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Il Giappone aumenta i divieti di esportazione in Russia

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Nell’ambito delle sanzioni anti-russe legate alla situazione in Ucraina, il Giappone ha introdotto il divieto di esportazione di altre 164 categorie di merci verso la Russia. Lo afferma la Tass citando un comunicato del Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria del Giappone. In dettaglio il divieto si applica alla fornitura di olio per motori di automobili, batterie agli ioni di litio e al nichel-metallo idruro, tubi per gasdotti e oleodotti, nitrocellulosa, gru galleggianti e portuali, piattaforme di perforazione e produzione galleggianti e sommergibili, yacht, navi da diporto, barche antincendio. Le restrizioni entreranno in vigore il 17 aprile. Inoltre dal 10 maggio sarà vietato importare in Giappone diamanti non industriali di origine russa. Il provvedimento riguarda le pietre superiori a 1 carato.

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Corte Usa conferma il bando di TikTok, ma Trump dice: decido io

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La Corte Suprema Usa ha confermato la legge che mette al bando TikTok dal 19 gennaio nel caso non sia venduta, ma Donald Trump ha annunciato che deciderà lui. Una mossa agevolata da Joe Biden che, visto il suo imminente addio, ha rinunciato ad applicare la legge, passando la palla al suo successore. TikTok è stato anche uno dei dossier di cui Trump ha detto di aver parlato in una telefonata con Xi Jinping, dopo l’annuncio che il presidente cinese si farà rappresentare dal suo vice Han Zheng alla cerimonia di giuramento del tycoon di lunedì, una scelta senza precedenti. “La telefonata è stata molto positiva sia per la Cina che per gli Stati Uniti. Mi aspetto che risolveremo molti problemi insieme, a partire da subito”, ha commentato The Donald su Truth, rivelando di aver discusso anche del bilanciamento del commercio, di fentanyl e “molti altri argomenti”, e assicurando che lui e Xi faranno “tutto il possibile per rendere il mondo più pacifico e sicuro!”.

Cordiali anche i toni del leader del Dragone, che ha auspicato una collaborazione ispirata ai principi “del rispetto reciproco, della coesistenza pacifica e della cooperazione vantaggiosa per tutti”, limitandosi a invitare gli Usa ad affrontare “con prudenza” la questione di Taiwan. I due leader, secondo Pechino, hanno anche scambiato opinioni “sulla crisi ucraina (dove Pechino potrebbe aiutare nella mediazione diplomatica, ndr), sul conflitto israelo-palestinese e su altre importanti questioni internazionali e regionali di reciproco interesse”, concordando “di istituire un canale di comunicazione strategico per tenersi in contatto con regolarità sulle principali questioni di interesse comune”. Mutua mano tesa quindi, nonostante in campagna elettorale Trump abbia additato Pechino come il nemico pubblico numero uno e minacciato dazi al 60% su tutte le merci cinesi.

Ma il primo banco di prova delle loro relazioni sarà proprio TikTok, su cui il tycoon ha fatto una delle sue inversioni a U: prima a favore del bando, ora del salvataggio, dopo che la app cinese, usata da 170 milioni di americani (metà della popolazione), è risultata determinante nella sua vittoria, soprattutto tra i giovani. Il tycoon si era appellato alla Corte Suprema per bloccare il bando. Ma i nove saggi hanno confermato all’unanimità la legge – approvata dal Congresso con una schiacciante maggioranza bipartisan – privilegiando, sul primo emendamento, ossia la libertà di espressione, le “ben supportate preoccupazioni di sicurezza nazionale in merito alle pratiche di raccolta dati di TikTok e alla relazione con un avversario straniero”.

Il timore in sostanza è che quei dati finiscano in mano al governo cinese. Trump ha invitato a rispettare la sentenza e ha promesso una decisione “in un futuro non troppo lontano”, riservandosi “il tempo per esaminare la situazione”. Nel frattempo ha invitato tra gli ospiti d’onore del giuramento il ceo di TikTok Shou Zi Chew, che lo ha ringraziato per il suo impegno a trovare una soluzione. In teoria da domenica la app chiude, ma non è ancora chiaro cosa succederà nell’immediato. Potrebbe essere invocato un rinvio di 90 giorni già previsto dal provvedimento oppure Trump potrebbe emettere un ordine esecutivo per sospendere temporaneamente il bando, anche se appare difficile che possa ribaltare una legge del Parlamento. Quanto al futuro di TikTok in Usa, era stata ventilata l’ipotesi di una vendita a Elon Musk, strettissimo alleato di Trump e in ottimi rapporti con la leadership della Cina, dove è presente con la sua Tesla. Ma, essendo proprietario anche di X, si creerebbe una concentrazione di potere mediatico spaventosa, difficilmente approvabile dalle autorità antitrust Usa anche in era Trump.

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Bill Gates, ho cenato con Trump, sono rimasto colpito

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Bill Gates si dice “colpito” dall’interesse mostrato da Donald Trump sulla sanità globale. In un’intervista con il Wall Street Journal, il fondatore di Microsoft parla della sua cena di tre ore con il presidente-eletto un paio di settimane fa. E’ stato “intrigante”, ha detto Gates. “Era pieno di energia e sembrava non vedesse l’ora di contribuire a promuovere l’innovazione. Sono rimasto sinceramente colpito dal mondo in cui ha mostrato interesse per le questioni che ho sollevato”, ha messo in evidenza Gates.

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Esteri

Via libera di Israele alla tregua, durerà 42 giorni ma c’è un monito di Netanyahu

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Una lunghissima giornata di trattative e riunioni estenuanti si è conclusa solo all’una di notte tra venerdì e sabato con l’approvazione da parte del governo israeliano dell’accordo siglato a Doha sul cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi. Dopo sette ore di discussioni, l’ufficio del primo ministro israeliano ha reso noto che il piano è stato votato ed entra in vigore domenica 19 gennaio. E ha concluso la nota augurando Shabbat Shalom, buon sabato. I media israeliani riferiscono che 24 ministri hanno votato a favore e otto contro. In precedenza aveva deciso positivamente anche il gabinetto di sicurezza, con i soli voti contrari dei due ministri di ultradestra Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, oltre a David Amsalem del Likud, lo stesso partito del premier.

L’unità governativa per gli ostaggi ha notificato alle famiglie interessate che i loro cari fanno parte dei 33 rapiti che dovrebbero essere liberati nella prima fase dell’accordo di cessate il fuoco, che durerà 42 giorni e inizierà domenica alle 16 ora locale (le 15 in Italia), dopo lo scattare della tregua alle 12.15 (le 11.15). Sulla lista ci sono donne, bambini, anziani e infermi: tutti i nomi sono stati resi pubblici. A Israele tuttavia Hamas non ha comunicato quanti dei 33 siano ancora vivi, anche se si stima che la maggior parte di questo gruppo lo sia. Gerusalemme, secondo l’accordo, riceverà un rapporto completo sullo stato di tutti coloro che sono sulla lista sette giorni dopo l’inizio del cessate il fuoco. L’ordine di rilascio non è ancora noto.

Le identità di coloro che sono destinati a tornare dovrebbero essere fornite 24 ore prima di ogni rilascio. Sabato Hamas comunicherà i nomi dei primi tre ostaggi che torneranno a casa. Il primo ministro Benyamin Netanyahu ha riferito durante la riunione di gabinetto che Israele “ha ricevuto garanzie inequivocabili da entrambi i presidenti Usa, sia Joe Biden che Donald Trump, che se i negoziati sulla fase due dell’accordo falliscono e Hamas non accetta le richieste di sicurezza, l’Idf tornerà a combattere intensamente a Gaza con il sostegno degli Stati Uniti”. Un monito e insieme una rassicurazione per l’ultradestra fortemente contraria all’accordo.

A dare una mano a Bibi, in questa partita sostanzialmente già decisa ma dal percorso accidentato, è intervenuto anche il ministro della Difesa Israel Katz con una decisione che ha suscitato una dura protesta da parte dello Shin Bet: l’annullamento di tutti gli ordini di detenzione amministrativa nei confronti dei coloni israeliani per via del “previsto rilascio di terroristi in Cisgiordania”, come parte dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza.

Come ha reso noto lo stesso ufficio del ministro spiegando che la decisione intende “inviare un chiaro messaggio di sostegno e incoraggiamento al progetto di insediamento, che è in prima linea nella lotta contro il terrorismo palestinese. È meglio che le famiglie dei coloni ebrei siano felici piuttosto che quelle dei terroristi rilasciati”. Insomma, l’accordo si è fatto, ma senza tralasciare le richieste dei partiti religiosi e di destra. Tutto ciò comunque non è bastato a convincere Ben Gvir che, prima del voto, ha lanciato l’ultimo appello ai ministri affinché votassero contro l’intesa con Hamas dicendosi “terrorizzato” dal rilascio dei detenuti palestinesi in cambio di ostaggi: “Tutti sanno che questi terroristi cercheranno di uccidere di nuovo”.

Ma rassicurando l’amico Bibi: “Amo Netanyahu. Non rovesceremo questo governo e lo sosterremo dall’esterno”. Intanto, una copia dell’accordo trapelata sui media israeliani mostra che in cambio del rilascio di 33 rapiti nella prima fase del piano torneranno in libertà oltre 1.700 detenuti palestinesi: 700 terroristi, di cui 250-300 stanno scontando l’ergastolo; 1.000 cittadini di Gaza catturati dall’8 ottobre durante i combattimenti nella Striscia; e 47 prigionieri nuovamente arrestati dopo essere stati liberati nello scambio con il soldato Gilad Shalit (tenuto prigioniero per 5 anni e mezzo a Gaza) nel 2011. Dopo la riunione del gabinetto, il ministero della Giustizia ha pubblicato l’elenco dei detenuti palestinesi il cui rilascio è previsto nel primo round, alle 16 di domenica: sono 95, la maggior parte donne, e solo uno, con meno di 18 anni, condannato per omicidio. Dell’elenco fa parte anche la parlamentare e deputata palestinese Khalida Jarrar. Tutti sono stati arrestati dal 2020 in poi.

Oltre ai 33 che saranno rilasciati nella prima fase, altri 65 ostaggi sono ancora a Gaza, compresi i corpi di almeno 36 morti confermati dall’Idf. Con l’avanzare della prima fase, le parti terranno colloqui sulla seconda, che vedrebbe il rilascio di tutti i rapiti rimasti in cambio della fine della guerra e di accordi sul futuro e la ricostruzione di Gaza. Il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen ha dichiarato che dopo l’attuazione dell’accordo “l’Anp si assumerà la piena responsabilità nella Striscia di Gaza. Il governo palestinese ha completato tutti i preparativi e le squadre di sicurezza sono pienamente preparate a svolgere qualsiasi compito”. Netanyahu finora si è sempre rifiutato di prendere in considerazione questa eventualità, nonostante la pressione degli Usa, e senza avanzare alternative. Di fatto ha insistito fortemente affinchè l’Idf resti sul corridoio Filadelfia, tra Egitto e Striscia, almeno fino al 50esimo giorno dell’accordo. Poi si vedrà.

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