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Cronache

Il figlio del boss di ‘ndrangheta Mancuso si pente e parla col pm Gratteri, madre e zia lo minacciano

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Non ce la faceva più a condurre la vita dello ‘ndranghetista Emanuele Mancuso, 31enne figlio del boss Pantaleone, “l’ingegnere”. E cosi’ ha deciso di collaborare con il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Una decisione inconcepibile agli occhi della cosca. E per farlo desistere sono scese in campo le donne – “motore della ‘ndrangheta” dice Gratteri – a lui piu’ vicine: madre, zia e compagna. Prima blandendolo e poi minacciandolo nella maniera piu’ vile, negli affetti piu’ cari, la figlia appena nata. Un tentativo risultato vano, pero’, grazie all’opera di convincimento portata avanti dallo stesso Gratteri e dagli investigatori dei carabinieri di Vibo Valentia. E cosi’ Emanuele Mancuso ha proseguito la sua collaborazione contribuendo a far disarticolare le cosche del vibonese con i 330 arresti dell’operazione Rinascita-Scott. Una vicenda cui fa da contraltare il gesto di un’altra donna che si e’ schierata apertamente per la squadra Stato e stamani ha inviato alla caserma dei carabinieri un mazzo di fiori accompagnato da un biglietto di auguri con su scritto “sempre con voi, grazie di cuore per quello che fate per noi cittadini”.

Giancarlo Pittelli, l’ex senatore che voleva diventare membro del Csm con l’aiuto dei boss della ‘Ndrangheta

Gesto non isolato visto che stamani, in diversi bar della citta’, i carabinieri si sono visti pagare la consumazione da altri avventori quale segno di gratitudine per l’opera di pulizia condotta ieri. La storia di Emanuele Mancuso, rampollo della cosca, non e’ stata fatta passare in silenzio da Gratteri e dagli investigatori che, dopo lo sforzo di ieri, sono tornati in campo per arrestare le protagoniste delle minacce. E cosi’, ai domiciliari sono finite Giovannina del Vecchio, di 51 anni, e Rosaria Del Vecchio (54), mamma e zia di Emanuele. Per l’ex compagna, Nensy Chimirri, e’ stato disposto il divieto di dimora mentre l’ordinanza di custodia cautelare e’ stata notificata in carcere al fratello del collaboratore Giuseppe Salvatore Mancuso, arrestato nelle scorse settimane dopo un anno di irreperibilita’. Per loro l’accusa e’ di subornazione di testimone. Ma nell’ordinanza, notificata anche a Francesco Paolo Pugliese (18), gia’ in carcere per l’aiuto fornito a Giuseppe Salvatore Mancuso, sono ipotizzate, a vario titolo, anche le accuse di possesso di armi, minacce, favoreggiamento. Per giungere al loro obiettivo, le donne di famiglia non hanno esitato a far pervenire a Emanuele una lettera di Nensy Chimirri in cui la ragazza scriveva “puoi tornare, io ci saro’ con te, come tutti”, con allegata la foto della figlia appena nata in braccio al fratello Giuseppe. Un chiaro segnale mafioso: o torni o non vedrai mai piu’ la bambina. Il collaboratore ha iniziato a vacillare. Negli interrogatori balbettava e all’ultimo non si e’ presentato. Gratteri ed i carabinieri hanno capito che qualcosa non andava. E quando si sono resi conto di costa stava accadendo hanno cominciato un’opera di persuasione andata a buon fine. “Non ci puo’ essere onore in una simile vicenda, non ci possono essere valori, non ci puo’ essere umanita’ nel minacciare una cosa del genere” e’ stato il commento dei vertici vibonesi dell’Arma. Una storia, il commento di Gratteri, che “deve far capire che le regole sono per gli utili idioti che entrano a far parte della ‘ndrangheta mentre i capi non le osservano”. “Non c’e’ onore nella ‘ndrangheta”, ha aggiunto il magistrato lanciando il suo appello: “Operazioni come quella di ieri e quella odierna fanno comprendere alla gente che riusciamo ad avere un buon controllo della situazione e a stare sul pezzo su ogni territorio. Chi e’ nel dubbio se collaborare o meno, puo’ iniziare a pensare che e’ l’occasione giusta per cambiare vita”.

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Ferito da un colpo di pistola, 14enne in ospedale all’Aquila

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Un ragazzo di 14 anni è finito in ospedale, all’Aquila, dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola. Il giovane ha una ferita da arma da fuoco alla gamba ed è stato sottoposto ad un intervento chirurgico; le sue condizioni non destano preoccupazione. Poco chiara al momento la dinamica dei fatti, che sono avvenuti attorno alle 18 in località Cese di Preturo. Il ragazzo, ricostruiscono i media locali, avrebbe raccontato che, mentre era con degli amici, da un’automobile, sembra un’Audi nera, che li ha affiancati, sarebbe partito un colpo di pistola. E’ stato lo stesso 14enne, una volta tornato a casa, a raccontare quanto accaduto alla madre, che poi lo ha accompagnato in ospedale. Sull’episodio e sulla versione fornita dal ragazzo sono in corso indagini da parte della polizia.

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Blackout ferma anche il tennis a Madrid ma Arnaldi passa

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Anche il torneo di tennis di Madrid si è dovuto arrendere al black out che ha colpito poco dopo le 12.30 di oggi ma l’intera penisola iberica e parte del Sud della Francia. Dopo sole tre partite giocate, il programma è stato sospeso in attesa di un ritorno dell’energia elettrica, lasciando giocatori e pubblico in un limbo fatto di attesa e incertezza, un po’ come in una stazione o in un aeroporto per uno sciopero improvviso. Intorno alle 16.30, gli organizzatori hanno infine deciso di cancellare tutti gli incontri ancora da disputare, nel pomeriggio e in serata, per motivi tecnici e di sicurezza, scombinando i programmi di tante stelle della racchetta già stressate, anche se lautamente ricompensate, dai ritmi infernali del circuito.

Una delle poche eccezioni ha riguardato Matteo Arnaldi. L’azzurro stava portando a casa il secondo set contro il bosniaco Damir Dzumhur quando si sono spenti i tabelloni e tutte le apparecchiature a servizio del match. I due giocatori sono rimasti interdetti e la partita è stata sospesa ma quello che sembrava un inconveniente localizzato alla Caja Magica, sede del torneo, si è rivelato un problema di ben altra dimensione. L’azzurro ha però potuto in qualche modo finire opera, battendo il rivale per 6-3, 6-4 per accedere agli ottavi di finale, ma della sua vittoria non resterà traccia se non nella memoria dei due protagonisti e dello scarso pubblico presente, perchè tutto era andato in tilt. Nel primo set, Arnaldi e Dzumhur hanno faticato mezz’ora per completare i primi sei game, poi l’italiano ha fatto il break per chiudere 6-4.

Nel secondo, Arnaldi non si è fatto distrarre dall’interruzione, guadagnando la sua prima volta agli ottavo in un Masters 1000 e anche qualche ora di riposo in più rispetto al prossimo avversario, che sarà uno tra lo statunitense Tiafoe e il francese Muller. Non è andata altrettanto bene al bulgaro Grigor Dimitrov, che stava avendo la meglio sul britannico Jacob Fearnley: lo stop energetico ha lasciato una telecamera pericolosamente sospesa sul centro del campo, obbligando a sospendere definitivamente l’incontro. Dopo qualche ora di attesa, i giocatori che dovevano scendere in campo hanno avuto la notifica della cancellazione del programma e tra loro ci sono Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti, che domani, si presume, dovranno affrontare rispettivamente il britannico Jack Draper e il greco Stefanos Tsitsipas. Nel torneo Wta 1000 hanno potuto completare la partita la statunitense Coco Gauff, che ha battuto la svizzera Belinda Bencic, e la sua prossima avversaria, la russa Mirra Andreeva, che ha eliminato l’ucraina Yuliia Starodubtseva. Tutto rinviato invece per la n.1 e la n.2 al mondo, la bielorussa Aryna Sabalenka e la polacca Iga Swiatek, che è la campionessa uscente. (ANSA). 2025-04-28T18:10:00+02:00 RI ANSA per CAMERA04 NS055 NS055

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Prete indagato a Bari, su auto tracce di sangue: è indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso

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Le tracce presenti sull’auto di don Nicola D’Onghia, il 54enne sacerdote indagato a Bari per omicidio stradale e omissione di soccorso nel caso della morte della 32enne Fabiana Chiarappa, erano di sangue. Lo dimostrano i primi risultati degli accertamenti svolti sulla Fiat Bravo del prete nei giorni successivi all’incidente. Ora, per gli inquirenti, resta intanto da capire se quel sangue sia quello della 32enne, rugbista e soccorritrice del 118, ma soprattutto se il possibile impatto tra la auto del sacerdote e Chiarappa abbia causato la morte della giovane o se questa, invece, sia avvenuta prima.

Secondo quanto ricostruito finora, la sera del 2 aprile Chiarappa era in sella alla sua moto Suzuki sulla provinciale 172 che collega i comuni di Turi e Putignano quando, per cause ancora da chiarire, avrebbe perso il controllo del mezzo e sarebbe finita fuori strada, colpendo anche un muretto a secco. Compito della pm Ileana Ramundo, che coordina le indagini dei carabinieri, è ora quello di capire – anche grazie ai risultati dell’autopsia, il cui deposito è previsto tra oltre un mese – cosa effettivamente abbia causato la morte della 32enne, se lo schianto contro il muretto o il successivo impatto con l’auto.

Il parroco, agli inquirenti, ha raccontato come quella sera, mentre percorreva quella strada, ha avvertito un rumore provenire dal pianale della propria auto (“come se avessi colpito una pietra”) ma di non essersi accorto né della moto né della ragazza, anche a causa del buio. Poco dopo aver sentito il rumore, intorno alle 20.30, si è quindi fermato in una stazione di servizio per controllare eventuali danni all’auto, prima di rimettersi in macchina e tornare verso casa. Il parroco ha detto di aver appreso dell’incidente dalla stampa il giorno dopo e per questo, dopo aver consultato i propri legali (è assistito dagli avvocati Vita Mansueto e Federico Straziota), ha deciso di raccontare il tutto ai carabinieri.

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