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Economia

Governo apre cantiere manovra, partiti divisi su fisco

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Si apre ufficialmente il cantiere della manovra: Mario Draghi chiama i ministri a Palazzo Chigi per condividere l’impostazione della politica economica che il governo si appresta a disegnare con la Nadef, che dovrebbe andare in Consiglio dei ministri mercoledi’, ma che inevitabilmente passera’ anche per le scelte da fare sui temi che dividono la maggioranza, dal fisco alle pensioni. Alla vigilia di un voto per le amministrative delicato per gli equilibri politici dei prossimi mesi, i partiti fanno emergere la loro richiesta di essere ascoltati dal governo sui grandi temi economici. Giuseppe Conte ha chiesto un coinvolgimento su quel patto socio-economico che Draghi ha proposto a imprese e sindacati, Enrico Letta ha presentato la proposta del salario minimo. Ma sara’ probabilmente il fisco il primo banco di prova per la maggioranza: Draghi potrebbe portare gia’ mercoledi’ in Cdm la delega fiscale, che tratteggera’ le linee generali dell’intervento, ma la decisione sara’ probabilmente presa all’esito della cabina di regia, visto che la sola ipotesi che tra le voci compaia il catasto ha scatenato un dibattito accesissimo tra gli addetti ai lavori e le ire del centrodestra. E visto che al voto amministrativo mancano pochissimi giorni. Ma anche sul resto le priorita’ restano molto distanti. Italia Viva vuole eliminare l’Irap almeno per le imprese individuali e i professionisti (costa giusto i 3 miliardi gia’ a bilancio nel 2022 proprio per il taglio delle tasse), il Pd preferirebbe dirottare quella cifra, magari adeguatamente rimpolpata, verso il taglio del cuneo fiscale. Come Leu, che chiede interventi piu’ decisi sulla lotta all’evasione. La Lega difende a spada tratta la flat tax per gli autonomi e punta a ritocchi per non penalizzare troppo i contribuenti che superano di poco l’attuale limite dei 65mila euro per beneficiare del regime al 15%, su cui lavorano anche Fi – che vuole il taglio dell’Irpef, dell’Irap e anche del cuneo fiscale – e il Movimento 5 Stelle che chiede nel frattempo anche una rottamazione quater delle cartelle. La cabina di regia, che dovrebbe riunirsi nel tardo pomeriggio di domani, sara’ il primo momento di confronto formale del premier con la sua maggioranza sul fisco e su tutte le altre scelte da fare in vista della legge di Bilancio, di cui la Nota di aggiornamento al Def rappresenta la cornice. La spinta del Pil, che corre al 6% nel 2021, e le minori spese per gli aiuti Covid nel corso dell’anno, aprono spazi di bilancio che fanno gola ai partiti. Ma il ministro dell’Economia Daniele Franco ha piu’ volte fatto capire di voler mettere in gran parte in cascina le risorse per ridurre in modo deciso debito e deficit. Per fare subito un intervento sensibile sull’Irpef, pero’, servirebbero almeno 10 miliardi, senza considerare la dote da destinare alla riforma degli ammortizzatori che Draghi ha promesso in manovra, e che potrebbe avere bisogno di circa 4 miliardi oltre il miliardo e mezzo che proviene dalla sospensione del cashback. Richieste divergenti arrivano anche sul fronte del Reddito di cittadinanza, con Lega e Fi che chiedono di ridimensionarlo per dedicare i fondi alle tasse e al lavoro, mentre la commissione ad hoc ha individuato invece altre correzioni (costose) da fare, dalla scala di equivalenza per favorire le famiglie numerose alla riduzione da 10 a 5 anni di residenza del limite per l’accesso al beneficio degli stranieri. La Lega poi ha gia’ promesso battaglia per evitare il ritorno alla Fornero dopo la fine di Quota 100, chiedendo un fondo ad hoc per il prossimo triennio per l’uscita anticipata, mentre il Pd sponsorizza un rafforzamento dell’Ape social, ampliando la platea a nuove categorie di lavori usuranti, e chiede la pensione di garanzia per i giovani.

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Nozze Ita-Lufthansa, rischio veto Ue senza modifiche

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Parte una settimana decisiva sul futuro di Ita-Lufthansa. Le due compagnie dovranno presentare all’Antitrust Ue un nuovo pacchetto di impegni con i dovuti miglioramenti per arrivare alle tanto agognate nozze. Le proposte messe sul piatto finora sullo scalo di Milano-Linate, sulle rotte a corto raggio dall’Italia all’Europa centrale e sui collegamenti a lungo raggio da Fiumicino verso Stati Uniti e Canada sono state ritenute insufficienti da Bruxelles. In caso di modifiche, la Commissione europea, impegnata al momento nel market test che si concluderà lunedì, valuterà i nuovi rimedi e la sua decisione potrebbe “consolidarsi” già a inizio giugno. Senza miglioramenti, a quanto si apprende da fonti comunitarie, l’operazione è destinata ad essere bocciata. L’annuncio ufficiale è atteso entro il 4 luglio.

Tra le sue richieste, la Commissione chiede di cedere molti più slot a Milano Linate: il 30%, 60 voli giornalieri, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, e in questo modo la quota di mercato combinata sullo scalo passerebbe dal 66 al 46%. Ita e Lufthansa propongono invece di rilasciare l’11-12% degli slot. La compagnia tedesca dovrebbe, poi, rinunciare ai ricavi che realizza sui voli tra l’Italia e il Nord America. L’idea avanzata dai tedeschi, ossia congelare per due anni l’alleanza con Ita sui lunghi collegamenti da Fiumicino con Usa e Canada non ha convinto la Commissione in quanto Lufthansa detiene già un’ampia quota di mercato attraverso le joint venture formate con United Airlines e Air Canada. Qualche giorno fa il presidente di Ita Airways, Antonino Turicchi, ha sottolineato che “questa è un’operazione a favore del mercato, non compromette la concorrenza”.

E in difesa dell’operazione Italo-Tedesca si è espresso anche l’amministratore delegato di Aeroporti di Roma, Marco Troncone. La fusione “significa molto per il Paese e per l’Europa, nonostante i dubbi che la Commissione solleva”, ha detto il numero uno di Adr, evidenziando come “i profili di concentrazione di questa operazione siano oggettivamente marginali nel contesto del mercato rilevante”. Una eventuale bocciatura dell’operazione Ita-Lufthansa da parte della Commissione europea aprirebbe scenari molto foschi per il futuro della newco, nata dalle ceneri di Alitalia. L’amministratore delegato del gruppo Ryanair, Michael O’Leary, non ha dubbi: senza Lufthansa la compagnia italiana “andrà in bancarotta e scomparirà “.

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Banche, utili record: in tre mesi a 6,3 miliardi

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Il sistema bancario “continua a macinare record”. Numeri in crescita anche nel primo trimestre dell’anno con i primi sette gruppi bancari del Paese (IntesaSanpaolo, Unicredit, Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio e Credem) che hanno fatto registrare utili pari a 6,3 miliardi, per un +25,6% sui primi tre mesi del 2023. Lo rileva un report condotto dall’Ufficio studi & ricerche della Fisac-Cgil sui risultati di bilancio dei primi sette gruppi bancari nazionali nel primo trimestre del 2024.

“Dopo i risultati da record per i grandi gruppi bancari nel biennio passato – commenta la segretaria generale della Fisac-Cgil, Susy Esposito – molti si attendevano un rallentamento, complice l’attesa discesa dei tassi di interesse. Il ritardo della Bce a diminuire i tassi di riferimento, e di conseguenza la trasmissione di questo ai tassi attivi praticati dalle banche, insieme alla perdurante politica di scarsa remunerazione dei depositi, ha mantenuto elevato il livello dei ricavi dalla gestione del danaro”. Risultati che, aggiunge, “a fronte di un contenimento sul versante della spesa del personale, nonostante il rinnovo del contratto, così come delle spese amministrative, deve indurre il sistema bancario per intero a investire sull’occupazione e sul radicamento nel territorio”.

Il margine di interesse, si rileva nel report della Fisac-Cgil, sale ancora, per il campione, di quasi il 7% nei primi tre mesi dell’anno rispetto all’analogo periodo del 2023. La dinamica delle commissioni, per quasi tutti i gruppi, ha accelerato (+5,3%) e spesso deriva dalla spinta alla vendita di prodotti assicurativi ma anche da quelle relative all’amministrazione dei titoli. Il prodotto delle due componenti più significative dell’attività caratteristica bancaria ha spinto ulteriormente verso l’alto i ricavi totali (17,8 miliardi di euro per un +9,8%). Sul versante dei costi del personale, che hanno registrato un aumento del +2,5% derivato anche dal rinnovo del contratto Abi, si mantengono mediamente più elevati rispetto allo stesso periodo del 2023 seppur in maniera contenuta, così come le spese amministrative, sottolinea il rapporto della Fisac.

Questa dinamica dimostra, dal lato dei costi per il personale, “la capacità delle banche di agire gestionalmente per mantenere sotto controllo questi ultimi, anche e purtroppo attuando politiche di riduzione degli organici come di mancato turn over”, prosegue il report. Dal lato delle spese amministrative (-0,5%), la previsione di investimenti in nuova tecnologia, spiega inoltre la Fisac-Cgil, come previsto da quasi tutti i piani di impresa, “farebbe pensare ad un incremento di queste ultime anche a scapito della erosione dei margini, fenomeno che non si è ancora verificato. Viceversa il contenimento delle spese, anche attraverso la politica della chiusure delle filiali, a beneficio della redditività a disposizione della distribuzione di utili, può rallentare il processo di innovazione tecnologica, così come confermare la dinamica di riduzione di dipendenti e sportelli”.

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Abi, tasso medio dei conti corrente sale allo 0,59%

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In aprile il tasso medio praticato dalle banche italiane sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) è stato il 3,63%. A marzo 2024 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,67%, area dell’euro 3,50%). Rispetto a giugno 2022, quando il tasso era dello 0,29% (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi Bce), l’incremento è stato di 334 punti base.

Lo afferma il rapporto mensile dell’Abi. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso ad aprile 2024 è stato il 3,81%, con un incremento di 250 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%. In aprile il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato l’1,05% (1,04% nel mese precedente, 0,32% a giugno 2022). Il tasso sui soli depositi in conto corrente è salito allo 0,59% (0,57% nel mese precedente), tenendo presente che il conto corrente “permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento”, conclude l’Abi.

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