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Gli Stati Uniti verso il fascismo? L’élite intellettuale tra allarme e auto-esilio

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Negli ambienti culturali di New York e California, la preoccupazione per il futuro della democrazia americana è palpabile. Donald Trump, con le sue dichiarazioni e politiche sempre più aggressive, ha scatenato un acceso dibattito tra intellettuali, artisti e giornalisti, molti dei quali si interrogano se l’America sia entrata in una fase autoritaria.

Durante una cena a Manhattan, una giornalista ebrea progressista, fortemente anti-Netanyahu e anti-Trump, ha sintetizzato i tre segnali che decreterebbero la fine della democrazia negli Stati Uniti:

  1. L’arresto dei giornalisti critici nei confronti del governo.
  2. Una crescente ondata di antisemitismo sistemico.
  3. L’eventuale illegittimità delle elezioni del 5 novembre, viste come l’ultima consultazione democratica prima della svolta autoritaria.

Un allarme che molti osservatori giudicano esagerato, considerando che la stampa anti-trumpiana è più attiva che maie che i media come il New York Times e la CNN non hanno modificato la loro linea editoriale.

AUTO-ESILIO: LA NUOVA FRONTIERA DELL’INTELLIGHENZIA AMERICANA

Il pessimismo che domina i salotti della sinistra americana ha portato alcuni esponenti dell’élite culturale a considerare l’auto-esilio. Italia e Francia sono le destinazioni più gettonate:

  • Italia, nonostante il governo Meloni, rimane una scelta privilegiata per molti, grazie alle seconde case in Toscana, Umbria, Liguria e sul Lago di Como.
  • Francia, con Parigi, la Provenza e la Costa Azzurra, è un’altra opzione, pur con la consapevolezza che il paese potrebbe virare politicamente a destra.

Questa fuga volontaria viene vista da molti come un segnale della disconnessione tra élite e popolo. Per il lavoratore del Michigan che ha votato Trump, la preoccupazione per il fascismo appare lontana dalla realtà quotidiana. Il latinoamericano o l’indiano immigrato, che sostiene Trump per difendere valori tradizionali, guarda con distacco le lamentele di chi può permettersi di rifugiarsi in una villa europea.

A DESTRA NON SI ESULTA: LE PREOCCUPAZIONI DEL MONDO CONSERVATORE

Se a sinistra si teme una deriva fascista, anche nel campo conservatore anti-trumpiano il clima è di forte preoccupazione. Bret Stephens, editorialista del New York Times, ha espresso il timore che l’attuale presidenza possa danneggiare irrimediabilmente l’economia americana, citando tre motivi principali:

  1. Minacce di dazi ai partner commerciali, che rischiano di far aumentare i prezzi.
  2. Proroghe e incertezze sui dazi, creando instabilità nei mercati.
  3. Possibile recessione nel 2024, accettata come “prezzo da pagare” per il suo progetto politico.

Stephens avverte che il vero rischio di Trump non è solo autoritario, ma anche gestionale, con una politica caotica e imprevedibile che potrebbe mettere a repentaglio sia l’economia americana che quella globale.

TRA FASCISMO E CAOS: DOVE STA ANDANDO L’AMERICA?

Il dibattito sull’eventuale deriva autoritaria degli Stati Uniti è acceso e divisivo. La paura della sinistra per un regime di stampo fascista si scontra con la visione dei conservatori anti-trumpiani, che temono più il caos che l’autoritarismo.

Il timore che la democrazia americana possa sgretolarsi si scontra con la realtà di un paese ancora fortemente pluralista, dove il dibattito pubblico è acceso e le istituzioni restano, almeno per ora, indipendenti. Ma la polarizzazione cresce e l’elezione del 5 novembre 2024 potrebbe segnare uno spartiacque cruciale nella storia politica degli Stati Uniti.

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Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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Il deputato Chiquinho Brazão accusato dell’omicidio di Marielle perde il mandato

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La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.

Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.

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Lavrov, Trump ha ragione su direzione Russia-Usa su Ucraina

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“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.

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