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I vertici Rai stringono sui palinsesti, Porro si sfila

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Si stringono i tempi in Rai per la preparazione dei palinsesti per il prossimo autunno-inverno che saranno presentati a Napoli il 7 luglio. L’amministratore delegato Roberto Sergio ha convocato, per la prima volta dopo sette anni, il comitato editoriale per fare il punto della situazione e accelerare nella messa a punto della griglia delle trasmissioni. È stata questa, la necessità di fare in fretta, una delle raccomandazioni emerse nel corso della riunione, alla quale hanno partecipato, oltre all’ad e al direttore generale Giampaolo Rossi, i direttori di genere, la Distribuzione e il Marketing. Una prima presa di visione delle iniziative in atto da parte della nuova squadra, che in buona parte si è appena insediata, con un obiettivo dichiarato: aggiungere nuovi programmi e non sottrarre nulla di quello che in Rai già c’è. Arricchire, dunque, il racconto del servizio pubblico, nei diversi settori: dall’intrattenimento alla fiction, dall’approfondimento all’offerta multimediale.

Non si è entrati nello specifico dei vari palinsesti. La prossima settimana i vertici vedranno i singoli direttori di genere per definire nel dettaglio programmi e budget. È evidente, però, che sono tutti già al lavoro. Tra le urgenze c’è da riempire il buco lasciato da Fabio Fazio, che ha annunciato il suo passaggio a Discovery, e da Lucia Annunziata, che si è dimessa in contrasto con le scelte del governo. Tra i volti apprezzati dalla nuova dirigenza c’è Nicola Porro, che però si è tirato fuori dalla contesa. “Fino ad oggi Piersilvio, il Cav e i suoi dirigenti, mi hanno fatto sentire a casa – ha scritto il conduttore su Twitter -. Per i prossimi anni Mediaset resterà la mia famiglia”. Anche l’ipotesi di un arrivo di Massimo Giletti, dopo l’addio a La7, non appare al momento concreta. Per la domenica sera di Rai3 resta in ballo lo spostamento di Report dal lunedì, con una durata superiore a quella attuale, così come uno spazio per Alessandro Cattelan, che non è certo nuovo in Rai.

Monica Maggioni è una delle idee in campo per la domenica pomeriggio della terza rete, nella fascia finora occupata da Annunziata, ma la collocazione più naturale per un programma condotto dalla nuova direttrice dell’Offerta Informativa potrebbe essere la seconda serata del lunedì di Rai1. Tra i possibili arrivi c’è quello di Myrta Merlino, che gode di stima sia nella maggioranza che nell’opposizione, e potrebbe condurre un talk sulla traccia de L’aria che tira. Da definire la situazione di Massimo Gramellini, che è in scadenza di contratto e la prossima settimana incontrerà i nuovi dirigenti per valutare le eventuali proposte. Il giornalista non è in fuga dalla tv pubblica, anche se si rincorrono le voci su un suo passaggio a La7. Un’ipotesi che potrebbe prendere piede qualora il rapporto con la Rai si dovesse interrompere.

Pd e M5s hanno, intanto, chiesto in ufficio di presidenza della Commissione di Vigilanza di convocare in audizione il direttore di Rainews Paolo Petrecca, protestando per la scelta di mandare in onda in diretta venerdì scorso il comizio del centrodestra a sostegno del candidato sindaco di Catania. La richiesta è stata accolta dalla presidente Barbara Floridia, all’interno di un ciclo di audizioni dei direttori di genere e testata della tv pubblica, partendo da quelli confermati. Petrecca sarà il primo ad essere ascoltato dopo l’8 giugno, quando è in programma l’audizione della presidente Rai Marinella Soldi e di Sergio.

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L’Italia a giudizio alla Cedu per la legge elettorale

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L’Italia dovrà spiegare all’Europa se le diverse modifiche apportate negli ultimi anni alla legge elettorale hanno violato la libertà di voto dei cittadini: la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha ammesso il ricorso avanzato dall’ex segretario dei Radicali italiani Mario Staderini e da alcuni cittadini secondo i quali proprio quei cambiamenti hanno comportato la violazione dei diritti nelle elezioni politiche del settembre 2022, quelle vinte da Giorgia Meloni. L’accoglimento del ricorso risale a febbraio ma la notizia si è diffusa oggi e ora il governo ha tempo fino al 29 luglio per replicare. Palazzo Chigi sta preparando la memoria difensiva: “la Cedu ha posto delle questioni – dice il sottosegretario Alfredo Mantovano – e si sta lavorando. Ovviamente riteniamo il ricorso non fondato”.

Il ricorso è stato depositato alla fine di gennaio del 2023 da Staderini – segretario dei Radicali Italiani dal 2009 al 2013 – e da diversi cittadini: alle elezioni del 2022 in circa 500 sono andati ai seggi verbalizzando il loro dissenso e spiegando le ragioni dell’astensione. E quella documentazione è alla base della richiesta alla Cedu, che riguarda “l’instabilità della legge elettorale e la compatibilità” del Rosatellum “con il diritto a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani”. “Negli ultimi 20 anni – sottolinea Staderini – ci hanno costretto ad eleggere parlamenti con leggi incostituzionali o introdotte e modificate a ridosso del voto, ingenerando l’idea che i sistemi elettorali siano uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore e che il voto dell’elettore serva a poco. Prima il Porcellum, poi il Rosatellum, domani chissà cosa”.

Lo individua il deputato di Alleanza Verdi e sinistra Angelo Bonelli, il ‘cosa’: la decisione della Cedu “mette in seria discussione il premierato voluto da Meloni”. Nel ricorso si afferma che prima delle elezioni del 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale numero del 2019 che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge 177 del dicembre 2020 sulla redistribuzione elettorale e con la legge del giugno 2022 che ha esentato alcuni partiti all’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle liste a livello nazionale. Quanto alle modalità di voto, dicono ancora i ricorrenti, un articolo del Rosatellum contrasta con il principio della libertà di voto: in sostanza non consente di esprimere il voto separato, vale a dire dare al proporzionale una preferenza per una lista o coalizione diversa da quella indicata nel maggioritario. Ed inoltre, nel caso in cui il cittadino voti solo per il candidato nel maggioritario, il suo voto viene assegnato automaticamente alla lista o alla coalizione nel sistema proporzionale. Alla luce di ciò, la Cedu ha formulato tre domande al governo. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022, “queste ultime introdotte solo 3 mesi prima delle legislative” osserva la Cedu, che vuole sapere se “i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni”.

In seconda battuta la Corte chiede se il Rosatellum, “impedendo agli elettori di votare nel sistema proporzionale per una lista o coalizione diversa da quella scelta nel sistema maggioritario e attribuendo automaticamente il voto espresso nel sistema maggioritario alla lista o coalizione corrispondente nel sistema proporzionale, ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo in libere elezioni”. Ed infine, i giudici vogliono sapere se i cittadini hanno la possibilità di introdurre un ricorso “effettivo” davanti alle istanze nazionali, come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani, se ritengono violati il loro diritto a libere elezioni.

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Giorgetti: ripresi 15 miliardi di truffe su 215 di Superbonus

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“Con le indagini fatte dalla Guardia di Finanza abbiamo già recuperato più di 15 miliardi richiesti indebitamente allo stato come crediti fiscali” nell’ambito del Superbonus. Lo afferma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolineando che “di quei 215 miliardi 15 in qualche modo ne usciranno, ma al netto delle truffe dobbiamo tornare alla normalità, dobbiamo tornare sulla terra”. “Io – prosegue – ricordo che oggi in Italia è ancora previsto un beneficio del 70% per chi ristruttura la propria abitazione. Qual è quella nazione in Europa o al mondo che offre lo stesso beneficio?”. “A tutti quelli che si lamentano e contestano – aggiunge – inviterei a fare questa valutazione”.

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Scontro sul tax credit, il cinema ostaggio dei partiti

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A Cannes, assicura l’opposizione, non si parlerebbe d’altro: il contenuto del decreto di riparto del fondo cinema che starebbe “avendo effetti devastanti sulla promozione del cinema italiano” al festival del cinema. Dove, si sostiene, monta la preoccupazione per il taglio di circa 130 milioni di euro al tax credit così come il raddoppio dei contributi selettivi che “riportano il sistema di finanziamento della produzione audiovisiva indietro nel tempo con lungaggini, burocrazia e il rischio di politicizzazione delle scelte da parte di commissioni nominate dalla politica senza ancora nessuna indicazione sulle modalità di scelta dei commissari”.

Una politica che “non sta passando inosservata agli operatori internazionali” sostiene il Pd che punta l’indice contro “l’occupazione degli istituti culturali che sta portando avanti il ministro Sangiuliano” e che gli fa temere che “che anche nel cinema vengano nominati gli amici degli amici e i compagni di partito”. Un’accusa che il partito della premier e del ministro della Cultura rimanda dritto contro l’opposizione.

La Riforma Sangiuliano è “una cesura con l’amichettismo e l’autoreferenzialità, che fanno il paio con sale vuote e tasche piene, ma solo di qualche organico al conformismo rosso. Comprendiamo le critiche della sinistra, che nel solco di un ‘taxi’ credit per i propri amici difende schemi e retaggi di potere che però non hanno fatto il bene del settore” ribatte Alessandro Amorese, capogruppo di FdI in commissione Cultura della Camera che palude a “questa ulteriore svolta, in linea con un’epoca nuova” inaugurata dal ministro.

Di certo la Riforma Sangiuliano preoccupa gli operatori. In un appello congiunto, 10 associazioni di rappresentanza degli autori, registi, produttori chiedono al ministro di garantire la “massima competenza e professionalità nelle commissioni” che selezioneranno le opere ammesse agli investimenti dopo il “sensibile aumento dei fondi selettivi a discapito di quelli automatici e del tax credit”.

Agici, Air 3, Anac, Unione produttori Anica, Asifa, Cartoon Italia, DocIt, Unita e Wgi- temono la discrezionalità delle scelte delle Commissioni che si troveranno “a decidere di una cifra quasi doppia rispetto agli anni precedenti, cifra nella quale rientra anche una voce inedita che monopolizza circa il 60% del totale delle risorse, voce relativa a Opere su personaggi e avvenimenti dell’identità” culturale italiana.

Prova a correre ai ripari il Pd presentando in Commissione una risoluzione per potenziare i finanziamenti all’industria audiovisiva ed arginare gli effetti del decreto “sulla capacità del nostro sistema di attrarre i grandi investimenti internazionali”. Tra le misure proposte, il potenziamento dei finanziamenti e il tax credit per l’industria del cinema, la promozione di iniziative a sostegno del comparto da rilanciare, tra l’altro, con la riduzione del biglietto di accesso in sala ai giovani tra i 14 e i 18 anni.

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