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Il Tocilizumab? Un farmaco compassionevole! L’ultima scemenza dell’illustre infettivologo milanese Galli

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Sembra essere diventata una fissazione quotidiana quella dell’infettivologo meneghino Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano. Ogni giorno c’è un giornalista con un microfono che consente a questo eccellente medico milanese di criticare l’utilizzo del farmaco Tocilizumab contro il Coronavirus (COVID-19). Qual è il problema di questo illustre scienziato (non c’è nessuna ironia nelle parole che usiamo)? Il professor Galli non riesce a digerire il fatto che alcuni suoi colleghi scienziati e ricercatori  sono stati incaricati dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) di sperimentare questo farmaco nella quotidiana battaglia per salvare pazienti vittime di questa pandemia. Ogni giorno Galli fa nuove scoperte rispetto a questo farmaco della Roche, azienda farmaceutica che lo sta fornendo gratuitamente a tutte le istituzioni scientifiche delle regioni italiane impegnate nella sperimentazione. Ogni giorno Galli ne inventa una per degradare il Tocilizumab da preparato per combattere la terribile artrite reumatoide ad una sorta di sostanza farmacologicamente inerte somministrata a pazienti che si credono malati. Ieri sera Galli, in preda alla ennesima crisi di nervi, forse per eccesso di lavoro all’ospedale Sacco, mitica istituzione scientifica milanese nella lotta alle malattie infettive, ospite della trasmissione di Mario Giordano “Fuori da Coro”, ha degradato il Tocilizumab ad un “farmaco compassionevole”. Ora non abbiamo alcuna competenza in fatto di farmaci, ma non fa onore ad uno scienziato definire un farmaco che sicuramente cura l’artrite reumatoide “compassionevole”.

Questo farmaco, come sa il professor Galli, secondo quanto rivelato e testato scientificamente da Paolo Antonio Ascierto, medico oncologo e ricercatore napoletano, ha degli effetti eccellenti nella cura delle devastanti polmoniti indotte dal covid 19. Questo farmaco, il Tocilizumab, secondo quanto testato dal professor Ascierto, ha salvato più di un paziente arrivato in terapia intensiva dell’ospedale Cotugno in condizioni disperate. Per la sperimentazione di questo farmaco ora c’è un protocollo dell’Aifa dal titolo “Multicenter study on the efficacy and tolerability of tocilizumab in the treatment of patients with COVID-19 pneumonia” registrato a nome dell’Istituto Nazionale Tumori, IRCCS, Fondazione G. Pascale di Napoli.

Insomma questo farmaco sta già salvando molte vite umane e tante altre ne potrebbe salvare se chi sta facendo la sperimentazione dovesse trovare altri percorsi per usarlo precipuamente per la cura dei pazienti affetti da coronavirus. Per arrivare ad un farmaco specifico per il covid 19 occorrono studi, esperimenti. Lavori che fanno scienziati e istituzioni scientifiche. L’Agenzia italiana del farmaco ha scelto la commissione scientifica per fare questo lavoro. Ed è  composta da:

Paolo Ascierto e Francesco Perrone come capi della sperimentazione. Assieme a loro, nelle vesti di coprotagonista della sperimentazione ci sono Anna Maria Marata, Roberto Parrella, Patrizia Popoli, Carlo Salvarani, Maria Carmela Piccirillo. E poi tanti altri eccellenti ricercatori come Luigi Atripaldi, Marco Cascella, Massimo Costantini, Giovanni Dolci, Nicola Facciolongo, Fiorentino Fragranza, Marco Massari, Vincenzo Montesarchio, Cristina Mussini, Emanuele Alberto Negri. Tutti questi ricercatori, uomini e donne immaginiamo di eccellente valore, certamente degli scienziati di chiara fama, lavorano sia all’Istituto Nazionale Tumori, IRCCS, Fondazione G. Pascale, ma anche allaRegione Emilia Romagna e CTS AIFA, AORN Ospedali dei Colli – Monaldi – Cotugno – CTO di Napoli,  Istituto Superiore di Sanità e CTS AIFA, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia. Quello che leggete cliccando qui è il protocollo Tocivid 19 firmato tra Aifa e tutte le istituzioni scientifiche che hanno aderito.

È questo il problema del professor Galli. Il fatto che la sperimentazione è partita. C’è un protocollo tra Aifa e il Pascale di Napoli. E non c’è il suo ospedale. Se ne faccia una ragione. Non cambia nulla. L’importante è che chiunque lo sperimenti e lo testi poi lo metta a disposizione della comunità scientifica e dunque dei pazienti che potranno essere curati. Tanto, che il farmaco Tocilizumab sia napoletano o milanese, chissènefotte se salva vite umane a Milano, a Napoli, a Madrid, a Nairobi o dovunque nel mondo. Ecco, ci viene da dire al professor Galli: basta. Faccia l’infettivologo e smetta di perdere tempo a gettare fango sui suoi colleghi napoletani. Con questi comportamenti sta sciupando anni e anni di onorata professione e dignità professionale. Perchè Galli è stato ed è un eccellente infettivologo. Se proprio non ce la fa a digerire la cosa, un po’ di Malox fa passare tutto.  È un farmaco efficace. Già testato.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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