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Il ritorno di Callejon a Napoli da avversario: l’omaggio dei napoletani

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Vederlo con la ‘camiseta’ viola nello Stadio Armando Maradona per i napoletani sarà uno choc vero e siamo sicuri che se ci fosse il pubblico si alzerebbe in piedi al suo ingresso in campo e gli tributerebbe un grande applauso perchè per José Maria Callejon la maglia azzurra era quasi una seconda pelle. Dal 2013 al 2020. Lo spagnolo è stato uno dei grandi protagonisti della squadra azzurra degli ultimi anni: il componente del trio magico – Insigne, Mertens e lui, il ‘caballero triste’- che ha regalato ai sostenitori tanta gioia oltre ad una Supercoppa e due Coppe Italia.

Sarà strano per i suoi ex compagni e tifosi vederlo con la maglia viola, sarà strano per Josè non schierarsi al fianco dei suoi colleghi e amici storici e non sentirsi parte integrante di uno stadio che lo ha amato tanto e che domani purtroppo non potrà applaudirlo come meriterebbe perché il Covid-19 non lo permette.
Ha collezionato 349 presenze in azzurro: quasi sempre titolare inamovibile, esterno instancabile (fase offensiva e difensiva impeccabile), intelligente tatticamente come pochi nel calcio.

Riservato, taciturno, generoso, dal temperamento solo all’apparenza così lontano da una città come Napoli che talvolta eccede ma che poi ha tanto cuore, Callejon si è ritrovato ben presto sulla stessa lunghezza d’onda. E con lui anche la sua compagna, Marta Ponsati Romero, modella catalana sposata nel corso della sua permanenza a Napoli, una coppia solida e molto unita. Insieme hanno pianto al loro al loro arrivo a Napoli, una incognita per due ragazzi giovani che avevano vissuto prima a Barcellona e poi a Madrid. Poi si sono sentiti a casa, nel loro ambiente ideale: lo ha raccontato la stessa Marta con un lungo post scritto con il cuore sul suo blog…

La loro famiglia si è impreziosita con la nascita (proprio a Napoli) di India (2014) e Aria (2016) dopo la maggiore (figlia di Marta) Paula. Ed un quarto bebè è in arrivo e forse stavolta nascerà sulle sponde dell’Arno e non alle pendici del Vesuvio.Le strade si sono separate consensualmente alla fine della scorsa stagione, dopo che Callejon aveva accettato anche di giocare gratis nel Napoli gli ultimi due mesi, a contratto scaduto. Un po’ di amarezza c’è perché si ha come la sensazione che abbia più dato ‘Calleti’ al Napoli che viceversa. Il cuore lascia spazio sempre più spesso al mercato e l’ultimo gesto del caballero è stato quasi quello di fare un passo indietro e voltare pagina.

A Firenze – una piazza difficile – dove a inizio novembre già si è avuto il cambio di allenatore con Prandelli che ha sostituito Iachini, Josè si sta ritagliando il suo spazio e possiamo scommetterci che ci riuscirà. Decisivo nella partita con il Cagliari il suo splendido assist a Vlahovic: e pensare che Prandelli aveva già deciso che per un giocatore così bravo nel suo modulo non c’era posto…
Bello il suo modo di festeggiare ad ogni goal: un inchino elegante, e con la maglia azzurra sono stati 82. Domani simbolicamente spetta allo stadio Maradona inchinarsi al calciatore e all’uomo Josè Maria Callejon.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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Cronache

È morto Franceschini, fu fondatore delle Br

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E’ morto Alberto Franceschini, uno dei fondatori assieme a Renato Curcio e Mara Cagol delle Brigate Rosse. Il decesso è avvenuto l’11 aprile scorso ma la notizia è stata diffusa solo oggi. Franceschini aveva 78 anni ed era stato condannato con sentenza definitiva, tra l’altro, per il sequestro del giudice genovese Mario Sossi e per l’omicidio di due sponenti del Msi avvenuta a Padova nel 1974.

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