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Governo spaccato su Ursula von der Leyen, l’ira della Lega per i 14 sì del M5S e Conte

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Il M5S, grande sconfitto delle Europee, determinante per l’elezione di Ursula von der Leyen. La Lega trionfatrice del 26 maggio ferma sul no e condannata ad una partita difficilissima sul commissario. E’ tutta qui la clamorosa spaccatura del governo e della maggioranza nel giorno in cui l’Europarlamento incorona la prima donna presidente della Commissione. Una spaccatura destinata a far traballare l’alleanza di governo e che vede Luigi Di Maio allineato con il premier Giuseppe Conte, che definisce non a caso l’elezione di von der Leyen “un inizio incoraggiante” per l’Europa. Di certo, il voto di Strasburgo lascera’ strascichi pesanti in Italia. In serata l’ira leghista si riversa in una nota che attacca il M5S per puntare, osservano fonti di maggioranza leghiste, indirettamente anche a Conte. “E’ gravissimo il voto europeo: von der Leyen passa grazie all’asse Merkel, Macron, Pd, 5 Stelle. La Lega e’ stata coerente”, sono le parole del partito di Matteo Salvini. Parole sulle quali, per il momento, ne’ il M5S ne’ Conte scelgono di intervenire. Ma da Palazzo Chigi si osserva che se da un lato il premier non puo’ certo imporre alla Lega il profilo da votare, dall’altro nelle trattative con i suoi omologhi ha lavorato con il massimo sforzo per difendere gli interessi nazionali. Ora pero’ in Europa le strade di Lega e M5S si dividono ufficialmente. E il rischio e’ che l’azione di Conte ne risulti pesantemente danneggiata nei negoziati, a partire da quello per il commissario. I portafogli su cui punta l’Italia restano quelli della Concorrenza (depotenziata), del Commercio e dell’Industria. Con la seconda opzione data in ascesa nelle ultime ore e il jolly Agricoltura tutt’altro che tramontato. E’ il nome da proporre che, ora, diventa un rebus. La Lega, al momento, non devia dalla scelta ufficiosa di Giancarlo Giorgetti ma tutto dipendera’ dal portafoglio assegnato all’Italia e dalle possibilita’ che un esponente politico leghista avra’ di superare il vaglio di von der Leyen e dello stesso Europarlamento. Il rischio, per Salvini, e’ che alla fine la nuova Europa lo costringa a scegliere un tecnico. “Sono loro, non noi, a costruire muri contro chi ha vinto le elezioni”, osservava una fonte leghista gia’ in mattinata illustrando la “grande paura” sulle trattative per il commissario italiano. Dossier sul quale nelle stesse ore in cui la Lega maturava il suo voto contrario a Strasburgo lavorava il ministro per gli Affari Ue Lorenzo Fontana, che ha incontrato i capodelegazione dei partiti italiani e diversi funzionari. E sebbene lo stesso Fontana leghi il no dei salviniani al discorso di von der Leyen (“spostato troppo a sinistra”) e non al nodo del commissario, e’ probabile che la decisione sia maturata proprio nella consapevolezza che il si’ evocato ufficiosamente nei giorni scorsi non avrebbe facilitato le trattative per la Lega. “Era una partita non semplice a prescindere…”, osserva Fontana. E il M5S? Celebra la sua svolta europeista con un voto clamoroso nel quale si scopre “ago della bilancia” per la nuova Europa. Un voto, quello del M5S, che apre la strada per l’ingresso in un gruppo (i liberali?) e che propone un asse, quello con il Pd, che dalle parti della Lega suona come un’arma di ricatto anti-urne.

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Rubio a Lavrov: è ora di mettere fine a guerra senza senso

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Il segretario di Stato Marco Rubio ha detto al ministro degli esteri russo Serghei Lavrov che è il momento di mettere fine alla “guerra senza senso” in Ucraina. Rubio, in una recente intervista, ha definito la settimana in corso “cruciale” per capire le intenzioni di Russia e Ucraina, e per gli Stati Uniti per decidere se continuare o meno lo sforzo per la pace.

Nel corso del colloquio telefonico con Lavrov, Rubio ha messo in evidenza che “gli Stati Uniti sono seriamente intenzionati a porre fine a questa guerra insensata”, riferisce il Dipartimento di stato. Il segretario di stato ha quindi discusso con il ministro degli esteri russo dei “prossimi passi nelle trattative di pace e della necessità di porre fine alla guerra ora”.

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La squadra di Merz, il paladino di Kiev agli Esteri

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L’era Merkel è lontana e anche la politica, per molti troppo prudente, di Olaf Scholz è alle spalle. Friedrich Merz ufficializza la squadra dei futuri ministri conservatori e punta, per tirare la Germania fuori dalla crisi, su nomi nuovi: due top manager per l’economia e la digitalizzazione del Paese, un mastino bavarese agli Interni per la svolta sull’immigrazione, e un esperto di Difesa versato in diplomazia, fautore del massimo sostegno a Kiev, al ministero degli Esteri. Con queste scelte il cancelliere in pectore, che dovrebbe essere eletto al Bundestag il 6 maggio, si è detto pronto ad affrontare le sfide dei prossimi anni e le molte incognite che assillano un’Europa “minacciata” e incerta del futuro.

“Il supporto all’Ucraina è necessario per preservare la pace e la libertà in Germania”, ha scandito prendendo la parola al piccolo congresso di partito dei democristiani, che hanno approvato a Berlino il contratto di coalizione firmato coi socialdemocratici di Lars Klingbeil. “Consideriamo il nostro aiuto all’Ucraina come uno sforzo congiunto di europei e americani dalla parte dell’Ucraina. Non siamo parte in causa in questa guerra e non vogliamo diventarlo, ma non siamo neanche terzi estranei o mediatori tra i fronti. Non ci devono essere dubbi sulla nostra posizione: senza se e senza ma, dalla parte di questo paese attaccato”, ha incalzato ribadendo il rifiuto di una pace imposta. Merz ha anche ribadito di non volere alcuna guerra commerciale con gli Usa, e di esser pronto a spendersi “con ogni forza per un mercato aperto”. Sul fronte migranti, ha assicurato la svolta, che dovrà strappare la Germania alla seduzione dell’ultradestra: “Dal giorno numero uno proteggeremo al meglio le nostre frontiere, con respingimenti massicci”.

Per realizzare questi piani, Merz ha scelto Johann Wadephul, 62 anni, come ministro degli Esteri. L’uomo della Cdu che in passato ha spinto per un sostegno pieno a Kiev, contestando le remore di Scholz e spingendo ad esempio per la consegna dei Taurus, che il Kanzler uscente ha sempre negato a Zelensky. Ex riservista dell’esercito, giurista e poi deputato dal 2009, è un fidatissimo di Merz, e viene ritenuto un grosso esperto di difesa: avrebbe potuto essere anche ministro del settore che andrà invece all’SPD e resterà a Boris Pistorius. Agli Interni sarà nominato il noto volto della Csu bavarese Alexander Dobrindt, “il nostro uomo di punta a Berlino per la questione centrale della svolta sui migranti”, nelle parole di Markus Soeder che ha presentato i tre ministri in quota del suo partito.

La stampa tedesca ha accolto con interesse anche le nomine della brandeburghese Katherina Reiche, 51 anni, all’Economia – top manager del settore energetico, e proveniente dall’est – e quella di Karsten Wildberger, 55 anni, ceo di Mediamarkt e Saturn, colossi dell’elettronica, designato alla Digitalizzazione all’Ammodernamento dello Stato. All’Istruzione andrà Karen Prien, dello Schleswig-Holstein, prima ebrea a ricoprire un incarico da ministra, secondo quanto ha scritto Stern. In squadra ci sono poi Patrick Schnieder ai Trasporti, Nina Warken alla Salute, Thorsten Frei come ministro per la Cancelleria e l’editore conservatore Wolfram Weimer come ministro di Stato alla Cultura. Mentre è stato ancora Soeder a ostentare la scelta del suo partito per la ministra alla Ricerca e all’Aerospazio, Dorothea Baer, e il ministero dell’Alimentazione Agricoltura e Patria: “Dopo un vegano verde arriva un macellaio nero”. Basta col tofu, ha ironizzato il populista bavarese. Il governo di Merz sarà completo soltanto quando i socialdemocratici ufficializzeranno i loro nomi, il 5 maggio. Il partito di Klingbeil attende il referendum della base, che dovrà pronunciarsi sul patto con Merz: il risultato è atteso il 30 aprile. E solo se sarà positivo Merz sarà eletto cancelliere al Bundestag, il 6 maggio. Ma all’Eliseo non hanno dubbi: è stata già annunciata una sua visita a Parigi il 7.

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Blackout in Spagna e Portogallo: indagini in corso, ipotesi anche di un cyberattacco

Spagna e Portogallo colpiti da un blackout elettrico: disagi nei trasporti e nelle comunicazioni. Il governo indaga, possibile anche un cyberattacco.

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Poco dopo le 12 di oggi, migliaia di cittadini in tutta la Spagna continentale e in Portogallo sono stati colpiti da un improvviso blackout elettrico. Come riportato dal quotidiano “El País”, il governo spagnolo ha attivato diversi team tecnici di vari ministeri per indagare sulle cause dell’interruzione, anche se al momento non esiste ancora una spiegazione ufficiale.

Secondo quanto riferito da Red Eléctrica, l’azienda pubblica responsabile della gestione del sistema elettrico nazionale, si sta lavorando intensamente per ripristinare la fornitura di energia. Anche l’Istituto nazionale di cybersicurezza è coinvolto nelle analisi, valutando la possibilità che il blackout possa essere stato causato da un attacco informatico, sebbene non ci siano ancora conferme in tal senso.

Reti di comunicazione e trasporti in tilt

Il blackout ha avuto ripercussioni su diversi settori strategici: sono stati colpiti reti di comunicazione, aeroporti e linee ferroviarie ad alta velocità in Spagna e Portogallo. Problemi sono stati segnalati anche nella gestione del traffico stradale, con numerosi semafori fuori servizio, oltre che in centri commerciali e strutture pubbliche.

La ministra spagnola della Transizione ecologica, Sara Aagesen, ha fatto visita al centro di controllo di Red Eléctrica per seguire da vicino le operazioni di ripristino. L’azienda ha attivato un piano di emergenza che prevede il graduale ritorno alla normalità, iniziando dal nord e dal sud della penisola iberica.

Coinvolta anche la Francia meridionale

Le interruzioni non hanno riguardato esclusivamente la Spagna e il Portogallo: alcune aree del sud della Francia, interconnesse con la rete elettrica spagnola, hanno subito disagi simili. Le autorità francesi stanno monitorando attentamente la situazione in coordinamento con le controparti spagnole.

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