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Il Senato approva il tetto di 45 giorni alle intercettazioni: polemiche e allarme dai magistrati

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Nell’Aula di Palazzo Madama si è approvato con 83 sì, 49 no e 1 astenuto il disegno di legge presentato dal senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, che fissa il tetto massimo di 45 giorni alle intercettazioni. La maggioranza esulta, mentre le opposizioni protestano. Unica eccezione è Italia Viva, che invece condivide il provvedimento. I magistrati lanciano l’allarme: se questo testo, che ora dovrà passare alla Camera, diventerà legge, “migliaia di inchieste saranno a rischio”.

Modifiche sostanziali durante l’esame in Commissione Giustizia

Il provvedimento, incardinato a Palazzo Madama nel novembre 2023, ha subito modifiche sostanziali durante l’esame in Commissione Giustizia. Inizialmente, come sottolinea la relatrice Erika Stefani (Lega), era composto di tre articoli e la norma portante era quella che vietava di intercettare le telefonate tra avvocati e assistiti. Successivamente, questa misura è stata recepita nel ddl Nordio e il progetto di legge, pur mantenendo il titolo originario, è diventato il contenitore di un’altra norma: quella che mette il tetto di 45 giorni agli ‘ascolti’, a meno che non si tratti di reati di mafia e terrorismo o non emergano “elementi specifici e concreti” che dovranno essere oggetto di espressa motivazione.

Proteste delle opposizioni e preoccupazioni per le indagini

Il testo, così modificato, è stato approvato in Commissione ad aprile, ma “senza che ci sia stata un’adeguata istruttoria”, come denuncia in Aula il senatore M5S Roberto Scarpinato. Ad accelerarne l’arrivo in Aula è stato il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, che, nell’ultima Conferenza dei Capigruppo, ha chiesto e ottenuto che il ddl arrivasse in Assemblea “il più presto possibile”. Tutti gli emendamenti delle opposizioni sono stati respinti.

I senatori del Movimento 5 Stelle, con Scarpinato e Ada Lopreiato, protestano e ribadiscono come siano a rischio anche le indagini sulle violenze alle donne, a cominciare dal reato di stalking, “che dura molto più di 45 giorni”.

Critiche anche dal Partito Democratico

Anche i Democratici contestano il provvedimento, parlando, come fa il capogruppo in Commissione Giustizia, Alfredo Bazoli, di “termini draconiani”. “Va bene il tetto alle intercettazioni”, dice Bazoli, “ma il limite di 45 giorni è troppo stretto”, perché “così sono a rischio anche le indagini per omicidio”. “Il numero di 45 giorni”, incalza Bazoli, “è stato scelto a caso senza alcuna verifica né istruttoria. È una tagliola clamorosa” che mette a rischio reati come strage, corruzione, bancarotta fraudolenta e violenza sessuale. “Possibile che non ci si renda conto dei rischi? È un testo scritto male, superficiale. Fermatevi!”, è l’appello di Bazoli. Ma la maggioranza va avanti.

Italia Viva sostiene il provvedimento

Forte anche del sostegno di Italia Viva, che con Matteo Renzi e Ivan Scalfarotto ricorda come anche la Cassazione abbia chiesto un tetto alle intercettazioni. “È un tema di diritti umani”, afferma Renzi, “e chi chiede limiti non fa un regalo ai criminali, ma difende la Costituzione”.

La “terza gamba” della riforma delle intercettazioni

Zanettin spiega che il ddl è la “terza gamba della grande riforma delle intercettazioni”, nata dall’indagine durata mesi in Commissione Giustizia. Le prime due tranche, spiega, sono state il divieto di intercettare le conversazioni tra avvocato e cliente e la riforma della disciplina del sequestro di smartphone e pc, oggetto di altri due distinti provvedimenti già approvati.

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Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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