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Politica

Inps, Di Maio e Salvini sfrattano il presidente Boeri: eccesso di protagonismo politico

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È scontro al calor bianco tra Matteo Salvini e il presidente dell’Inps Boeri sul decreto dignità. “Il presidente dell’Inps continua a dire che la legge Fornero non si tocca, che gli immigrati ci servono perché ci pagano le pensioni, che questo decreto crea disoccupazione”, argomenta Matteo Salvini. Che poi aggiunge. “In un mondo normale se non sei d’accordo con niente delle linee politiche, economiche e culturali di un governo e tu rappresenti politicamente, perché il presidente dell’Inps fa politica, un altro modo di vedere il futuro, ti dimetti”. Anche Luigi Di Maio non le manda a dire a Boeri. Meno diretto, ma stesso messaggio:”Non possiamo rimuovere Boeri ora, quando scadrà terremo conto che è un presidente dell’Inps che non è minimamente in linea con le idee del governo”. La polemica sugli 8.000 precari che rischiano di restare disoccupati con l’approvazione del decreto Dignità diventa “un attacco senza precedenti alla credibilità di due istituzioni nevralgiche per la tenuta dei conti pubblici”, cioè la Ragioneria generale dello Stato e l’ente previdenziale, l’Inps. È questo i

Inps nel mirino. Scontro tra Tito Boeri, Di Maio e Salvini

l ragionamento di Boeri, al culmine di una giornata che ha visto degenerare il dibattito sugli impatti del primo provvedimento voluto dal ministro del Lavoro Di Maio, leader del M5S .
Riassunto delle puntate precedenti: il 12 luglio il capo dello Stato firma il decreto Dignità. Nella relazione tecnica abbinata al decreto c’è la stima degli effetti di finanza pubblica, una stima elaborata dall’Inps su dati del ministero del Lavoro. Prima del decreto dignità il limite di rinnovo dei contratti a termine era 36 mesi, ora scende a 24. Poiché ci sono 80.000 persone con contratti già oltre i 24 mesi che non potranno essere rinnovati, e poiché il decreto stabilisce ulteriori strette ma non offre incentivi alla trasformazione a tempo indeterminato (Di Maio li ha solo annunciati), l’Inps stima che il 10 per cento di quegli 80.000 non verrà stabilizzato. Avrà quindi bisogno di ammortizzatori sociali (Naspi) in attesa di un altro lavoro. Come riconosce lo stesso Boeri, stiamo parlando di numeri infinitesimali: lo 0,05 per cento dei lavoratori dipendenti, lo 0,4 per cento dei contratti a termine, un costo per i conti pubblici di 119 milioni nel 2019 e poi zero dal 2021. La cifra di 80.000 posti a rischio rilanciata su Twitter tra gli altri da Matteo Renzi (Pd) – un decreto “per licenziare 80mila persone” – è frutto di una errata interpretazione della tabella. “Il numero totale non eccede mai le 8.000 unità in ogni anno di orizzonte delle stime”, chiarisce Boeri in una nota. L’economista della Bocconi osserva anche che l’isteria politica non è giustificata: “Se l’ obiettivo del provvedimento era quello di garantire maggiore stabilità al lavoro e più alta produttività in futuro al prezzo di un piccolo effetto iniziale di riduzione dell’occupazione, queste stime non devono certo spaventare”.
La vicenda riguarda quindi numeri minimi ha ma ha assunto un peso politico enorme. Sabato Di Maio ha parlato di “lobby di tutti i tipi” contro il decreto e di un numero, quello degli 8.000 posti in meno, “apparso la notte prima” della firma del Quirinale. Era sembrato un attacco al ministro del Tesoro e ai suoi collaboratori, visto che i rapporti tra Cinque Stelle e Giovanni Tria non sono facilissimi. E allora ieri Di Maio ha pubblicato una nota congiunta proprio con Tria per indicare un altro capro espiatorio: “Bisogna capire da dove provenga quella ‘manina’ che, si ribadisce, non va ricercata nell’ambito del Mef”, cioè del ministero. E poi continuano: “Tria, ritiene che le stime di fonte Inps sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro” sono “prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili”. Tradotto: la manina è quella di Boeri.
Coglie l’ attimo il ministro dell’ Interno leghista Matteo Salvini: “Se non sei d’ accordo con niente delle linee politiche, economiche e culturali di un governo e tu rappresenti politicamente, ti dimetti”.
Sullo sfondo la partita delle nomine che può spiegare tanta durezza negli attacchi all’Inps (che ha lavorato di raccordo col ministero del Lavoro che ora lo attacca): la Lega vuole l’Inps per il suo tecnico Alberto Brambilla, i Cinque Stelle vogliono un direttore generale del Tesoro diverso dal prescelto di Tria, Alessandro Rivera, il dirigente che durante i governi Renzi e Gentiloni ha gestito la crisi bancaria. E forse i Cinque Stelle puntano anche a cambiare il Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco, confermato per un anno da Gentiloni.

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Politica

Meloni rilancia con Erdogan, interscambio a 35 miliardi

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Il partenariato fra Italia e Turchia ha un nuovo obiettivo, 40 miliardi di dollari (35 miliardi di euro) di interscambio commerciale nel medio periodo. È il principale traguardo fissato dal quarto vertice intergovernativo, in cui Giorgia Meloni e Recep Tayyip Erdogan hanno rilanciato l’asse fra i due Paesi, con posizioni allineate sulla difesa dell’integrità dell’Ucraina, per la spinta a una soluzione della crisi a Gaza, e a rafforzare l’autonomia industriale europea e mediterranea. E nella dichiarazione finale c’è anche un capitolo, più delicato diplomaticamente, in cui Roma e Ankara si dicono “impegnate a sostenere i tre pilastri del sistema delle Nazioni Unite, ovvero pace e sicurezza, sviluppo e diritti umani”.

Sullo sfondo c’è anche il caso dell’arresto per corruzione del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, principale oppositore di Erdogan in vista delle prossime presidenziali. Una vicenda che le opposizioni in Italia hanno chiesto a più voci alla premier di sollevare. E su cui, soprattutto, Bruxelles ha espresso segnali di preoccupazione e che certo non aiuta a sbloccare i negoziati di adesione all’Ue ormai congelati dal 2018. Sviluppare le relazioni fra Turchia e Ue è uno degli impegni stretti a Villa Pamphilj, dove Erdogan, ringraziando la padrona di casa per il suo “approccio coraggioso”, si è detto certo che Roma riconosca il “contributo” della Turchia “alla sicurezza dell’Europa e del Mediterraneo”, e che “continuerà” a sostenere il processo di adesione all’Unione europea”.

Nonché a sostenere “l’aggiornamento” delle regole doganali Ue che “ostacolano” gli imprenditori turchi. Il vertice conferma l’intenzione della Turchia di trovare spazio nei piani per la sicurezza europea, tanto che c’è la convinzione condivisa sulla “importanza del più ampio coinvolgimento possibile degli alleati non Ue negli sforzi di difesa dell’Ue”. Non a caso, è in materia di Difesa, uno dei principali accordi commerciali esibiti, assieme a 9 memorandum di intesa fra i due governi, dallo spazio alle infrastrutture. Ossia quello recente fra Leonardo e BayKar, per una joint venture per i droni. Beko sostiene le esportazioni delle filiere italiane, inclusa la fornitura di macchinari industriali. E fra i memorandum di intesa, anche quelli di Sace con Limak Group e Yapi Merkezi, per progetti infrastrutturali Turchia e Africa.

Dall’accordo fra Sparkle e Turkcell, dice Meloni, nascerà “una dorsale digitale all’avanguardia lunga circa 4mila chilometri che attraverserà il Mediterraneo e migliorerà la connettività tra Europa, Medio Oriente e Asia”. Si rafforza anche la collaborazione energetica, non solo sull’approvvigionamento di gas naturale via Tap ma anche su rinnovabili e idrogeno. La premier ha ringraziato il suo ospite per gli sforzi con cui sono state “sostanzialmente azzerate” le partenze di migranti irregolari dalle coste turche. E ha ricevuto un invito in Turchia, esteso da Erdogan anche a Sergio Mattarella, da cui si è recato nel pomeriggio, fra la fine del vertice e il business forum con oltre 500 aziende.

Un cambio di programma in cui è entrata anche la visita in Vaticano per incontrare il camerlengo, il cardinale Farrell, e porgere le condoglianze per la morte di Papa Francesco. Ankara aveva inviato il presidente del Parlamento sabato al funerale, che è stato anche l’occasione per l’incontro fra Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Meloni è sicura che “abbia avuto un significato enorme”, auspica che sia “un punto di svolta” e ribadendo il “pieno sostegno agli sforzi” del presidente Usa, è scettica sulla tregua di tre giorni annunciata “unilateralmente” da Mosca: “La Russia deve dimostrare la volontà di perseguire la pace come ha saputo fare l’Ucraina”. Con la premier Erdogan assicura di condividere “il sostegno all’integrità territoriale” di Kiev, e rilancia gli sforzi per “una soluzione anche a Gaza”. Dove, nota Meloni, “la situazione è sempre più tragica”. Nello scacchiere geopolitico i due Paesi hanno visioni convergenti anche sulla stabilizzazione della Libia e sulla transizione in Siria. Lotta al terrorismo e contrasto alle migrazioni irregolari sono altri due dossier su cui c’è l’impegno a rafforzare la cooperazione internazionale. E gli Europei di calcio del 2032 saranno organizzati in tandem. “Una grande sfida – ha sottolineato Meloni – per entrambi i nostri Paesi”.

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Bersani e politica che si fa con l’orecchio a terra: dallo sciopero delle prostitute ai rimpianti sullo ius soli

Pier Luigi Bersani, in un’intervista al Corriere della Sera, ripercorre episodi della sua vita politica e personale: dalle liberalizzazioni allo sciopero delle prostitute, passando per il rimpianto sullo ius soli.

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Pier Luigi Bersani (foto Imagoeconomica in evidenza), ex segretario del Pd, si racconta in un’ampia intervista rilasciata al Corriere della Sera, ripercorrendo episodi personali e politici che hanno segnato la sua vita e l’Italia contemporanea.

Nel suo nuovo libro “Chiedimi chi erano i Beatles” (Rizzoli), Bersani intreccia la politica, le battaglie sociali e i ricordi personali, come l’episodio curioso dello sciopero delle prostitute a Piacenza negli anni Settanta e la protesta dei commercianti sotto casa dei suoi genitori a Bettola, quando da ministro avviò le famose liberalizzazioni.

L’episodio delle prostitute e la lezione sulla politica

Durante la pedonalizzazione di un tratto della via Emilia, le prostitute protestarono. Il giovane Bersani, allora responsabile cultura del Pci locale, seguì l’episodio da vicino: «Un amministratore deve avere a cuore i problemi di tutti, anche quelli più difficili», ricorda.

Le liberalizzazioni e il pullman a Bettola

Nel 1996, da ministro, la sua “lenzuolata” per liberalizzare il commercio suscitò la rabbia dei commercianti. Una delegazione arrivò addirittura sotto casa dei suoi genitori. Ma l’accoglienza calorosa dei suoi — ciambelle e vino bianco — trasformò la protesta in una festa, segnando un inatteso boomerang per i contestatori.

La sfida canora con Umberto Eco

Bersani racconta anche della famosa sfida canora al convegno di Gargonza nel 1997, quando sconfisse Umberto Ecointonando canti religiosi: «Da noi era obbligatorio fare i chierichetti, non iscriversi subito alla Fgci».

Il rimpianto dello ius soli

Se fosse diventato premier nel 2013, Bersani avrebbe voluto introdurre lo ius soli con un decreto legge già alla prima seduta del Consiglio dei Ministri. Un rimpianto che ancora oggi pesa: «Se parti dagli ultimi, migliori la società per tutti».

I 101 e la caduta di Prodi

Bersani ammette di conoscere l’identità di circa «71-72» dei famosi 101 franchi tiratori che affossarono Romano Prodinella corsa al Quirinale. «C’erano renziani e non solo. Alcuni mi confessarono la verità piangendo».

Il rapporto con la morte

Dopo un grave problema di salute nel 2014, Bersani parla della morte con una serenità disarmante: «È più semplice di quanto pensassi. È la vita che si riassume in quell’istante». La sua fede è ora una ricerca continua: «Chi ha già trovato dovrebbe continuare a cercare».

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Giorgia Meloni: Italia protagonista nel mondo, ma serve concretezza e prudenza

In un’intervista al Corriere della Sera, Giorgia Meloni racconta i suoi impegni internazionali, il rapporto con Trump e annuncia nuove misure per la sicurezza dei lavoratori.

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In una lunga intervista concessa al Corriere della Sera, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha raccontato i quindici giorni intensi che l’hanno vista protagonista sulla scena mondiale: dall’incontro alla Casa Bianca con Donald Trump fino alla gestione dell’imponente cerimonia dei funerali di Papa Francesco a Roma.

Meloni ha sottolineato la perfetta riuscita organizzativa dei funerali, apprezzata da tutti i leader internazionali presenti: “È stato un grande lavoro corale, fatto di tante mani preziose”, ha detto, mantenendo però un approccio umile: “Io non sono mai soddisfatta, penso sempre che si possa e si debba fare di meglio”.

Nessun vertice politico ai funerali del Papa

Meloni ha precisato di non aver voluto trasformare il funerale del Papa in un’occasione di vertici politici: “Non avrei mai voluto distrarre l’attenzione da un evento così solenne”. Tuttavia, ha definito “bellissimo” il faccia a faccia spontaneo tra Trump e Zelensky a San Pietro, considerandolo “forse l’ultimo regalo di Papa Francesco”.

La sfida: riavvicinare Usa ed Europa

Nell’intervista, Meloni ha ribadito la necessità di rinsaldare l’alleanza atlantica e riavvicinare Stati Uniti ed Europa: “Il mondo cambia a una velocità vertiginosa, servono dialogo, studio e preparazione”, ha detto. Ha anche confermato che sono in corso contatti per un possibile incontro tra Trump e i vertici europei, anche se i tempi non sono ancora maturi: “Non importa se sarà a Roma o altrove, l’importante è ottenere un risultato concreto”.

L’amicizia con Trump e l’interesse nazionale

Meloni ha respinto le critiche di chi le rimprovera un rapporto troppo stretto con Trump: “Noi non siamo filoamericani, siamo parte dell’Occidente. Difendiamo il nostro interesse nazionale, indipendentemente da chi governa negli altri Paesi”.

Sul futuro, la premier ha affermato: “La sfida americana può essere un’opportunità anche per l’Europa, per tornare a crescere e innovare”.

L’Italia sulla pace in Ucraina

Meloni ha ribadito il sostegno italiano all’Ucraina e all’ipotesi di un cessate il fuoco incondizionato: “Siamo contenti che Zelensky si sia mostrato disponibile, ora è la Russia che deve dimostrare volontà di pace”. Ha inoltre ricordato la proposta italiana di un modello di garanzia ispirato all’articolo 5 del Trattato Nato, anche al di fuori del perimetro Nato.

Nuove misure per la sicurezza sul lavoro

In vista del Primo Maggio, Meloni ha annunciato nuove iniziative concrete per migliorare la sicurezza dei lavoratori: “Stiamo lavorando a un piano importante, in dialogo con sindacati e associazioni datoriali, per combattere il dramma quotidiano delle morti sul lavoro”.


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