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Governo Draghi, Beppe Grillo prova a tenere unito il M5S con una piroetta: non è un banchiere ma un grillino

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Beppe Grillo prova a blindare il nuovo governo. “Draghi e’ un grillino”, dice il fondatore del Movimento cercando di evitare che la base M5s arrivi ad un frettoloso no su Rousseau – come in molti temono in queste ore all’interno dei 5 stelle – e che, di conseguenza, si spacchino i gruppi parlamentari al momento della fiducia in Parlamento.

Con il rischio che i difficili equilibri del nuovo governo vadano in pezzi, lasciando l’onere di sostenere l’Esecutivo solo al Pd insieme al centrodestra. Il fondatore invita quindi ad aspettare delle parole “pubbliche” da parte del premier incaricato e a decidere solo dopo averle ascoltate: ed e’ questa la linea su cui spinge a sera dopo essere stato a Roma per incontrare i suoi. Il reddito di cittadinanza e l’ambiente sono battaglie storiche del Movimento e sono anche in cima alla lista dell’ex capo della Bce, rassicura Grillo. Che ora si aspetta che Draghi lo dica apertamente: l’occasione giusta potrebbe essere la dichiarazione al Quirinale dopo lo scioglimento della riserva. Il voto online potrebbe dunque slittare solo di uno o due giorni e tenersi comunque prima del voto di fiducia. In un video su Fb Grillo marca pero’ anche la distanza dalla Lega: racconta di aver posto un veto nel corso del colloquio con Draghi ma di non aver ricevuto risposte definitive. Che si vogliano porre paletti per Matteo Salvini ha dell'”incredibile”, non rispettano – dice – il mandato del Capo dello Stato. Intanto, nell’ultimo round delle consultazioni sono intervenuti tutti i big dei partiti, compreso il Cavaliere che questa volta e’ riuscito a superare i dubbi dei medici e a incontrare di persona Draghi. Si conoscono da tempo: “Grazie di essere venuto”, lo saluta il premier incaricato.

 

Berlusconi parla solo pochi minuti quando esce dal colloquio, mostrando qualche segno di stanchezza: l’invito e’ a mettere da parte “calcoli, tattiche, interessi elettorali” perche’ l’ora e’ “grave”. Una volta premier, e’ poi il consiglio che si sente di dare direttamente a Draghi, dovra’ ascoltare tutti ma “decidere in autonomia”. Senza condizioni continua a essere il si’ di Italia Viva, che apprezza l’attenzione alla scuola: dopo l’annuncio di voler rivedere il calendario delle lezioni e di voler fare in modo che l’arruolamento degli insegnanti funzioni senza falle arriva anche la spinta sui vaccini ai professori. Il tema che ha tenuto banco pero’ e’ stata la riforma fiscale. Il premier incaricato e’ pronto a riscrivere il capitolo tasse, rivedendo aliquote e scaglioni, ma all’insegna della progressivita’. Lo dice a tutte le forze politiche maggiori, dal Pd alla Lega. Il partito di Matteo Salvini, che della tax flat ha fatto una battaglia di bandiera per anni, ora non ne fa una questione di principio: non ci sta ad essere tagliato fuori dal perimetro della maggioranza e percio’ dice che l’importante e’ non alzare le tasse, sulla formula il Capitano e’ disposto a ragionare in futuro. Ed e’ il programma per fronteggiare la crisi economica e sociale quello che invece convince di piu’ il Pd. Dal secondo colloquio Nicola Zingaretti esce “molto soddisfatto”: una riforma dell’Irpef che faccia perno sulla progressivita’ e dunque tenga conto delle differenze di reddito, l’attenzione al peso delle tasse sul lavoro unite all’impegno a non aumentare la pressione fiscale sulle famiglie e al no netto a qualsiasi tipo di condono sono i pilastri che fanno immaginare di poter governare insieme. Anche con la Lega. “Siamo e rimarremo forze alternative. Il punto e’ verificare quale perimetro programmatico e parlamentare il governo dovra’ avere”, dice Zingaretti che lascia questa “valutazione a Draghi”. Per qualche ora i riflettori sono puntati proprio sul partito di Matteo Salvini. Parlare di fisco progressivo secondo l’interpretazioni di alcuni vorrebbe dire archiviare la flat tax, cavallo di battaglia leghista da sempre. Unica a scegliere di stare all’opposizione dell’esecutivo, la presidente di FdI Giorgia Meloni lo dice davanti alle telecamere: Draghi la tassa piatta “l’ha esclusa”. Quando e’ il suo turno pero’ il segreteria della Lega rilancia. Nel programma del nuovo governo ci sara’ un tavolo per studiare come diminuire le tasse: “per me puoi chiamarla flat tax o Filippo, basta che ci sia”, taglia corto. Il suo appoggio c’e’ ed e’ netto: “speriamo che nessuno si metta di traverso”, dice. Quella che si inaugura e’ una nuova stagione secondo i vertici leghisti ed in nome di questo cambiamento anche loro virano: voteranno si’ in Europa al Recovery, fanno sapere gli europarlamentari a sera. Continuano invece a essere divisi i 5s. Appena terminato il colloquio con Draghi Beppe Grillo lascia Montecitorio, a parlare e’ Vito Crimi: dice di avere avuto rassicurazioni sull’inutilita’ di utilizzare il Mes e sull’importanza dei temi ambientali. Ma il dado non puo’ essere tratto: occorre prima “verificare la configurazione” dell’esecutivo e poi lasciare la parola ai militanti che voteranno su Rousseau. Infine, LeU. Anche il partito piu’ a sinistra di tutta la futura compagine e’ attraversato da dubbi: c’e’ chi digerisce a fatica l’eterogeneita’ della maggioranza. La “discussione” e’ ancora aperta, fa sapere la capogruppo al Senato Loredana De Petris.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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