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In Thailandia la trans influencer critica l’abito creato dalla principessa: ora rischia il carcere

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L’abito blu era stato indossato dalla candidata thailandese a Miss Universo, il concorso di bellezza tornato a Bangkok dopo 13 anni. In un commento online Wanchaleom Jamneanphol (nella foto in evidenza), una influencer da 500 mila follower su Facebook, meglio nota come «Mixy Bigmouth», quel vestito l’ha fatto a pezzi: “un obbrobrio” l’ha definito.

 

Miss Thailandia. Ha indossato lei l’abito della principessa

E rischia il carcere per il suo ardire: perchè quell’abito è stato disegnato dalla principessa Sirivannavari Nariratana. E criticare l’abito di sua maestà equivale a commettere un delitto di «lesa maestà», un reato preso molto sul serio e punito severamente nel Paese. Mixy Bigmouth è stata denunciata da Kitjanut Chaiyosburanato, anche lui influencer (con 400 mila fan) e aspirante politico. I due si odiano.
Del caso, ora, si occupa il Dipartimento crimini informatici della polizia thailandese.
La principessa Sirivannavari, 31 anni, figlia del re Vajiralongkorn e della ex moglie Sujarinee Vivacharawongse, è abituata a ben altro trattamento sui media locali, che dedicano ampio spazio ai suoi successi come designer (ha fondato una linea di alta moda che porta il suo nome, debuttando non ancora ventenne da stilista con una sfilata a Parigi) e come cavallerizza di dressage. Per lei solo osanna e complimenti misti a salamelecchi. Difficile non parlarne bene: la Thailandia punisce per «lesa maestà», con una pena dai 3 ai 15 anni di carcere, chiunque «diffami, insulti o minacci il re, la regina, i loro eredi o i reggenti». La legge, varata nel 1908, viene applicata con particolare severità dal golpe militare del 2014: molte persone sono state condannate a lunghe pene detentive. Lo stesso vale per chi pubblica materiale che il governo consideri «incoerente con la verità» e la Freedom House, associazione che ogni anno misura la libertà di stampa, considera la Thailandia «non libera». Già nel 2011 il corrispondente della Reuters a Bangkok Andrew MacGregor Marshall era stato espulso per aver scritto un post in cui parlava delle foto del re in canottiera all’aeroporto di Monaco.
E nel 2015 un operaio 27enne è stato arrestato per aver scritto un commento «sarcastico» sul cane dell’allora re King Bhumibol Adulyade: minacciato di una condanna a 37 anni, si è fatto 3 mesi di cella e ha pagato 14 mila dollari di multa dopo le scuse.
Intanto anche l’influencer Jamneanphol, che è una donna transgender, ha fatto mea culpa e cancellato il post, spiegando che non aveva «intenzione di insultare o mancare di rispetto a un’alta istituzione». Lei non sapeva che l’abito fosse per la principessa e riteneva di criticare l’abito indossato dalla modella. Per i dissidenti politici, invece, sfuggire al carcere è molto più difficile: tre anni fa, ricorda Forbes, Pongsak Sriboonpeng, 48 anni è stato condannato a 30 anni per aver scritto sei post critici nei confronti del regime.

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Penalisti Napoli a Gratteri: evitare schemi inadatti a città

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“Comprendere le specificità di ogni singolo territorio e di ogni stagione, evitando di riproporre schemi e visioni che mal si attaglierebbero a una realtà come quella napoletana” ed, evitando di fare “tabula rasa del passato”, “comprendere e governare la complessità, estirpando attraverso un lavoro certosino e chirurgico le sacche di malaffare e delinquenza che ancora impediscono ai cittadini l’esercizio di tutti i loro diritti costituzionalmente garantiti”. E’ quanto la Camera Penale di Napoli chiede al neo procuratore Nicola Gratteri attraverso una nota nella quale viene anche ricordato “l’ottimo lavoro svolto negli ultimi anni dai suoi predecessori: il procuratore Giovanni Melillo e la facente funzioni di procuratore Rosa Volpe”.

“Non ci sfugge ovviamente – scrive la Camera Penale in una nota – e sarebbe ipocrita da parte nostra non farne cenno, che la storia e soprattutto talune dichiarazioni pubbliche del neo-procuratore destano qualche perplessità, poiché in taluni casi agli antipodi con quell’idea di diritto penale liberale e democratico di cui i penalisti (e soprattutto le camere penali) sono da sempre strenui sostenitori”. La Giunta della Camera Penale di Napoli, nella nota, ricorda, anche, “il rapporto sovente turbolento che il neo-procuratore ha avuto con gli avvocati calabresi” i quali “in più di un’occasione, sono stati costretti a dar vita a condivisibili iniziative di protesta e di denunzia finalizzate a portare a conoscenza dell’opinione pubblica alcune innegabili torsioni avvenute, specie nei processi di criminalità organizzata, nei vari Tribunali della Calabria”.

“Vogliamo essere onesti fino in fondo, – dicono i penalisti napoletani – avremmo preferito un profilo diverso alla guida della Procura napoletana” ma “al di là dei nostri desiderata, – spiegano i penalisti – crediamo che, pur nella profonda differenza di vedute e di orientamenti culturali che certamente permarranno e con i diversi ruoli e responsabilità di cui ciascuno è portatore, il dott. Gratteri possa, abbandonando auspicabilmente alcune posture del recente passato non del tutto in linea con il ruolo di ‘capo’ della prima Procura italiana, svolgere egregiamente il suo difficile compito nell’interesse di tutti i cittadini. Noi penalisti – come sempre – vigileremo e ci impegneremo fattivamente perché ciò accada”, concludono i penalisti.

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Bus giù dal cavalcavia a Mestre, il sindaco di Venezia Brugnaro parla di almeno 20 morti

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Un bus è precipitato dal cavalcavia Vempa a Mestre in provincia di Venezia. Ci sono molte vittime, morti e feriti, secondo i primi soccorritori arrivati sul posto. Il sindaco di Venezia Brugnaro ha parlato di “almeno 20 morti”, oltre ai feriti, molti dei quali gravi. Brugnaro ha anche parlato di “immane tragedia” per la comunità e disposto il lutto cittadino. E’ stata interrotta, sempre dalle prime informazioni, anche la linea ferroviaria. Il bus sarebbe dell’azienda di trasporti Actv e si è incendiato dopo l’impatto.  Sono stati mobilitati tutti gli ospedali della zona.

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Spacciatori creativi: nascondevano 24 chili di droga nel camino

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Nascondevano la marijuana nel camino, 15 chili da una parte e 9 dall’altra. La Polizia di Stato di Caserta ha arrestato tre persone per il reato di detenzione ai fini di spaccio di circa 24 chili marijuana.

Un’operazione congiunta tra Squadra Mobile della Questura di Caserta e Commissariato di P.S. di Santa Maria Capua Vetere, finalizzata al contrasto dello spaccio di stupefacenti, ha permesso di effettuare perquisizioni in un’azienda del Comune di San Tammaro, al cui interno vi era il sospetto vi fosse conservata una grossa quantità di sostanza stupefacente.

In particolare, durante le ricerche, all’interno di un camino di un locale adibito a cucina, gli investigatori hanno trovato nascoste 15 grandi buste con all’interno marijuana, del peso di 15 chili. L’attività di ricerca ha inoltre consentito di trovare, in un capannone adiacente, 5 ventilatori, utilizzati per disperdere il forte odore prodotto dalla sostanza stupefacente durante l’essiccazione.

Il gestore dell’azienda agricola, un quarantenne della provincia di Caserta con precedenti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, è stato arrestato per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza psicotropa ed è stato associato alla Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere.

Ulteriori perquisizioni sono state effettuate presso l’abitazione di due coniugi di nazionalità albanese di 35 e 29 anni, residenti in San Tammaro, ove sono stati ritrovati circa 9 chili di marjuana nascosti nel camino dell’abitazione. I coniugi sono stati arrestati per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente e l’uomo è stato associato alla Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, mentre la donna agli arresti domiciliari.

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