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Corona Virus

Germania travolta dal virus, migliaia di contagiati e centinaia di morti ogni giorno

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Il Nord Europa e’ travolto dal Covid e adesso reagisce, ma con ritardo. “La Germania si trova in una situazione altamente drammatica. E’ tempo di agire”, ha affermato stasera Angela Merkel annunciando a Berlino la stretta sui non vaccinati e l’obbligo (parziale) della siringa per i sanitari. Il virus sta sopraffacendo anche altri Paesi: per alcune settimane si tornera’ al lockdown generalizzato in Alta Austria e a Salisburgo. Mentre la Slovacchia chiudera’ le porte della vita pubblica ai non immunizzati. Anche in Germania c’e’ un primo Land che sta valutando una nuova serrata di ristoranti, hotel e negozi per tutti: e’ la Sassonia, che ha raggiunto gia’ i suoi limiti in corsia. Per il futuro cancelliere Olaf Scholz, quella di oggi pero’ e’ stata comunque “una giornata molto positiva”, in cui sono state approvate “misure decisive, riuscendo a tenere insieme il Paese”. Il Robert Koch Institut ha segnalato un nuovo record di 65.371 nuovi contagi e 264 morti in 24 ore. L’indice di ospedalizzazione e’ salito a 5,15 su 100 mila abitanti, lontano dai 15,5 di dicembre ma in ben 50 distretti i posti in terapia intensiva sono gia’ tutti occupati, soprattutto in Baviera e Baden-Wuerttemberg. E in un distretto su quattro, su base federale, ci sarebbe soltanto un posto libero. Com’e’ possibile che la Germania abbia atteso di arrivare a questi numeri “assurdi”, nelle parole di una giornalista che ha posto una domanda in cancelleria? Merkel ha risposto di conoscere il problema: “La velocita’ della crescita esponenziale del virus e’ stata purtroppo sottovalutata”. E la cancelliera uscente non ha fatto neppure mistero di aver trovato insoddisfacenti le misure previste dalla nuova legge passata oggi al Bundestag – e domani attesa al Senato federale, dove l’Unione ha annunciato problemi – proposta da Spd, Verdi e Liberali. Resta alta dunque la polemica che ha tenuto banco anche stamani alla Camera sulla fine dello stato emergenza il 25 novembre. Ad ogni modo, dopo questa intensa giornata di decisioni, la Germania ha definito nuove soglie per far scattare il cosiddetto ‘2G’, che esclude i non vaccinati da locali, attivita’ sportive, eventi culturali: entrera’ in vigore sopra il tasso 3 di ospedalizzazione su 100 mila abitanti (quindi quasi dappertutto); e si rafforzera’ oltre il tasso 6, prevedendo un obbligo di tampone anche per i vaccinati. C’e’ poi il nuovo vincolo per gruppi di sanitari “a contatto con persone vulnerabili”: dovranno vaccinarsi per forza. E questa e’ la rottura di un tabu’, in un Paese dove non sono obbligatori neppure i vaccini della primissima infanzia. Inoltre si e’ disposto il Green Pass tedesco sul posto di lavoro e sui mezzi di trasporto pubblico.

Con l’intenzione di effettuare controlli severi e sistematici. Anche l’annuncio di una grande campagna sul booster e’ parte della nuova strategia contro il virus: il richiamo sara’ accessibile a tutti gli ultra diciottenni a partire dal quinto mese dopo la seconda dose. E stavolta c’e’ anche l’indicazione favorevole della commissione Stiko, sempre cauta nei suoi consigli. Che l’emergenza sia seria e’ stato ribadito anche dal presidente del Robert Koch Institut, Lothar Wieler, il quale in un messaggio video ha ammesso: “Non siamo mai stati cosi’ preoccupati prima d’ora. Siamo in una situazione di emergenza molto seria. Se non facciamo qualcosa avremo un Natale terribile”. Nelle valutazioni del volto di riferimento di questa pandemia, in Germania, i numeri reali del contagio sarebbero “almeno il doppio o il triplo”. In questo clima, con una quota di vaccinati protetti con doppia dose al 67,8% (in Italia e’ sopra l’84), sono costanti gli appelli ai no vax a rivedere la propria posizione. “Non e’ troppo tardi per farsi somministrare la prima dose”, ha detto la Merkel, che continua a chiedere ai tedeschi di mobilitarsi per convincere amici e parenti che non lo abbiano fatto a vaccinarsi, per proteggere se stessi e il Paese.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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