“Accertamento dinamico in campo aperto su alcune sagome per valutare la capacità esplodente”. La Procura di Napoli vuole capire quale sia la capacità di fare male dei razzi trovati dalla polizia a casa di Eleonora De Majo, ex assessore alla cultura del comune di Napoli, e del suo compagno Egidio Giordano, assessore in una municipalità di Napoli. La richiesta di analizzare i razzi (la De Majo di definire bengala o comunque artifici pirotecnici avanzati a Capodanno) è della procura di Napoli. Gli atti si possono leggere nel procedimento giudiziario arrivato al Tribunale del Riesame di Napoli, dove si deciderà del dissequestro dei cellulari e di altri supporti informativi che la polizia acquisì nel corso di una perquisizione a casa della De Majo nell’ambito dell’inchiesta sulla commissione comunale per la realizzazione di una statua per Diego Maradona. In questa inchiesta, è bene precisarlo, sia la De Majo che il compagno Giordano non sono indagati. L’assessore De Majo, per la verità, è considerata oggetto di una pressione forte e forse impropria esercitata da ultras e segnatamente da frange oltranziste e violente della tifoseria napoletana. Avrebbero voluto imporre scelte all’assessore.
In alcune informative depositate agli atti in Cancelleria del Riesame emergono persino stretti rapporti esistenti tra teppisti della galassia ultra della destra da stadio e l’assessore dimissionario alla cultura. Gennaro Grosso e Gianluca De Marino (conosciuti per scontri e resistenza a pubblico ufficiale in cortei e manifestazioni) sembrano intrattenere rapporti con la De Majo e Giordano, mentre spunta anche un’intercettazione dell’assessore comunale Giovanni Pagano, anche lui non indagato, ma intercettato mentre parla al telefono con De Marino. Per ora si sa poco del contenuto delle intercettazioni degli assessori della giunta de Magistris.
Al momento, dunque, De Majo-Giordano, nella vita di tutti i giorni compagni di lotta e di governo, aspettano la riconsegna di tutto quello che la polizia sequestrò nei giorni scorsi e sperano, ovviamente, che le analisi disposte dalla procura di Napoli su quei bengala trovati in casa non procuri loro problemi. E sin qui la posizione della De Majo davanti alla legge. Non indagata, a breve le riconsegneranno telefoni e documenti sequestrati a casa, probabilmente qualche noia o anche nessun problema dai famosi bengala. Negli atti depositati al Riesame, però, ci sono anche alcune intercettazioni (che per la procura forse sono interessanti per far capire la pericolosità degli ultras) che una volta finite in pasto ai media rovinano certamente la immagine della coppia De Majo – Giordano noti come attivisti appassionati della sinistra antagonista napoletana. Nella vicenda della storia della statua di Maradona, il signor Gennaro Grosso dopo la morte dell’argentino si batte per erigere una statua all’esterno del San Paolo, ma al telefono con Egidio Giordano parla anche di abbattere la statua di Garibaldi.
Quasi certamente discorsi stupidi in libertà, peraltro stoppati da Giordano, ma la procura vuole capire. Certo la dimestichezza di rapporti tra Grosso e Giordano (estrema destra e sinistra estrema) sono strani. Così come appaiono strano i contenuti di una intercettazione di Gianluca De Marino (ultras della destra estrema) ed un certo A. C. (non indagato). De Marino informa questo A.C. della sua capacità di poter esercitare pressioni sull’ex assessore alla cultura De Majo. Ha il suo numero di telefonino e dice “posso chiamarla, mi sono visto la settimana scorsa e le dobbiamo fare tre grossi favori, è stata disponibile, le dobbiamo fare delle cose non indifferenti, per evitarle un sacco di figure di m…”. Sempre agli atti c’è De Marino che dipinge la De Majo come una donna impaurita e in difficoltà nel ruolo istituzionale affidatogli dal sindaco de Magistris. “Sta provando a gestire la cosa di Maradona, si mise a piangere, dicendomi di essere una ragazza di 34 anni chiamata a fare cose di cui non capisce nulla” dice De Marino. Sono parole che tratteggiano una De Majo in difficoltà ma anche supposizioni, possibili propalazioni di un estremista prive di riscontro. Ma l’interrogativo inquietante è un altro: è vero che gli hoolingas erano arrivato fin dentro Palazzo San Giacomo? È vero che potevano condizionare un assessore giovane come la De Majo?
I sediari arrivano a Santa Maria Maggiore e inclinano la bara di Francesco, quasi come un saluto, davanti alla Salus Populi Romani. Ogni volta, prima di partire per un viaggio, il Papa si affidava alla Madonna cara ai romani e così anche il viaggio di oggi in qualche modo finisce con questo affidamento. E’ l’ultima immagine di una giornata commovente che ha visto 400mila persone, 200mila a Piazza San Pietro e dintorni e 150mila lungo il percorso fino a Santa Maria Maggiore, dare l’ultimo saluto al Papa. Ci sono i grandi della terra e gli ultimi, ci sono gli anziani e gli scanzonati ragazzi del Giubileo. C’è suor Ana Rosa Sivori, la cugina arrivata dalla Thailandia, e gli amici di Buenos Aires; e ancora re e regine del mondo.
SERGIO MATTARELLA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Attorno a quella semplice bara di legno, con una croce bianca e lo stemma episcopale, ci sono proprio “todos, todos, todos”, “tutti, tutti, tutti”, come ripeteva Francesco sognando fino all’ultimo giorno una Chiesa con le braccia sempre aperte. Tanta gente poi lo piange perché sa di avere perso una voce instancabile per la pace. Per questo i fedeli applaudono a lungo quando il cardinale Giovanni Battista Re lo ricorda nell’omelia: “Papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace” perché la guerra, proprio come ripeteva Bergoglio, “è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”. E ai funerali del Papa della pace il mondo assiste ad un faccia a faccia, in basilica, una specie di ultimo miracolo del Papa, tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky; “un incontro produttivo”, fanno sapere i protagonisti.
JAVIER MILEI PRESIDENTE ARGENTINA, GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Dopo l’argentino Javier Milei, il posto d’onore è per la delegazione italiana, guidata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, e dalla premier Giorgia Meloni. Ma, tra gli italiani, ci sono anche Mario Draghi, alcuni leader dell’opposizione, i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil a rendere l’ultimo omaggio al Papa argentino. Il funerale dura un paio d’ore: il rito era stato snellito dallo stesso Francesco in previsione dell’arrivo di questo giorno. Ma è stata in ogni caso una celebrazione solenne e commovente, con la processione della bara portata dai sediari, le litanie dei santi, il canto in greco delle Chiese orientali, letture e preghiere lette in tante lingue.
FUNERALE PAPA FRANCESCO
A rompere il ritmo millenario della liturgia sono solo gli applausi, lunghi e sentiti. Un modo semplice di salutare quel Papa che ha aperto i cuori anche di molti non credenti. Alla fine del funerale il feretro di Francesco viene portato in basilica e poi fuori dalla Porta della Preghiera, quella che ha utilizzato fino a domenica per entrare e uscire dalla basilica, la più vicina a Casa Santa Marta dove ha abitato per dodici anni. La bara è sistemata sulla papamobile perché Francesco oggi si è congedato definitivamente dal Vaticano per essere sepolto fuori, come non accadeva da oltre un secolo (l’ultimo era stato Leone XIII) e comunque poche volte nella storia. Il suo feretro è stato trasportato proprio con una di quelle auto dalla quale ha salutato le folle, bevuto mate, baciato bambini, a Roma ma anche in tante città del mondo visitate nei suoi 47 viaggi apostolici.
FUNERALE PAPA FRANCESCO
EMMANUEL MACRON PRESIDENTE FRANCIA E LA MOGLIE BRIGITTE
KEIR STARMER PRIMO MINISTRO INGLESE E LA MOGLIE VICTORIA
WILLIAM, PRINCIPE DEL GALLES
JAVIER MILEI PRESIDENTE ARGENTINA, GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA E LA SIG.RA LAURA
GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
URSULA VON DER LEYEN PRESIDENTE COMMISSIONE EUROPEA
JOE BIDEN EX PRESIDENTE USA CON LA MOGLIE JILL
FUNERALE PAPA FRANCESCO
Ad attenderlo sulla porta di Santa Maria Maggiore c’è un gruppo di suoi amici, una quarantina di persone, tra senzacasa, migranti, disoccupati, che lo aveva incontrato più volte, aveva ricevuto un aiuto materiale ed una parola di speranza. Ora hanno tutti una rosa bianca in mano per l’ultimo saluto. Da domani Santa Maria Maggiore aprirà a tutti i fedeli per coloro che vorranno dire una preghiera sulla tomba di Francesco. Da lunedì invece riprendono le riunioni pre-conclave per disegnare il futuro della Chiesa e cominciare ad individuare il suo possibile successore.
Ha fatto l’ultimo viaggio alla sua maniera. In una bara di legno povera, senza decorazioni, su di una papamobile ricavata da un pickup di seconda mano. E sulla strada da San Pietro a Santa Maria Maggiore, Papa Francesco ha ritrovato le due facce del mondo che lo circondava: i fedeli che lo vedevano come una guida, e la massa coi telefonini che lo vedeva come una rockstar da postare su Instagram. Il corteo funebre è partito dal Vaticano intorno a mezzogiorno e mezzo. La bara del Papa è stata posta sulla papamobile bianca. Un veicolo realizzato per il viaggio in Messico del 2016, partendo da un pickup Dodge usato, poi regalata al pontefice dal governo messicano.
FUNERALE PAPA FRANCESCO
Il corteo è uscito dalla porta del Perugino, un ingresso secondario delle mura del Vaticano, ha attraversato il Tevere e ha imboccato corso Vittorio Emanuele. Dietro la papamobile, una trentina di auto di cardinali. Pubblico e fedeli non hanno potuto seguire il corteo, ma sono rimasti sui marciapiedi, dietro le transenne. Lungo tutto il percorso erano 150mila, ha reso noto la sala stampa vaticana. Il corteo è andato avanti abbastanza velocemente, per piazza Venezia, Fori Imperiali, Colosseo, via Labicana e via Merulana, fino a Santa Maria Maggiore. Da San Pietro, non ha impiegato più di mezz’ora, quasi Bergoglio non volesse disturbare troppo la città. La giornata era calda, il sole splendeva. Al passaggio della papamobile, la gente applaudiva, gridava “viva Francesco”, “daje Francesco”.
Tantissimi riprendevano con i telefonini e postavano sui social, qualcuno piangeva. Molti pregavano. Chiacchierando con la gente per strada, saltava fuori che tanti erano lì per rendere omaggio a una papa che amavano, e del quale condividevano il messaggio. Tanti altri erano lì soltanto perché Francesco era famoso: il suo funerale lo vedevano come un evento storico da non perdere. Tiziana, una signora anziana romana, spiegava che “lui ha rappresentato il contatto vero della Chiesa con le persone, non importa se erano credenti o no. Ora dobbiamo portare avanti il suo messaggio di fratellanza e di accoglienza”. Per Sienna, australiana, “vale la pena di essere qui, in questo giorno storico”.
Mentre Janet, danese, spiegava di essere qui col marito “per vivere un momento storico”. Ma aggiungeva “apprezzavamo il suo messaggio, il mondo è troppo per i ricchi”. Per Ida, calabrese trapiantata a Roma, “Papa Francesco è sceso dal piedistallo per stare tra le persone. Ora molto dipende da chi erediterà il suo posto. Io spero che il prossimo faccia come lui, perché se vogliamo la pace, dobbiamo preoccuparci per chi sta peggio di noi”.
Francesco lo avrebbe voluto cosi: quello di Bergoglio è da considerarsi ad oggi il funerale di un pontefice con il più vasto accesso a livello mondiale. Non per le 250mila persone stimate in piazza San Pietro, ma per l’incalcolabile moltitudine di schermi accesi sulle esequie: quelli tv ma anche cellulari, tablet, pc e laptop. Con i social che da soli hanno sfiorato i 7 milioni di interazioni nelle ultime 12 ore. I network internazionali più noti – per la gran parte americani ma non solo, come Bbc, Sky e Al Jazeera – hanno tutti offerto sui propri siti web le dirette video della cerimonia in Vaticano e gli aggiornamenti fin dai primi arrivi sul sagrato della Basilica. E poi i quotidiani in ogni lingua, le radio, i canali youtube, a partire da quello della Santa Sede che ha trasmesso la cerimonia per intero.
La rivoluzione tecnologica, che ha viaggiato veloce negli ultimi 20 anni – ovvero dal funerale di Giovanni Paolo II – ha portato così tutto il mondo lungo via della Conciliazione, tra le colonne di piazza San Pietro e al seguito dell’ultimo viaggio del pontefice che ha attraversato Roma fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore: dalle Filippine (il più popoloso paese cattolico al mondo), all’Africa, passando per l”Asia, gli Stati Uniti o l’America Latina che a papa Francesco aveva dato i natali. L’attesa era tale che fin dai giorni precedenti diverse testate, nelle loro edizioni online, offrivano indicazioni in dettaglio su come sintonizzarsi: le pagine web, gli orari, i canali social dedicati.
Quest’ultima la maggiore novità da quando, nel 2005, il mondo salutò un papa in carica con la morte di Karol Wojtyła . E’ infatti, per esempio, rimbalzata prima sui social l’immagine – subito considerata storica – del faccia a faccia fra il presidente Usa Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky nelle navate della Basilica prima delle esequie. E dalle prime analisi risulta essere al top dell’interesse globale, sfiorando alle 15 (ora italiana) quasi 3 milioni di interazioni, esattamente 2 milioni 915 mila e 481 così divise: su X 547.789, su Instagram 1.689.547 e su Facebook 678.145, secondo l’analisi della società Arcadia sulle conversazioni social e sul web. Tra le 25 emoji più utilizzate online per commentare i funerali ci sono le mani congiunte in preghiera e le bandiere dello Stato Pontificio, dell’Argentina e degli Stati Uniti. E, ovviamente, quasi la metà (47%) sono gli utenti dai 25 ai 34 anni ad aver partecipato maggiormente alle conversazioni digitali.