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Economia

Il taglio può attendere, la Bce lascia i tassi invariati

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La Banca centrale europea lascia i tassi fermi ai livelli record per la terza volta consecutiva ma il percorso verso il primo taglio sembra accorciarsi. O almeno così la vede la maggior parte degli analisti mentre le Borse europee, non troppo convinte di una rapida inversione di tendenza, chiudono deboli dopo la decisione di Francoforte, riducendo le perdite solo grazie alla spinta di Wall Street e del Pil Usa, che ha fatto ripartire le scommesse su una taglio dei tassi della Fed già a marzo. La decisione della Bce di lasciare il tasso principale al 4,50%, quello sui depositi al 4%, e quello sui prestiti marginali al 4,75% era ampiamente attesa. L’inflazione mantiene il suo trend in calo, spiega la Banca centrale, e quindi si confermano le valutazioni che hanno portato ad ottobre ad interrompere il ciclo di rialzi più rapido della storia, partito a luglio 2022.

Attese erano anche le parole della presidente della Bce Christine Lagarde, che ha ribadito come sia “prematuro” discutere di un taglio dei tassi, un’opinione che raccoglie il “consenso” del Consiglio direttivo, ha spiegato. Più che le sue parole, stavolta ha invece colpito quello che non ha detto: non ha respinto con forza, come ha fatto nei mesi scorsi, le ipotesi sull’avvio della riflessione sul calo dei tassi. La svolta tanto attesa da famiglie, imprese e mercati potrebbe quindi arrivare anche prima dell’estate, unico riferimento temporale che la presidente aveva dato la scorsa settimana.

Ma l’anticipo del cambio di rotta già alla primavera resta, per il momento, soltanto un’ipotesi più rosea degli analisti che comunque continuano a scommettere su un primo taglio a giugno. Qualunque altra possibilità deve infatti fare i conti con i nuovi dati economici, attesi entro aprile, e con rischi sempre maggiori che potrebbero far risalire i prezzi e ostacolare il ritorno alla normalità. Se da un lato l’economia sembra reggere, con una debolezza in avvio di anno a cui seguirà una ripresa, sulle prospettive a medio termine incombono nubi sempre più dense. Lagarde spiega che la situazione più osservata da Francoforte è quella in Medio Oriente, dove il conflitto che si è allargato al Mar Rosso potrebbe far risalire i prezzi di energia e trasporti, interrompendo di nuovo il commercio globale. Per questo la prudenza è d’obbligo, e la Bce resta “dipendente dai dati”.

Quelli più importanti ai fini delle prossime decisioni saranno i numeri sull’evoluzione dei salari, perché capaci di orientare l’inflazione più di altri fattori. Arriveranno a fine aprile, quindi anche la prossima riunione del consiglio direttivo, il 7 marzo, non avrà un quadro completo. Al momento, ha spiegato Lagarde, la temuta spirale prezzi-salari non c’è stata, e gli aumenti degli stipendi sono stati assorbiti dai maggiori profitti che le aziende hanno realizzato in questi anni di prezzi alle stelle. L’inflazione a dicembre è calata al 2,9%, e se tutto si mantiene secondo le previsioni proseguirà il suo cammino per raggiungere il target del 2% nel 2025. Intanto lo stop della Bce sta già spingendo al ribasso i costi dei mutui e fa ripartire le richieste.

Secondo l’osservatorio MutuiOnline.it, da ottobre i tassi medi fissi sono calati di 73 punti base (dal 4,08% al 3,35%), e attualmente sul mercato è possibile trovare tassi addirittura al 3,10%, e al 2,70% per i mutui green. Rispetto all’ultimo trimestre dell’anno scorso, gli importi medi richiesti sono aumentati dell’8,3%, passando da 129.851 a 140.692 euro e si registra una leggera diminuzione del reddito medio dei richiedenti (da 2.968 euro a 2.913 euro). “Segnali positivi per il mercato”, spiega l’osservatorio, che registra anche il ritorno dell’interesse verso le surroghe (+75% rispetto al quarto trimestre 2023).

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Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Economia

Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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