi al momento dell’inserimento del codice fiscale.

La Consulta: genitorialità non legata all’orientamento sessuale

Nella motivazione, i giudici costituzionali evidenziano che le madri condividono un progetto di genitorialità come qualsiasi coppia eterosessuale. L’orientamento sessuale non incide sulla capacità genitoriale, e la madre intenzionale è pienamente coinvolta nell’impegno di cura verso il figlio.

Viene inoltre stabilito che nelle coppie omogenitoriali femminili esiste una figura equiparabile a quella paterna, che condivide diritti e doveri.

Le reazioni politiche

Immediata la reazione della politica. Fratelli d’Italia critica la decisione: «La Corte costituzionale ancora una volta va contro la scienza e la biologia», ha dichiarato Maddalena Morgante, responsabile Famiglia.

Pro Vita & Famiglia parla invece di «follie gender».

Esulta l’opposizione. Alessandro Zan (Pd) applaude: «È un riconoscimento dei diritti fondamentali delle famiglie omogenitoriali». Per Alessandra Maiorino (M5S): «Si smonta finalmente l’ipocrisia di un modello unico di famiglia».

Una sentenza destinata a fare storia.

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