Collegati con noi

Capire la crisi Ucraina

J. Stoltenberg e V. Zelensky: una coppia perfetta

Pubblicato

del

Come dite, strana? Direi proprio di no. La loro intesa è perfetta. Ispirato a una sola ed unica cultura belluina –il mondo che non ci appartiene è pieno di hostes, che vanno annientati-  il loro linguaggio è sovrapponibile. Anzi, scambiabile. Anche se hanno entrambi i loro temi preferiti e una loro espressività seriale. Ecco le due ultime, anzi penultime.

J. Stolteberg

Il segretario generale della NATO va in missione in Estremo Oriente, per dare un’occhiata da vicino all’Indo-Pacifico, lo scacchiere decisivo per la competizione globalitaria tra USA e Cina: che è politica, economica, securitaria. Nutrito da una cultura bellicista, il suo sguardo riduce t.u.t.t.o. a conflitto. E dopo aver abbaiato sotto le finestre della Russia, come ebbe a dire Papa Francesco, è andato ad abbaiare sotto quelle della Cina, dicendo che il grande Paese asiatico, con una popolazione pari a 1/5 di quella mondiale e un PIL secondo solo a quello degli Stati Uniti, la Cina, dicevo…E’ UNA MINACCIA!!!!! Una minaccia per chi? Perché? A quanto pare per questo personaggio il solo fatto di esistere fa di te una minaccia, se non appartieni alla sua organizzazione. Senza dire: che ci faceva il segretario generale della NATO nell’Indo-Pacifico? E’ l’Indo-Pacifico, dopotutto, non l’Atlantico del North Atlantic Treaty Organization. D’accordo, è andato a far visita a quei territori che una reazione alchemica ha trasformato da Estremo Oriente geografico in Estremo Occidente geopolitico. Sì, insomma, Corea del Sud (con cui si sono appena concluse esercitazioni aeree congiunte con gli USA sul Mar Giallo, con vista su Pechino) e Giappone. Da cui si evince che non la storia, la cultura, i valori fanno la compattezza e la riconoscibilità dell’Occidente, ma puramente e brutalmente i soldi: l’Occidente? E’ il mondo ricco bellezza! Perciò dentro ci mettiamo anche l’Australia (ah! gli antichi mari del Sud che ci facevano sognare con Gauguin e le danze tahitiane), questo stato-isola-continente che oltretutto fa già parte, in qualche modo, dell’Occidente, perché è incluso nel Commonwealth Britannico ed ha per capo dello Stato il re Carlo III. E perciò dentro non ci mettiamo né l’India né il Pakistan, pur essendo anch’essi membri del Commonwealth che hanno avuto a capo, pur se non hanno più, di nuovo la regina del Regno Unito.

L’Occidente è un club per ricchi, a quanto pare, e la NATO è la loro conchiglia fossile, il loro scudo protettivo. Ecco perché Stoltenberg è di casa a Seul, che non ha niente a che fare con Carlo V, con Beethoven e con Jefferson, ma cui ha chiesto di rafforzare gli aiuti all’Ucraina, che combatte una guerra per procura contro la Russia per conto della NATO. Ed ecco perché è andato, successivamente in Giappone, a sussurrare all’orecchio dei circoli che contano che la Cina è una MINACCIA, e che Tokyo fa bene ad armarsi spendendo centinaia di miliardi e, naturalmente, fa benissimo ad aiutare l’Ucraina, che combatte la comune lotta della NATO in difesa della libertà dell’Occidente nipponico.

V. Zelensky

Il presidente Ucraino scandisce fino allo sfinimento due ritornelli: armi, armi, armi; e: NO a tutto ciò che è russo: caviale compreso; Dostoevskij compreso, Čajkovskij compreso, Chagall compreso. Ora dunque esplora i fertili territori dello sport e dice al Comitato Olimpico impegnato ad organizzare i giochi di Parigi del prossimo anno: se vengono ammessi gli atleti russi (e bielorussi), l’Ucraina boicotterà i giochi. Il ministro dello sport ucraino V. Gutzeit, ha chiamato gli atleti russi e bielorussi “rappresentanti di Paesi terroristi”. Mentre lo stesso Zelensky, appuntandosi sul petto una nuova medaglia di “combattente per tutti noi”, è impegnato a “garantire che il mondo protegga lo sport dalla politica e da qualsiasi altra influenza di uno Stato terrorista”.  

E poi, siccome in occasione dell’Australian Open, il padre di Novak Djokovic –che ha dominato il torneo di Melbourne- è stato “pizzicato” fuoti dalla Rod Laver Arena con alcuni tifosi russi sotto una bandiera con l’effigie di Putin mentre diceva: “viva la Russia”, ebbene l’Ambasciatore ucraino chiede all’Australia di cancellare l’accredito a Sdjan Djokovic, il padre del campione. 

Frattanto Bruxelles che sta combattendo la guerra Occidente-Russia in Ucraina nel momento esatto in cui sta perdendo la sua battaglia per l’autonomia e l’indipendenza dell’Europa, chiede a gran voce che si rafforzi ed acceleri il processo di ingresso dell’Ucraina nell’UE. Sperando, immagino, che Zelensky indossi una camicia invece della tuta mimetica, e dica finalmente cosa vuol fare per il suo Paese oltre che distruggerlo, come sta facendo.  E frattanto sempre a Bruxelles, dove ha sede oltre all’UE anche la NATO, si chiede che, nei giusti tempi e modi, l’Ucraina entri nell’Alleanza Atlantica, con ciò inviando un altro messaggio irricevibile da Mosca. Un altro schiaffo alla dignità della Russia. Un altro formidabile bastone tra le ruote della pace. Il fatto è che qualcuno continua a dire che è tutta colpa del “cattivissimo Putin”!

Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.

Advertisement

Capire la crisi Ucraina

Ucraina: tre anni di guerra, centinaia di migliaia di morti… per cosa?

Pubblicato

del

Dunque, facciamo un riassunto. Tre anni fa, il 24 febbraio 2022, la Russia invadeva l’Ucraina. L’idea di Putin era chiara: una blitzkrieg, due giorni per arrivare a Kiev, eliminare il governo e sostituirlo con una marionetta del Cremlino. Facile, no? Peccato che la storia non abbia seguito il copione scritto a Mosca.

La “non-guerra” russa e l’ecatombe in corso

In Russia, guai a chiamarla guerra. È una “operazione speciale militare”, un po’ come definire il Titanic “un incidente nautico di lieve entità”. Eppure, questa non-guerra ha prodotto una ecatombe: centinaia di migliaia di soldati russi morti, oltre 80mila ucraini caduti. E queste sono solo le stime ufficiali, perché il numero reale di vittime potrebbe essere ancora più tragico.

Ma non parliamo di numeri. Parliamo di morti, di una carneficina che ha lasciato città distrutte, milioni di sfollati e un’Europa che per tre anni ha investito miliardi per difendere l’integrità territoriale ucraina, la democrazia e i principi cardine del diritto internazionale.

L’Occidente che armava Kiev (fino a ieri)

Per tre anni, l’Europa e gli Stati Uniti di Joe Biden hanno riversato in Ucraina decine di miliardi di euro e dollari, inviando armi, addestrando soldati, costruendo difese, imponendo sanzioni alla Russia e isolando il Cremlino. La NATO ha fatto il possibile per tenere l’Ucraina in vita, ma soprattutto per tenere i russi fuori dai confini europei.

E nonostante tutto, la grande Armata Rossa non ha mai sfondato. Putin ha mandato in battaglia galeotti, ha chiesto aiuto ai nordcoreani, ha arruolato mercenari, ha schierato la famigerata Wagner. Eppure, gli ucraini non hanno ceduto. Hanno preferito morire piuttosto che tornare sotto la sferza russa.

L’Unione Europea accelerava per accogliere Kiev nell’UE. La NATO era pronta a fare dell’Ucraina un suo membro. Ma poi…

Trump entra alla Casa Bianca, Putin sorride

Il 20 gennaio 2025 Donald Trump torna presidente degli Stati Uniti d’America. In meno di un mese, qualcosa cambia. Washington e Mosca riprendono a parlarsi, Trump e Putin si sentono al telefono come vecchi amici. E soprattutto, decidono che la guerra deve finire.

Come? Semplice. L’America di Trump smette di inviare armi e suggerisce che gli ucraini devono rassegnarsi a perdere pezzi del loro Paese. Niente NATO per Kiev, niente resistenza fino alla fine. E soprattutto, gli Stati Uniti vogliono le terre rare ucraine, quelle risorse minerarie fondamentali per l’industria tecnologica.

Dunque, riepiloghiamo: tre anni di guerra, centinaia di migliaia di morti, miliardi di euro investiti per difendere l’Ucraina… e ora tutto si risolve così? Trump e Putin spartiscono il Paese, gli ucraini devono ingoiare il rospo, e il mondo guarda in silenzio.

La spartizione dell’Ucraina e il nuovo ordine mondiale

Il nuovo accordo sembra scritto con un righello:

  • Un pezzo all’Ucraina (giusto per non cancellarla del tutto).
  • Un pezzo alla Russia, che si tiene le terre occupate.
  • Un pezzo agli Stati Uniti, che si prendono le risorse minerarie strategiche.
  • Un pezzo ai caschi blu dell’ONU, o a qualche “forza internazionale” che piaccia a Putin.

Nel frattempo, Trump pensa in grande: riannettere il Canale di Panama, erigere nuovi muri con il Messico, ribattezzare il Golfo del Messico in “Golfo d’America”, comprare la Groenlandia, annettere il Canada. Sì, perché gli Stati Uniti hanno bisogno di espandersi, non solo in Ucraina, ma ovunque Trump voglia lasciare il segno.

Tre anni di guerra… per cosa?

Alla fine, quello che per tre anni era stato un punto fermo – la difesa dell’Ucraina, della democrazia, dei confini europei – non conta più nulla. Si fa come decidono Trump e Putin. L’Ucraina viene smembrata. I morti? Un dettaglio di cui nessuno parlerà più.

E noi, in Europa, guardiamo in silenzio. Perché, alla fine, sembra che la storia sia scritta sempre dai più forti. E gli ideali? Quei principi che hanno giustificato tre anni di guerra, le parole sulle libertà, la sovranità, la democrazia? Tutto inutile. Basta una stretta di mano tra due uomini e il destino di una nazione cambia per sempre.

Continua a leggere

Capire la crisi Ucraina

Cremlino, è Kiev che non vuole colloqui di pace

Pubblicato

del

“Mosca è pronta a risolvere il conflitto ucraino attraverso colloqui di pace, ma Kiev rifiuta di impegnarsi in questo processo”: così il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov (foto in evidenza) commentado le parole del premier ungherese Viktor Orban, secondo cui il conflitto armato in Ucraina finirà nel 2025, “o attraverso un trattato di pace o dopo il crollo di uno dei belligeranti”. “Vladimir Putin ha ripetutamente sottolineato che siamo aperti a risolvere le nostre divergenze attraverso colloqui di pace. Tuttavia, poiché l’Ucraina attualmente si rifiuta di impegnarsi nei colloqui, continuiamo la nostra operazione”, ha detto il responsabile alla Tass. “Per noi è importante raggiungere tutti gli obiettivi che abbiamo di fronte per garantire la sicurezza del nostro Paese”, ha ribadito.

Continua a leggere

Capire la crisi Ucraina

La spia che venne dagli Usa, l’uomo di Mosca nel Donbass

Pubblicato

del

Le prime foto di lui, con il viso pixelato e abbracciato a un soldato, erano apparse sui canali di blogger militari russi il 28 ottobre, subito dopo l’operazione che lo aveva esfiltrato dal territorio ucraino. Ma oggi Daniel Martindale si è presentato a volto scoperto e mostrando i suoi documenti di americano davanti ai giornalisti a Mosca, affermando di aver operato per oltre due anni dietro le linee nemiche fornendo preziose informazioni alle truppe di Mosca nel Donbass. Ora Martindale, che ha 33 anni, dice di voler farsi una vita e una famiglia in Russia e lavorare come agricoltore.

Oltre che acquisire la cittadinanza russa. Come Edward Snowden, l’informatico e attivista statunitense già tecnico della Cia che dal 2013 vive in Russia dopo aver rivelato i dettagli di diversi programmi top secret di sorveglianza di massa del governo di Washington e quello di Londra. E non sarà certo una sorpresa se Mosca deciderà di concedere la cittadinanza anche al nuovo transfuga, che promette di diventare una importante pedina della macchina propagandistica. “Dal 2005 considero gli Usa il mio nemico”, ha dichiarato Martindale, presentatosi alla stampa in camicia arancione e un cappellino nero con visiera. Quello che accade in Ucraina, ha insistito, “è un tentativo dell’America di contenere la Russia per non permetterle di competere ad armi pari con gli Stati Uniti”.

Poi un messaggio diretto a Washington: “Se qualcosa succede a me o a qualche mio parente non sarà un incidente, ma opera delle autorità americane per costringermi a tornare negli Usa e accusarmi di tutti i peccati”. Martindale ha detto di essere stato un “missionario” in Polonia. Quando ha capito che stava per scoppiare una guerra, si è trasferito in Ucraina e, dopo essere passato per Kiev, è arrivato nel territorio della regione di Donetsk controllato dalle forze governative solo una decina di giorni prima dell’attacco russo. Da lì, ha detto, si è messo in contatto con le forze separatiste filorusse scrivendo sul loro canale Telegram. Lo stesso sistema ha utilizzato per mantenere poi i contatti con le agenzie di sicurezza russe, che gli hanno fatto arrivare un nuovo telefono cellulare con un drone.

La settimana scorsa le forze speciali della 29/a Armata hanno fatto un’incursione in territorio ucraino per farlo uscire, dopo che, sostengono i canali degli osservatori militari russi, aveva avuto “un ruolo chiave nella preparazione dell’assalto al villaggio di Bogoyavlenka”, caduto in mano russa qualche giorno fa. Anche oggi Mosca ha annunciato la conquista di nuovi villaggi, quelli di Kurakhivka nella regione di Donetsk e quello di Pershotravneve nella regione di Kharkiv, in un’avanzata nell’est dell’Ucraina che ha accelerato nelle ultime settimane. Le truppe ucraine stanno affrontando una delle più “potenti” offensive della Russia dall’inizio dell’invasione, ha detto il comandante delle forze armate, Oleksandr Syrsky. La situazione è difficile, e “le ostilità in alcune aree richiedono un costante rinnovamento delle risorse delle unità ucraine”, ha aggiunto.

Difficoltà confermate dall’intelligence militare dell’Estonia, secondo la quale solo nell’ultima settimana le forze russe hanno occupato circa 150 chilometri quadrati di territorio nella regione di Donetsk. Il presidente Volodymyr Zelensky ha denunciato massicci attacchi di droni nella notte su varie regioni, compresa Kiev, dove le autorità locali hanno parlato di incendi scoppiati in vari edifici residenziali. Due feriti sono segnalati nella capitale e cinque, di cui tre bambini, a causa di un bombardamento di artiglieria nella città meridionale di Kherson. “I costanti attacchi terroristici contro le città ucraine provano che la pressione esercitata sulla Russia e i suoi complici non è sufficiente”, ha affermato Zelensky. Le autorità russe hanno invece detto che quattro civili sono rimasti feriti in attacchi di droni ucraini sulla regione frontaliera di Kursk e uno su quella di Belgorod. Oltre a due persone rimaste ferite in un attacco di artiglieria delle forze di Kiev a Gorlovka, località nel Donetsk controllata dalle truppe di Mosca.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto