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Cronache

I carabinieri lasciano il casolare-tomba di Saman

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Tre rose bianche legate dal nastro biancorosso delle forze dell’ordine che delimitano l’accesso al casolare e, poco più lontano, pupazzetti, nastri, foto, letterine e fiori come una sorta di altare in suo ricordo. È ciò che resta della “tomba” di Saman Abbas, la 18enne pachistana uccisa nel Reggiano, nella notte tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021, presumibilmente dalla sua stessa famiglia nel nome di un ‘delitto d’onore’ dopo aver rifiutato un matrimonio forzato con un cugino in patria. A 140 giorni dal ritrovamento del suo cadavere – il 18 novembre scorso su indicazione dello zio Danish Hasnain, uno dei cinque imputati per l’omicidio – i carabinieri hanno completato gli accertamenti investigati nel rudere del casolare di Strada Reatino a Novellara di Reggio Emilia, a poche centinaia di metri dalla casa dove la ragazza viveva coi familiari che lavoravano come braccianti agricoli in un’azienda ortofrutticola. La raccolta degli ultimi reperti utili si è chiusa con un prelievo di circa due quintali di terra nell’area dove era stata seppellita Saman, stoccati all’interno di due grandi container e trasportati all’aeroporto milanese di Linate, a disposizione di Dominique Salsarola, uno degli archeologi forensi incaricati dal tribunale di Reggio Emilia di redigere una perizia tecnica.

Per questo presidio dei carabinieri, durato quasi cinque mesi, è stato ufficialmente sciolto seppur l’edificio diroccato resti sotto sequestro da parte della magistratura, con la sindaca di Novellara, Elena Carletti che ha emanato anche un’ordinanza con l’obiettivo di evitare pure fenomeni di turismo macabro. “Il casolare è inagibile e pericolante – ha detto – Tra due settimane sarà realizzata un’ulteriore recinzione, ancora più alta per evitare che qualcuno possa entrarvi”. Una tomba inaccessibile dunque, in attesa che Saman possa avere una degna sepoltura, anche solo simbolica (visto che i resti sono ancora sotto autopsia e saranno conservati per diversi anni nel caso dovessero servire per essere rianalizzati nei vari gradi di giudizio); sui funerali dovrà decidere per legge il fratello (essendo i genitori imputati), divenuto maggiorenne il 25 febbraio scorso, il quale è ancora in una struttura protetta e che a riguardo non si è però mai espresso.

Intanto, il 14 aprile riprende il dibattimento al processo in corso davanti alla Corte d’Assise di Reggio Emilia, dove oltre allo zio sono alla sbarra i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq (tutti e tre in carcere), la madre di Saman, Nazia Shaheen (ancora latitante) e il padre Shabbar Abbas, in cella in Pakistan dopo essere stato arrestato il 15 novembre scorso. Quest’ultimo comparirà davanti al giudice di Islamabad l’11 aprile, udienza nella quale si discuterà della fattibilità del videocollegamento col processo in Italia al quale ha acconsentito in attesa che venga presa una decisione sull’estradizione. Resta da capire se i tempi tecnici consentiranno di vedere già, anche se a distanza, Shabbar comparire tre giorni dopo in tribunale a Reggio Emilia. Dove è atteso invece fisicamente per testimoniare un ragazzo afgano che vive in Belgio, dal quale Saman si rifugiò nel 2020 scappando di casa dopo aver rifiutato le nozze combinate: fu proprio il giovane amico (più grande di lei di sette anni) conosciuto in chat a denunciare per primo i genitori di Saman alle autorità belghe.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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