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Gianni Sasso, guerriero e campione paralimpico ischitano: lo sport è vita, inclusione, socialità e mi ha fatto rinascere

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Non è certo uno che teme le sfide Gianni Sasso, atleta paralimpico ischitano, campione italiano in tre discipline diverse: paratriathlon (2014), paraciclismo (2017), campionato di calcio amputati con la maglia del Vicenza (2020). Gianni ha solo sedici anni quando, in seguito ad un incidente stradale, subisce l’amputazione della gamba sinistra. “Sognavo di fare il calciatore e in quel letto d’ospedale ho visto il mio sogno andare in frantumi. Poi ho capito che dovevo concentrarmi su ciò che avevo e non su quello che mi mancava”.

Gianni impara a correre con l’ausilio delle stampelle, ricomincia a giocare a pallone. Nel 2008 partecipa alla maratona di New York e stabilisce il record mondiale per la sua categoria; ad Amsterdam, quattro anni più tardi, supera se stesso tagliando il traguardo in 4 ore e 28 minuti. In questi giorni è stato nominato fra i candidati per i Gazzetta Sport Awards nella categoria di atleta paralimpico dell’anno. Gianni, però, non ha intenzione di fermarsi. A cinquantun anni altre sfide lo aspettano, sempre nel nome dello sport: “Lo sport è vita, inclusione, socialità e mi ha fatto rinascere”. 

Che ruolo ha giocato lo sport nel suo percorso di vita?

Lo sport è stato fondamentale, per me ha significato il reinserimento nel sociale. Io ho sempre amato il calcio, ero pure bravo. Quando mi amputarono la gamba pensai subito che il mio sogno di diventare calciatore era svanito per sempre. In quel letto d’ospedale cercavo di essere forte, non volevo diventare un peso per la mia famiglia. Nel frattempo però, morivo dentro, perché vedevo il mio sogno più grande andare in frantumi. Dopo circa un anno e mezzo ho compreso che dovevo utilizzare ciò che avevo per provare a giocare di nuovo a pallone, e così è stato. Ho imparato a correre con le stampelle, ad Ischia partecipavo ai tornei di calcetto con i normodotati. Poi ho avuto anche la forza di propormi nel mondo del lavoro, ma è iniziato tutto da lì, dallo sport: è stato la mia rinascita.

Crede che lo sport stia cambiando il modo in cui viene percepita la disabilità?

Io credo che grazie a grandi atleti come Alex Zanardi, Bebe Vio, Luca Pancalli o Martina Caironi, lo sguardo su di noi stia cambiando. Se ti trovi di fronte ad uno di loro non li guardi certo con pena, ma ti rendi conto che sono sportivi di successo a tutti gli effetti. La disabilità può anche essere nascosta, dentro di noi, quando nella vita quotidiana non affrontiamo i problemi e lasciamo che la paura ci paralizzi. La cosa più importante invece è mettersi in gioco, farsi trovare sulla linea di partenza: se sei lì, il tuo traguardo l’hai già raggiunto. 

Quali sono gli ostacoli principali che la società dissemina sul cammino delle persone con disabilità? 

In Italia ce ne sono ancora tanti, penso anche soltanto agli ostacoli materiali che ti impediscono di vivere tante esperienze, di raggiungere molti posti. Ad esempio, se ad Ischia una persona in carrozzina intende raggiungere la Chiesa del Soccorso, la più bella dell’isola, lo devono portare in braccio. Io ho vissuto l’Australia, gli Stati Uniti, il Canada, la Gran Bretagna, lì le persone in carrozzina vivono con la massima serenità, facendo ogni cosa in piena autonomia. Noi dobbiamo ancora buttare giù tanti ostacoli, però ci stiamo lavorando, e lo sport paralimpico sta giocando un ruolo decisivo nell’abbattimento delle barriere culturali; lo sport è inclusione, educazione di vita, socialità. 

Parliamo delle sue imprese sportive.

La mia maratona più bella fu sicuramente la prima, a New York nel 2008. Per prepararla mi impegnai per mesi con grande sofferenza e dolore fisico, pensavo che non sarei riuscito nemmeno a completarla, invece ho stabilito il record mondiale per la categoria, 5 ore e 5 minuti. Ad Amsterdam, nella maratona del 2012, ho battuto il mio record precedente: 4 ore e 28 minuti. Nel 2019 sono tornato a New York come motivator e ho accompagnato settanta persone, un’esperienza incredibile. Nel 2016 ho partecipato alle Paralimpiadi di Rio, qualificandomi nel triathlon, ma non sono riuscito a portare a casa una medaglia.

Da grande appassionato di calcio, che cosa ha significato Maradona per lei?

Per ma ha significato la mia rinascita, guardandolo in campo ho imparato di nuovo a giocare a calcio. Diego lo dovete valutare come calciatore, e non per la sua vita privata. Il suo esempio ce l’ha dato in campo; poi ognuno può dire le fesserie che vuole, ma tutti abbiamo i nostri scheletri nell’armadio, nessuno escluso. Diego ci ha fatto vedere che cos’è il calcio. Grazie a lui ho amato ancora di più questo sport e ho imparato a giocare a calcio anche senza una gamba, utilizzando quella che mi era rimasta. Il mio motto è: “usa quello che hai, realizza quello che vuoi”, dobbiamo concentrarci su ciò che abbiamo, non su quello che ci manca.

Quali sono le prossime sfide che attendono Gianni Sasso?

Intanto è arrivata la convocazione in Nazionale, parteciperemo all’europeo calcio amputati. Poi c’è da giocare la Champions League col Vicenza. Se sono ancora qui però, nonostante i cinquantun anni, è perché ho un desiderio: battere quel record che avevo stabilito nella maratona di Amsterdam nel 2012.

Per chi volesse votare per Gianni Sasso qui sotto c’è il link dal quale accedere alla pagina della Gazzetta ed esprimere la preferenza.

https://www.gazzetta.it/sportsawards/26-11-2020/gazzetta-sports-awards-barlaam-caironi-lanfri-pesce-sasso-unipolsai-briantea-84-cantu-3901175801690.shtml?fbclid=IwAR3RIjTn54-i5wFtumBtSzRoxb_Y2Rt32fx8_XNvPv-IykyaXHoUD4Mwh_Y

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Calzona: ritiro produttivo, Napoli tiri fuori l’orgoglio

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Il Napoli è da oggi in ritiro in un albergo di Caserta in vista della partita con la Roma di domenica pomeriggio. Un provvedimento, quello della società di Aurelio De Laurentiis, che stando ai sussurri provenienti dall’interno della squadra i giocatori avrebbero accettato a denti stretti. Però Francesco Calzona, che è tornato a parlare alla vigilia di un match dopo mesi di silenzio imposti dalla società prima delle gare, chiarisce i termini della questione dal suo punto di vista e sottoscrive in pieno la decisione del presidente. “Il ritiro – spiega – non è punitivo ma deve essere produttivo. Abbiamo bisogno di stare insieme più tempo possibile. E’ stata una scelta concordata con la società e io sono stato d’accordo. Spero e mi auguro che con la Roma venga fuori l’orgoglio perché giochiamo contro una squadra che è in un’ottima condizione. Mi aspetto una grande partita sotto l’aspetto delle motivazioni e dell’orgoglio”.

“Finora – spiega il tecnico – abbiamo creato tantissimo ma anche difeso male. A Empoli abbiamo mostrato anche qualche problema offensivo e questo mi ha preoccupato. I ragazzi erano molto abbattuti e a inizio settimana, c’era scoramento. Ma abbiamo il dovere di lavorare e di migliorare questi aspetti per finire il campionato nel modo migliore. Lo dobbiamo a un’intera città”. Ma il Napoli quando mancano soltanto cinque partite che cosa può realisticamente chiedere ancora a questo campionato? “Abbiamo buttato via tante occasioni per riagganciarci alla classifica importante – dice l’allenatore -. Ora non siamo in grado di fare progetti e dobbiamo solo pensare partita per partita, il nostro futuro non dipende solo da no ma anche dagli avversari. Per questo ho chiesto ai ragazzi di pensare solo alla Roma e poi vediamo quello che viene fuori. Mi aspettavo di incontrare meno problemi, ma dopo due o tre giorni che ero qua mi sono reso conto che erano più grandi di quello che avevo previsto. C’è qualcosa nella fase di costruzione che non è andata per il verso giusto. Chi è arrivato a sostituire giocatori importanti come Lozano, Kim e anche Elmas non ha inciso tantissimo. Ma non è tutta colpa loro perché sono arrivati in una stagione molto particolare”.

“Tutti i giocatori – aggiunge il tecnico del Napoli – non si possono non sentire responsabili di questa situazione. Le scelte le faccio in base a quello che vedo in settimana. A parte Mazzocchi, Dendoncker e Natan, il resto ha avuto spazio. Non ci sono uomini sacrificati, le occasioni le hanno avute. Nello spogliatoio bisogna sentirsi responsabili tutti e quando si perde è sconfitto anche chi non ha giocato” “Della Roma – dice Calzona – mi preoccupano tante cose. A parte i punti conquistati nella gestione De Rossi, segnano tantissimo, hanno una grande fisicità e fanno tanti gol su palle da fermo. Ma se facciamo una partita da Napoli anche noi abbiamo tante armi. E’ una squadra in salute che ha davanti a sé importanti obiettivi da raggiungere”. “E’ una partita difficile – conclude il tecnico del Napoli – ma indipendentemente dall’avversario dobbiamo ritrovarci noi, fare una grande gara e uscire da questa situazione che non piace a nessuno, neanche ai giocatori”.

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Donne-arbitro in rimonta, in A prima terna al femminile

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La storia delle prime volte per le donne non è mai l’ultima. E arriva infatti l’inedita terna di arbitri al femminile anche in Serie A: dopo le prove generali in Coppa Italia e Serie B, domenica per la gara-passerella dell’Inter a San Siro con il Torino in campo a dirigere ci sarà Maria Sole Ferrieri-Caputi e le due assistenti Francesca Di Monte (la stessa del mancato saluto da parte dell’arbitro Sacchi in Lecce-Sassuolo dello scorso ottobre, con bufera sui social e scuse arrivate ‘nessun intento sessista’) e Tiziana Trasciatti. Una prima volta, appunto, nel massimo campionato che segna comunque la rimonta dell’altra metà con il fischietto anche in termini di numeri. Perché se la vocazione al maschile scende, tra le donne se non è boom comunque sale. “E’ una designazione che ci riempie d’orgoglio – dice Katia Senesi, arbitro benemerito e prima donna a far parte del Comitato Nazionale Aia, di cui è membro dal 2021 -. Lavoriamo da tre anni al progetto sulle ragazze per dare a tutte le opportunità che meritano e per giocarsela alla pari con i colleghi maschi. La strada è tanta, è ancora lunga ma possiamo dire che l’aria è cambiata. Anche in termini di nuovi ingressi le donne hanno superato gli uomini”.

Con una fetta del 10% sul totale degli iscritti, le giovani però si avvicinano al mondo arbitrale e vedere sui campi maggiori direttori gara come la Ferrieri Caputi rappresenta uno stimolo ulteriore. La livornese, 33 anni, traguardi finora off limits ne ha tagliati tanti: dopo aver diretto la prima gara in serie A il 2 ottobre del 2022 (Sassuolo-Salernitana, promossa a pieni voti), quest’anno ha arbitrato sei gare del massimo campionato. E domenica mette un altro tassello: una ulteriore svolta frutto di un lavoro che parte da lontano e che dietro vede un movimento in rimonta da parte delle donne. “Al momento la presenza femminile sul totale degli iscritti è del 10% circa – spiega Senesi – ma tra i nuovi le donne sono di più degli uomini. Si punta molto su loro, non in quanto donne, ma perché sono preparate. Le aspettative sono alte”. Inter-Toro sarà quella della festa dei campioni d’Italia, non proprio una gara decisiva in termini di classifica.

“Non ci sono partite scontate – ci tiene a dire Senesi, respingendo l’idea che la designazione storica arriva per una partita sulla carta con poco agonismo – anche quando la posta in palio è già decisa si gioca sempre e poi un errore, se capita, è sempre un errore e tutti lo ricordano. E poi l’attenzione è sempre doppia. Il nostro compito è fare bene, sono sicura che le ragazze non la vivano con leggerezza ma con il massimo della preparazione e dell’attenzione. Quello che serve, ma vale naturalmente anche nei confronti degli uomini, è il rispetto nei confronti di chi si allena tutti i giorni per dare il massimo in campo”. Gli inediti al femminile restano sempre tanti: del resto la prima donna in Italia alla guida di una federazione sportiva, Antonella Granata, è arrivata appena tre anni fa allo squash e ora si è dimessa, per motivi personali, lasciando comunque orfano anche quest’altro traguardo.

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Juve: contro il Milan ritenta l’assalto al 2/o posto

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L’euforia per la conquista della finalissima di coppa Italia è già stata messa da parte, alla Continassa si torna a pensare al campionato e a lavorare per l’altro obiettivo stagionale. Manca ancora una manciata di punti per prendersi un posto in Champions League, ma anche arrivare alle spalle dell’Inter rappresenta uno stimolo in più per la Juventus. Ecco perché Massimiliano Allegri chiede attenzione massima in vista del prossimo appuntamento, il big-match di sabato pomeriggio alle 18 all’Allianz Stadium contro il Milan.

Per i bianconeri sarà anche una delle ultime occasioni per tentare l’assalto al secondo posto: i rossoneri sono distanti cinque lunghezze, batterli nello scontro diretto bissando il successo di San Siro darebbe la spinta per un buon finale di stagione. Anche perché bisogna migliorare i numeri terribili dell’ultimo periodo, con Danilo e compagni che dal 27 gennaio ad oggi hanno vinto soltanto tre partite su 14 e ne hanno perse addirittura cinque, considerando anche le due sfide di coppa Italia contro la Lazio. E poi si vuole superare questo tabù Milan allo Stadium, dal momento che i bianconeri sono reduci da due tonfi e da un pareggio interni contro i rossoneri: è dal triennio 1991-1994 che la Juve non arriva a 4 partite casalinghe senza vittorie contro il Diavolo.

Allegri dovrebbe affidarsi ancora una volta a Chiesa, capace di realizzare tre gol e confezionare tre assist nei precedenti personali contro il Milan, anche se adesso è reduce da quattro confronti di fila senza squilli. E se Yildiz e Milik saranno le carte da giocare a gara in corso, oltre a Kean che viaggia verso la convocazione dopo essersi riaggregato al resto dei compagni, l’altro intoccabile della Juve sarà ovviamente Vlahovic, reduce dalla rete di Cagliari che lo ha portato a toccare quota 17 marcature stagionali.

Senza indisponibili e senza squalificati, Allegri può lavorare con tutta la rosa al gran completo e studiare la miglior Juve possibile, con Cambiaso e Kostic sulle corsie, Locatelli in regia insieme a McKennie e Rabiot e il terzetto davanti a Szczesny formato da Gatti, Bremer e Danilo. In più, c’è uno Stadium che ribolle: la casa bianconera è vicinissima a far registrare un altro sold out, un bell’attestato di stima verso la squadra nonostante un lungo periodo di risultati altalenanti. Ma c’è ancora la possibilità di chiudere bene la stagione, la rincorsa al secondo posto occupato dal Milan comincia proprio sabato dallo scontro diretto contro la formazione di Stefano Pioli.

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