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Gli Usa accettano di ritirare le truppe dal Niger

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Gli Stati Uniti hanno accettato di ritirare dal Niger i loro mille soldati, impegnati sul posto nella lotta contro gli jihadisti islamici affiliati ad al Qaeda e all’Isis, dopo una precisa richiesta del regime di Niamey. Ad accogliere le istanze nigerine è stato il numero due della diplomazia americana, Kurt Campbell che ha avuto un faccia a faccia a Washington con il premier Ali Mahamane Lamine Zeine, al potere dopo il colpo di Stato dello scorso luglio.

Con un linguaggio chiaro e senza tabù, il politico africano ha ribadito la decisione sovrana del suo Paese di chiedere la partenza di tutte le forze straniere, comprese quelle americane. L’accordo – stando ai principali media internazionali – prevede l’invio nei prossimi giorni di una delegazione a stelle e strisce in Niger per concordare i dettagli del ritiro delle truppe, mentre al momento dal Dipartimento di Stato americano non è stato specificato un calendario del ritiro. Tuttavia non sono soltanto i marines a lasciare questo Paese del Sahel, dove invece si intensifica la presenza sempre più massiccia e minacciosa della Russia. Dopo il golpe che ha rovesciato il presidente eletto Mohamed Bazoum il 26 luglio scorso, il nuovo regime militare ha subito chiesto la partenza dei soldati dell’ex potenza coloniale francese avvicinandosi così a Mosca.

E dando così seguito alla strategia adottata dalle giunte dei vicini Paesi, Mali e Burkina Faso, anch’essi governati dai militari, alterando completamente gli equilibri strategici in questa regione. A dicembre era toccato all’Ue che ha aveva dovuto rinunciare alle sue missioni nel Paese subsahariano, che si trova al centro della cosiddetta ‘cintura del golpe’, dove sono presenti nazioni contraddistinte da instabilità politica, ma anche ricchi di depositi minerari, di uranio e petrolio.

La France Presse ricorda che gli oltre 1.000 soldati americani ancora presenti in Niger dispongono di una grande base di droni ad Agadez nel nord. Recentemente, la sicurezza di questi soldati è diventata una priorità per Washington. Una settimana fa migliaia di persone hanno manifestato a Niamey per chiedere la loro partenza immediata, su iniziativa di un gruppo di una decina di associazioni che sostengono il regime. I russi intanto hanno già inviato nel Paese africano lo scorso 10 aprile degli istruttori oltre ad aver consegnato alle autorità equipaggiamenti militari nell’ambito della nuova cooperazione in materia di sicurezza.

Due giorni dopo, l’Africa Corps – considerato il successore della compagnia paramilitare Wagner in Africa – ha confermato il suo arrivo nel Paese. A suggellare un patto di ferro con il Cremlino è stata la telefonata a fine marzo fra il capo del regime militare nigerino, il generale Abdourahamane Tiani, con il presidente russo Vladimir Putin dove si è discusso in particolare del “rafforzamento” della loro cooperazione in materia di sicurezza, “per far fronte alle minacce attuali”.

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Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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Il deputato Chiquinho Brazão accusato dell’omicidio di Marielle perde il mandato

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La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.

Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.

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Lavrov, Trump ha ragione su direzione Russia-Usa su Ucraina

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“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.

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