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I feroci Jaguares nel mirino per la strage dei mormoni, primo arresto

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Il giorno dopo la strage della famiglia di mormoni in Messico la pista dei narcos è quella seguita dagli investigatori. Ed ha portato nelle ultime ore all’arresto di un uomo pesantemente armato e trovato insieme a due ostaggi legati e imbavagliati. Si crede sia legato al massacro in cui sono morte tre donne e sei bambini, mentre altri 8 ragazzini sono riusciti a fuggire alla furia omicida. Uno di loro, 13 anni, dopo aver nascosto tra la vegetazione la sorellina ferita, ha camminato sei ore e 23 km in cerca di aiuto. Nel mirino degli agenti federali messicani, coadiuvati dall’Fbi, ci sono in particolare ‘Los Jaguares’, una delle bande armate di trafficanti che infestano lo stato di Sonora. E’ uno dei diversi gruppi nati dalla frammentazione del cartello di Sinaloa dopo la cattura di Joaquin ‘El Chapo’ Guzman, insieme al cartello rivale ‘La Linea’ con cui si contende il controllo del traffico di droga e migranti al confine con gli Usa. Ma presente nell’area e’ anche uno dei gruppi in assoluto piu’ violenti, la nuova generazione del cartello di Jalisco. Non facile dunque individuare i veri responsabili. La dinamica della strage e’ ancora confusa e le autorita’ continuano a pensare che il gruppo di mormoni colpito in un’imboscata non lontano dal confine con l’Arizona possa essere rimasto vittima di un errore, con la carovana di auto scambiata dagli aggressori per una banda rivale.

Al vaglio anche l’ipotesi che il convoglio si sia ritrovato nel mezzo di uno scontro a fuoco tra due fazioni, in un’area dove la guerra dei narcos appare oramai fuori controllo. Ma nessuna pista viene esclusa. Anche perche’ sono molti i misteri che avvolgono la setta fondamentalista a cui appartenevano le vittime. Una famiglia, quella dei LeBaron, con alle spalle una lunga storia di violenza e lotte intestine e di scontro con i cartelli della droga. ‘Los LeBarones’, il cui quartier generale e’ un’enorme colonia agricola nello stato di Chihuahua, fuggirono dagli Usa negli anni ’20 e fondarono la Church of the Firstborn (o ‘LeBaron order’) nata in polemica con la principale chiesa del mormonismo che non tollerava piu’ la poligamia. Tra gli anni ’70 e ’80 il gruppo fondamentalista fu lacerato da una guerra interna che provoco’ una serie impressionante di omicidi tra il Messico e gli Usa. Almeno 30 le persone uccise: una vera e propria faida familiare per la leadership della setta, con gli ultimi omicidi nei primi anni ’90. Ma i LeBaron sono assurti agli onori della cronaca anche in tempi piu’ recenti per essersi opposti all’ascesa dei cartelli della droga nella loro regione, denunciandone rapimenti, estorsioni e assassinii. E scontrandosi con i potenti vicini per il controllo dei terreni e per l’accesso all’acqua. Nel 2009 un membro della famiglia di 16 anni fu rapito ma, grazie alla mobilitazione popolare guidata dai leader della setta, il ragazzo fu liberato senza pagare il riscatto di un milione di dollari. La vendetta dei narcos arrivo’ tempo dopo, con il rapimento e l’uccisione di due LeBaron. Da quel momento la setta, denunciando le autorita’ per l’assoluta mancanza di sicurezza e protezione, decise di armarsi contro la legge. “E’ l’unico modo che abbiamo per difenderci”, dissero allora i responsabili del gruppo, che oggi parlano di “puro e semplice terrorismo”. Nessuno crede alla versione del tragico errore.(

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‘Da banche Occidente in Russia 800 mln euro in tasse a Cremlino’

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Le maggiori banche occidentali che sono rimaste in Russia hanno pagato lo scorso anno più di 800 milioni di euro in tasse al Cremlino, una cifra quattro volte superiore ai livelli pre-guerra. Lo riporta il Financial Times sottolineando che le imposte pagate, pari allo 0,4% delle entrate russe non legate all’energia per il 2024, sono un esempio di come le aziende straniere che restano nel Paese aiutano il Cremlino a mantenere la stabilità finanziaria nonostante le sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “le maggiori sette banche europee per asset in Russia – Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo – hanno riportato profitti totali per oltre tre miliardi di euro nel 2023. Questi profitti sono stati tre volte maggiori rispetto al 2021 e in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese”.

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Sindaco Istanbul Ekrem Imamoglu contro Erdogan: Hamas è un gruppo terroristico

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Il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, il principale rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, definisce Hamas “un gruppo terroristico” e afferma che la Turchia è stata “profondamente rattristata” dal massacro del 7 ottobre. Intervistato dalla Cnn, il primo cittadino della metropoli turca spiega che “qualsiasi struttura organizzata che compie atti terroristici e uccide persone in massa è da noi considerata un’organizzazione terroristica”, aggiungendo però che crimini simili stanno colpendo i palestinesi e invita Israele a porre fine alla sua guerra contro Hamas.

Il governo turco di Erdogan sostiene apertamente Hamas, ha duramente criticato l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il leader turco ha paragonato le tattiche del primo ministro Benyamin Netanyahu a quelle di Adolf Hitler e ha definito Israele uno “stato terrorista” a causa della sua offensiva contro Hamas a Gaza.

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Usa: sondaggio “Cnn”, Trump in vantaggio su Biden di 6 punti a livello nazionale

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A poco meno di sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump gode del sostegno del 49 per cento degli elettori, in vantaggio di sei punti percentuali sul suo successore Joe Biden, fermo al 43 per cento. Lo indica l’ultimo sondaggio pubblicato dall’emittente “Cnn” ed effettuato dall’istituto Ssrs. Rispetto alla precedente rilevazione condotta lo scorso gennaio, il candidato repubblicano e’ rimasto stabile, mentre l’attuale presidente ha perso il due per cento del proprio consenso. Soprattutto, e’ in miglioramento l’idea che gli elettori hanno degli anni della presidenza Trump. Ora il 55 per cento degli statunitensi considera “un successo” la sua amministrazione, contro il 44 per cento che la definisce “un fallimento”.

Nel gennaio del 2021, pochi giorni dopo l’insediamento di Biden, era il 55 per cento a considerare un fallimento la presidenza di Trump. Al contrario, il 61 per cento ritiene che la presidenza Biden sia stata un fallimento, mentre il 39 per cento la definisce “un successo”. Il sondaggio mostra anche come i repubblicani siano piu’ convinti dell’idea che la presidenza Trump sia stata un successo (92 per cento) rispetto a quanto gli elettori democratici abbiano la stessa opinione della presidenza Biden (solo il 73 per cento). Tra gli indipendenti, l’amministrazione Trump e’ guardata con favore dal 51 per cento, contro il 37 per cento che ha opinione positiva dell’attuale presidenza. Poi vi e’ un 14 per cento che considera un fallimento entrambe le esperienze, e un 8 per cento che invece ritiene un successo sia la presidenza di Donald Trump che quella di Joe Biden.

Il sondaggio rileva anche come il 60 per cento degli elettori disapprovi l’operato dell’attuale presidente e come il tasso di approvazione, attualmente al 40 per cento, sia al di sotto del 50 per cento anche su materie quali le politiche sanitarie (45 per cento) e la gestione del debito studentesco (44 per cento). A pesare sull’opinione che i cittadini Usa hanno di Biden e’ soprattutto la gestione della crisi a Gaza (il 71 per cento disapprova), in particolare nel caso degli under 35 (tra questi e’ l’81 per cento a esprimere valutazione negativa). Non molto meglio il giudizio degli elettori sull’operato della Casa Bianca in economia (solo il 34 per cento approva), tema che il 65 per cento degli intervistati considera “estremamente importante” per il voto di novembre.

Tra questi ultimi, il 62 per cento ha intenzione di votare Trump, il 30 per cento Biden. In generale, il 70 per cento degli elettori si lamenta delle attuali condizioni economiche del Paese, e il 53 per cento si dice insoddisfatto della propria situazione finanziaria. Tale insoddisfazione sale soprattutto tra gli elettori a basso reddito, tra le persone di colore e tra i piu’ giovani. L’impressione per entrambi i candidati resta per lo piu’ negativa (il 58 per cento ha opinione negativa di Biden, il 55 per cento di Trump) e il 53 per cento e’ insoddisfatto delle opzioni a disposizione sulla scheda elettorale il prossimo novembre.

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