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Politica

Il novembre difficile di Conte, tutte le spine e le incognite della maggioranza

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Con poche certezze, con un Paese di giorno in giorno piu’ stanco, con una maggioranza la cui solidita’ torna a traballare: il novembre che Giuseppe Conte vede all’orizzonte potrebbe essere il piu’ “duro” del suo premieriato. Un novembre che corre sul filo di un duplice rischio: il timore non e’ solo che il 25 novembre l’Italia non sia nelle condizioni di riaprire ma che, in pochi giorni, anche questo ultimo Dpcm risulti superato. In entrambi i casi gli effetti sociali sarebbero imprevedibili. E poi ci sono le incognite di una maggioranza che, sul Dpcm approvato solo in tarda notte, ha stentato a trovare una quadra. Con la conseguenza che, a “reggere” il peso delle restrizioni, il premier ha rischiato di essere lasciato solo. Non a caso, a fine giornata, sia il segretario del Pd Nicola Zingaretti che il capo delegazione M5S Alfonso Bonafede intervengono a fare da “scudo” a Conte “Il nemico e’ il virus non le misure per fermarlo”, spiega Zingaretti. “Sono interventi necessari, sulla base delle indicazioni del Cts”, gli fa da sponda Bonafede. Prima, pero’, nei partiti di maggioranza si intravedevano solo tiepidi applausi. Il Dpcm, in Italia Viva e nel M5S – i partiti della cosiddetta linea “piu’ morbida”-, continua a mietere malumori. Nel Movimento, ad esempio, sono in tanti a non spiegarsi perche’ a “pagare” siano quelle categorie, dai ristoranti alle piscine, a cui e’ stato chiesto di mettere in campo ogni intervento per la sicurezza anti-Covid nei mesi scorsi. “E sui trasporti invece restiamo fermi”, sbottano nel Movimento nel quale si e’ scatenata una sorta di tiro al bersaglio al ministro dei Trasporti Paola De Micheli. Nel Pd, l’ala rigorista avrebbe probabilmente invece voluto gia’ qualche stretta in piu’. “Guardando i contagi di oggi, dico che abbiamo fatto bene, forse abbiamo fatto il minimo”, spiega il capo delegazione Dario Franceschini. Nella notte Conte alla fine ha sposato la linea rigorista del Pd e del ministro Roberto Speranza, a dispetto dei dubbi di renziani e pentastellati. Che, non a caso, si fanno gia’ sentire sul decreto ristori in arrivo martedi’. Il momento, per dirla come Conte in conferenza stampa, e’ “complesso”. E il premier ne e’ consapevole. Tanto che, dopo aver parlato ai cronisti e agli italiani via cavo, mette in campo un gesto “plastico” per riallacciare il filo del dialogo con il popolo, ricevendo i ristoratori che protestavano a qualche centinaia di metri davanti a Montecitorio. Proprio sui ristori, sulla loro rapidita’ e sulla loro entita’, Conte puntera’ tutto per placare la rabbia delle categorie. Ma l’equilibrio, per tutto il mese di novembre, resta precario e il rischio che le Regioni, che accolgono con freddezza il Dpcm, tornino a procedere in ordine sparso e’ altissimo. La seconda ondata potrebbe congelare e allo stesso tempo strutturare le tensioni in una maggioranza che, con continui stop & go e con il rebus del futuro del M5S, si avviava a quel patto di legislatura evocato da Pd e Iv. Un patto che avrebbe portato con se’ quell’eventualita’ di rimpasto che ne’ Conte, ne’ il governo ora si possono permettere. Tutto cio’ mentre l’esecutivo guarda con crescente preoccupazione alla Francia, dove i contagi superano quota 50mila. Che accadrebbe in Italia con simili cifre? Conte, in conferenza stampa ha ribadito che il lockdown non e’, per l’Italia, un’opzione economicamente percorribile. Ma cosa accadrebbe se i contagi lo costringessero alla chiusura totale? A finire nel mirino sarebbero un po’ tutti, dal governo al Cts. “E’ opportuno che il governo ci dica se c’e’ un piano di tracciamento”, spiega il parlamentare Marco Marin. E, solo pochi giorni fa, Andrea Crisanti spiegava che il governo, il suo piano, lo aveva ignorato.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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