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Il record di Mancini, in 17 mesi fa rinascere l’Italietta che non andò ai mondiali

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Chiamiamolo effetto Mancini. In 17 mesi di azzurro Roberto Mancini ha guidato gli azzurri dal flop alla rinascita. L’Italia si è qualificata all’Europeo con tre turni di anticipo. E questo non era mai riuscito a nessun ct. La vittoria sulla Grecia  all’Olimpico vale il pass ufficiale a Euro 2020. È l’ottavo successo di fila. Meglio di Trapattoni e Valcareggi (arrivati a 7) e solo uno di meno di un mito azzurro, Vittorio Pozzo. Che però Mancini può eguagliare e superare. Certo, i risultati di queste 16 partite (10 vittorie, 4 pareggi, 2 sconfitte) non garantisce i favori del pronostico per il torneo del prossimo giugno. Ma dall’azzurro sbiadito del novembre 2017, quando la nazionale mancò per la seconda volta nella sua storia la qualificazione al Mondiale, alla notte di festa dell’Olimpico sembra passata un’era. E invece e’ trascorso poco meno di un anno e mezzo, impiegato a ricostruire la nazionale sui giovani. Dei 47 giocatori impiegati, 18 sono stati gli esordienti. Barella e Sensi sono diventati con Mancini punti fissi della rinascita, Zaniolo il simbolo della fiducia in giovani non ancora esplosi, Biraghi o Piccini l’esempio di come anche nelle pieghe del grande calcio si possano trovare soluzioni utili.

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Tennis, Tyra Grant: «Sogno di giocare per la Nazionale italiana. L’Italia è casa mia»

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La giovane tennista italo-statunitense ha scelto di rappresentare l’Italia: “Parlo questa lingua, sono cresciuta qui. È casa mia”. A 17 anni, Tyra Caterina Grant ha già preso una decisione che definisce “naturale”: giocare per l’Italia. Nata negli Stati Uniti, figlia dell’ex cestista Tyrone Grant, Tyra è cresciuta in Italia, parla fluentemente italiano e si allena da anni nell’Accademia di Riccardo Piatti, dove ha condiviso gli spazi con Jannik Sinner.

«Italia, la mia casa. Sogno la maglia azzurra»

«Sono cresciuta qui, parlo italiano, i miei amici sono italiani. Giocare con la maglia della Nazionale è il mio sogno», racconta con entusiasmo. Ha scelto l’Italia anche per affetto: «Caterina è il nome di mia nonna, è il mio secondo nome, ma tutti mi chiamano Tyra».

La prima da italiana al Foro Italico

«Poter giocare a Roma come primo torneo da italiana è bellissimo», dice alla stampa statunitense con cui dialoga passando con disinvoltura dall’italiano all’inglese. «Spero di scendere in campo sul Centrale. Non ho la pressione di fare subito risultato, ora mi godo tutto questo amore che sento attorno a me».

I ricordi con Sinner e l’Accademia Piatti

«Quando sono arrivata all’Accademia, Jannik aveva già 17 anni, ma lì si viveva tutti insieme come in una grande famiglia», racconta. L’Accademia ha rappresentato per lei un punto di riferimento e un trampolino di lancio per la sua crescita tennistica.

Nessun episodio di razzismo

A differenza di quanto accaduto ad altre atlete azzurre di colore, Tyra non ha mai subito discriminazioni: «È un tema importante e delicato. Personalmente, non ho mai vissuto brutte esperienze, nessuno mi ha mai presa di mira».

L’America? Solo per lo sport

Se dovesse portare qualcosa degli Stati Uniti in Italia, non ha dubbi: «Il modo in cui si vive lo sport là. Ma vedo che anche in Italia le cose stanno cambiando». Tuttavia, aggiunge, «quando sono in America mi manca tutto dell’Italia: la cultura, il cibo, le città».

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Inzaghi sogno Champions: col Barca serve vera Inter

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Una notte per la storia, un sogno lungo tredici anni. L’Inter torna a San Siro per la semifinale di ritorno di Champions League contro il Barcellona, con negli occhi l’eco della storica gara del 2010 e nel cuore la speranza di scrivere un nuovo capitolo europeo, con la coppa dalle grandi orecchie che manca appunto dal 2010 con José Mourinho in panchina. Dopo il pareggio dell’andata al Montjuic, i nerazzurri si giocano tutto davanti al loro pubblico: novanta minuti per tornare in finale a due anni di distanza dal ko con il Manchester Citty, con l’obiettivo di tornare all’ultimo atto anche per vendicare la sconfitta contro Pep Guardiola a Istanbul. Davanti ci sarà ancora il Barcellona, come nel 2010, ma l’Inter stavolta disputerà il ritorno a San Siro.

E la carica del Meazza potrà essere decisiva, perché dopo il 3-3 in Catalogna servirà vincere, a meno di non guardare anche a supplementari ed eventuali rigori. Una carta fondamentale in più per battere i blaugrana risponde al nome di Lautaro Martinez, che va verso un clamoroso recupero: a meno di una settimana dall’infortunio muscolare alla coscia subito proprio all’andata, l’attaccante dell’Inter è stato provato da Simone Inzaghi nella formazione titolare nell’allenamento della vigilia.

La decisione finale sarà presa domani, parlando anche con lo stesso giocatore. “Decideremo insieme allo staff medico e insieme agli stessi calciatori, perché saranno loro che mi dovranno dire le proprie sensazioni”, le parole del tecnico nerazzurro in conferenza stampa, riferendosi anche a Benjamin Pavard che sembra tuttavia andare verso la panchina per la distorsione alla caviglia con Yann Bisseck in pole per una maglia da titolare. “Lautaro meglio dall’inizio o in corsa? Dipenderà anche dalle sue sensazioni. Un giocatore che non può partire dall’inizio è difficile che ci dia una mano negli ultimi 25 minuti”, ha aggiunto Inzaghi, quasi confermando la volontà di farlo partire dal 1′. L’allenatore interista si gioca anche un pezzetto di storia, considerando che in quella nerazzurra solo Helenio Herrera era riuscito a centrare due finali di Coppa dei Campioni/Champions League.

“Sappiamo tutti l’importanza della gara, va fatta insieme: con i tifosi e con il gruppo. Il Barcellona è fortissimo, abbiamo visto tanti video e ci vorrà una grande Inter. Solo Herrera ha fatto due finali? È emozionante”, ha proseguito Inzaghi. “All’andata abbiamo fatto una grande gara, ma potevamo anche fare meglio giocando la palla anche se loro sono bravi nelle riaggressioni. Domani sarà una finale e la giochiamo davanti ai nostri tifosi, ci sarà un vincitore passando anche dai supplementari e dai rigori”. Molto parte anche da quel ko con il City in finale nel 2023. “La sconfitta di Istanbul è stata una notte difficile da digerire, si era giocata una grande partita ma si vive di presente. Quella gara fa parte del percorso fatto in questi quattro anni, ma vogliamo proseguire. Siamo a due partite da un eventuale trofeo, abbiamo portato l’Inter ad essere prima nel ranking e siamo partiti 17esimi: vogliamo prosguire questo grande percorso”.

Di fronte, però, c’è un Barcellona che già all’andata ha impresssionante in fase offensiva, meno in quella difensiva. A partire da Lamine Yamal, osservato speciale dei nerazzurri. “Dobbiamo cercare di non fargli arrivare palla ma è impossibile. Sarà ovviamente raddoppiato, sarà un osservato speciale”, ha spiegato Inzaghi, che potrebbe dover fare i conti anche con il ritorno di Lewandowski, convocato ma verso la panchina. “Lo conosciamo bene, è tra i 3-4 attaccanti più forti al mondo. Ma il Barcellona è forte con o senza Lewandowski”.

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Il Pisa in A, ‘progetto serio, Inzaghi resti qui’

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“Spero che Inzaghi per un po’ rimanga qui, poi se ci saranno offerte più importanti, vedremo. Ma se siamo diventati una palestra per giocatori, allenatori e direttori sportivi rispetto a squadre più blasonate, vuol dire che stiamo lavorando bene”. Manda messaggi al tecnico il presidente del Pisa, Giuseppe Corrado, che stamani si svegliato con la squadra in serie A, un traguardo atteso dai toscani da ben 34 anni. Il numero uno del club nerazzurro, ospite a Radio anch’io lo sport su Radio 1, intanto però spiega i segreti del successo: “Lavoro e organizzazione”.

“Abbiamo approcciato questo progetto – dice – con una programmazione che partiva dalla struttura della società e il risultato sportivo non è mai stato un’ossessione, ma una conseguenza del lavoro. Sappiamo che la serie A ha valori diversi e che dovremo aggiungere altre cose, ma pensiamo di avere già una struttura di giocatori e di asset patrimoniale in grado di gestire la massima serie”. Tocca il cielo con un dito anche il proprietario del club, Alex Knaster, che ringrazia “il presidente Beppe Corrado, suo figlio Giovanni che è il direttore e tutti quelli che lavorano per il Pisa: questa promozione è solo il primo passo verso i nuovi obiettivi sportivi che ci attendono”.

“Arriveranno – conclude – altre gioie, possiamo esserne tutti sicuri e consapevoli. Abbiamo raggiunto un traguardo enorme con una dirigenza perfettamente organizzata, uno staff tecnico eccezionale, una tifoseria esemplare per la passione e l’enorme educazione mostrata in tutte le trasferte a cui hanno partecipato. Ringrazio anche l’amministrazione per tutti gli sforzi profusi per agevolare i nostri progetti e i nostri sogni”. E Superpippo? La consapevolezza di una scelta controcorrente, scommettendo sul gruppo e la rivelazione di “averci sempre creduto alla serie A, fin dal primo giorno di lavoro con questi ragazzi”.

Anche se in tanti, confessa ora, “mi avevano detto di non venire a Pisa, poi spinto dai valori umani dei giocatori, sono stato convinto: ho avuto richieste di altre squadre, ne ho parlato con Calabresi (terzino del Pisa, ndr) che ho avuto a Brescia e quando sembravo in ballottaggio mi ha scritto assieme a Caracciolo, il capitano della squadra, dicendomi ‘Per te ci butteremo nel fuoco’. E l’hanno fatto”.

Saluta la promozione di Pippo anche suo fratello Simone, allenatore dell’Inter pronto ad aspettarlo a San Siro: “La nostra è una simbiosi perfetta – ha confessato intervistato da La Nazione – nella vita privata, come nella professione. I suoi successi sono i miei e viceversa. Ai pisani dico che ci vediamo il prossimo anno in Serie A: avete fatto un capolavoro”

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