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Cultura

“Geopolitica, informazione e comunicazione nella crisi russo-ucraina”

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“Geopolitica, informazione e comunicazione nella crisi russo-ucraina”: è il nuovo libro, edito da Unicopli, di Angelo Turco, professore emerito allo IULM di Milano, africanista e studioso di teoria ed epistemologia della geografia ed editorialista di Juorno.it.  Il conflitto armato in Ucraina è solo una faccia della medaglia: l’altra è una vera e propria guerra mondiale combattuta con altri mezzi: economici, politici, giuridici, culturali. Un saggio che, senza soluzione di continuità, prosegue il discorso inaugurato in “Epimedia. Informazione e comunicazione nello spazio pandemico”. Epimedia (anagramma di epidemia) è un canone mediale, il territorio dell’informazione e della comunicazione, in cui, al contrario di quanto sarebbe auspicabile, l’informazione è al servizio della comunicazione. Un’informazione che non oppone ma tiene assieme verità e menzogna ed è orientata al consenso. Parlare di spazio epimediale significa rovesciare la prospettiva: il fatto diventa il suo racconto. Un saggio appassionante che prova a rispondere alla domanda: come viene raccontata la guerra nello spazio epimediale, passato dalla pandemia alla crisi russo-ucraina?

Professor Turco, possiamo dire che questo libro è la naturale prosecuzione di Epimedia, il suo saggio in cui spiegava com’era avvenuta la comunicazione nello spazio pandemico?

È così: abbiamo scoperto che epimedia non è un canone mediale relativo alla sola pandemia, ma è il canone mediale della contemporaneità. Abbiamo appurato che le caratteristiche di epimedia sono quelle che regolano il funzionamento dei media, sia quelli vecchi che quelli nuovi e che ritroviamo, passata di moda la pandemia, anche nel racconto della guerra e della crisi ucraina. 

Quali sono queste caratteristiche?

I caratteri di epimedia sono due. Il primo è che epimedia funziona sulla base di una tematizzazione dominante delle news. Sotto questo profilo, siamo passati da una tematizzazione incentrata in modo dominante sul fenomeno migratorio – siamo tra il 2015 e il 2019, in cui non si parlava d’altro -, alla tematizzazione dominante della pandemia, per arrivare a quella della crisi ucraina. Il secondo carattere fondamentale è che epimedia inverte la relazione d’ordine tra informazione e comunicazione. Tradizionalmente, prima c’è l’informazione di qualità, verificata, affidabile, e poi la comunicazione. Con epimedia ciò che conta è la comunicazione. E noi mettiamo al suo servizio l’informazione, che sia di qualità o meno. Questo è un aspetto che crea problemi.

In Epimedia, anagramma di epidemia, sosteneva che l’aspetto innovativo di Covid-19 fosse il modo in cui questo è stato raccontato. Vale lo stesso per il conflitto ucraino?

Anche qui ciò che conta non è come stanno davvero le cose dal punto di vista della genesi, dello svolgimento, dei possibili esiti; quello che conta è la narrazione di ciò che sta accadendo e ciò che sta accadendo è l’insieme delle modalità con cui i media raccontano le vicende. Le vicende sono assai complesse perché questa è una guerra mondiale, combattuta sostanzialmente in due modi. Il primo coincide col nucleo armato del conflitto; il secondo, ben più vasto, ha a che fare con i mezzi più diversificati: economia, diritto, cultura, narrazioni. Mentre il nucleo armato vede in campo due attori primari, il secondo coinvolge una quarantina di Stati in tutto il mondo, che a diverse scale e con diverse modalità, intervengono nella crisi. Essi hanno contribuito economicamente per circa 70 miliardi di dollari. È una guerra costosa che stanno pagando questi trentasette Paesi. La maggior parte dei costi è stata presa in carico dagli Stati Uniti; poi ci sono i Paesi dell’UE e ancora Gran Bretagna, Giappone, Canada, Australia, Taiwan e finanche la Svizzera.

Angelo Turco. Professore emerito allo IULM di Milano, africanista e studioso di teoria ed epistemologia della geografia

Nel suo saggio afferma che in epimedia ciò che prevale è la verità che porta consenso. Quali sono le verità che si stanno imponendo in questo scenario bellico?

Qui a contare è una verità consensuale: il consenso della convinzione. La verità consensuale della crisi ucraina è cioè quella di cui si convince la gente, anche se poi dal punto di vista politico non è contenta. Facciamo un esempio. Molte persone sono convinte che bisogna essere solidali con l’Ucraina, vittima di un’aggressione territoriale: questa è una verità incontrovertibile. Da questa verità discendono però una serie di comportamenti che non sono più incontrovertibili; dobbiamo qui distinguere tra coloro che pensano che la guerra si conclude solo con una vittoria e una sconfitta e quelli che, come il sottoscritto, ritengono che debba chiudersi col negoziato. Sono due verità consensuali perché nessuno può dimostrare quale di queste due asserzioni si verificherà. Il paradosso è che da una parte la gente è fermamente convinta della necessità di essere solidali, e quindi anche della necessità delle sanzioni alla Russia, dall’altra si rende conto di non essere disposta a pagare il costo di questa solidarietà, di queste sanzioni. Un costo che ricade eminentemente sulle popolazioni europee. 

Quali analogie riscontriamo tra comunicazione del conflitto e comunicazione della pandemia? 

Abbiamo un tema dominante e ogni cosa è ricondotta ad esso. Prima la pandemia, ora la guerra. Le prime pagine dei giornali, se escludiamo piccole forature nella trama epimediale, come la formazione del nuovo governo in Italia, le elezioni in Francia o la caduta del governo britannico, sono tutte per il conflitto in Ucraina. C’è poi da soffermarsi sulla qualità dell’informazione, una qualità modesta che mescola in proporzioni variabili verità e falsità, per cui ognuno è in qualche modo autorizzato a costruirsi le convinzioni che vuole a partire da ciò che legge sui media. Questo ci porta ad una situazione in cui le parti non sono aperte al dialogo ma sviluppano atteggiamenti oppositivi, da tifo da stadio. Se non trovi il modo per dialogare in seno ai popoli, sarà complicato dialogare anche fra gli attori primari della crisi. La guerra del Vietnam non è finita sul campo di battaglia ma nelle grandi marce a Washington e nei campus universitari, nei quali la gente in massa ha detto: basta. 

Fra le storture della comunicazione di guerra rientra anche la diffusa russofobia che ha portato all’esclusione di cittadini russi da importanti eventi sportivi e culturali. Come analizza questo fenomeno?

È un fatto abbastanza antico in Europa e relativamente recente negli Stati Uniti. La russofobia europea risale all’Ottocento. Un passaggio saliente di questo processo fu la guerra di Crimea a cui partecipò anche l’Italia con un sostanzioso corpo di spedizione, in un’alleanza guidata in Europa dalla Francia di Napoleone III. In quella circostanza i russi, cristiani ortodossi, presero coscienza del fatto che delle potenze europee cristiane andavano a far la guerra all’impero zarista, combattendo a fianco dell’impero ottomano, entità politica islamica. Per gli zar fu un vero shock. Negli Stati Uniti la russofobia è più recente; si è consolidata soprattutto nel corso della Guerra Fredda, con la sua cortina di ferro, muro ideologico invalicabile fra comunismo e liberalismo occidentale. Teniamo conto però che la Seconda guerra mondiale l’hanno vinta americani e russi anche grazie a ciò che i primi hanno fatto per i secondi, rifornendoli di armi, logistica e mezzi di trasporto necessari a combattere la Germania nazista. La russofobia è un fatto assolutamente inaccettabile dal punto di vista culturale e politico con risvolti grotteschi: basti pensare che è stato censurato un corso universitario su Dostoevskij, uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi.

Possiamo affermare che con l’invasione dell’Ucraina Putin ha fornito agli americani un’occasione insperata per cercare di mettere Mosca all’angolo? 

Gli Stati Uniti contribuiscono alla fornitura di armi all’Ucraina per ben oltre il 50% e molti esperti americani al Pentagono e alla Casa Bianca spingono nella direzione di un prolungamento della guerra con l’obiettivo di provocare se non una caduta, irrealistica al momento, almeno un logoramento interno ed internazionale della Russia. Un fatto che gli Stati Uniti ritengono necessario in vista della partita a cui sono veramente interessati e che incomincerà a giocarsi a dicembre: da una parte l’incoronazione di Xi Jinping come segretario del Partito Comunista Cinese, dall’altra le elezioni americane di midterm. Mi sembra chiaro che se gli attori primari del conflitto armato sono Putin e Zelensky, la compagine che deve sedersi attorno ad un tavolo non può non includere anche Xi Jinping e Biden. Senza questa giuntura a quattro non si va da nessuna parte. Si tratta dunque di capire se la strategia americana di logoramento della Russia proseguirà, oppure se le cose cambieranno perché il pensiero strategico di Usa e Cina evolverà in un’altra direzione. Questo cominceremo a valutarlo da dicembre.  

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Consulta: niente automatismo sulla sospensione dei genitori, decide il giudice

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Stop all’automatismo che impone la sospensione della responsabilità genitoriale per i genitori condannati per maltrattamenti in famiglia. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 55 del 2025, dichiarando illegittimo l’articolo 34, secondo comma, del Codice penale nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto l’interesse del minore.

Una norma rigida che non tutela sempre i figli

L’automatismo previsto dalla norma, secondo cui alla condanna per maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) segue obbligatoriamente la sospensione della responsabilità genitoriale per il doppio della pena, è stato giudicato irragionevole e incostituzionale. Secondo la Consulta, la previsione esclude qualsiasi valutazione caso per caso e impedisce al giudice di verificare se la sospensione sia effettivamente nell’interesse del minore, come invece richiedono gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

Il caso sollevato dal Tribunale di Siena

A sollevare la questione è stato il Tribunale di Siena, che aveva riconosciuto la responsabilità penale di due genitori per maltrattamenti nei confronti dei figli minori, ma riteneva inadeguato applicare in automatico la sospensione della responsabilità genitoriale. Il giudice toscano ha evidenziato la possibilità concreta che, in presenza di una riconciliazione familiare e di un miglioramento del contesto domestico, la sospensione potesse arrecare un danno ulteriore ai minori.

Il principio: al centro l’interesse del minore

La Corte ha ribadito che la tutela dell’interesse del minore non può essere affidata a presunzioni assolute, bensì deve derivare da una valutazione specifica del contesto familiare e della reale efficacia protettiva della misura. Il giudice penale deve dunque essere libero di stabilire, caso per caso, se la sospensione della responsabilità genitoriale sia davvero la scelta più idonea alla protezione del figlio.

La continuità con la giurisprudenza

La decisione si inserisce nel solco della sentenza n. 102 del 2020, con cui la Consulta aveva già bocciato l’automatismo previsto per i genitori condannati per sottrazione internazionale di minore. In entrambi i casi, si riafferma il principio secondo cui le misure che incidono sulla genitorialità devono essere coerenti con i valori costituzionali e orientate alla tutela concreta del minore.

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Addio a Mario Vargas Llosa, Nobel per la Letteratura: è morto a Lima a 89 anni

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Il mondo della cultura piange la scomparsa di Mario Vargas Llosa (foto in evidenza di Imagoeconomica), uno dei più grandi romanzieri del Novecento e premio Nobel per la Letteratura nel 2010. Lo scrittore peruviano si è spento oggi, domenica, a Lima all’età di 89 anni, circondato dalla sua famiglia, come ha comunicato suo figlio Álvaro attraverso un messaggio pubblicato sul suo account ufficiale di X.

«Con profondo dolore, rendiamo pubblico che nostro padre, Mario Vargas Llosa, è morto oggi a Lima, circondato dalla sua famiglia e in pace».

Una vita tra letteratura e impegno

Nato ad Arequipa il 28 marzo del 1936, Vargas Llosa è stato tra i più influenti autori della narrativa ispanoamericana contemporanea. Oltre ai riconoscimenti letterari internazionali, ha vissuto una vita profondamente segnata anche dall’impegno civile e politico.

Con la sua scrittura tagliente e lucida, ha raccontato le contraddizioni della società peruviana e latinoamericana, esplorando con coraggio e passione temi di potere, ingiustizia e libertà.

I capolavori che hanno segnato la sua carriera

Autore di romanzi fondamentali come “La città e i cani” (1963), durissima denuncia del sistema militare peruviano, e “La casa verde” (1966), Vargas Llosa ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del Novecento. La sua vasta produzione comprende anche saggi, articoli e testi teatrali.

Un addio in forma privata

Come reso noto dalla famiglia, i funerali saranno celebrati in forma privata e, nel rispetto della volontà dell’autore, le sue spoglie saranno cremate. Un addio sobrio, coerente con la riservatezza che ha spesso contraddistinto l’uomo dietro lo scrittore.

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La Campania conquista il mondiale di fisica per studenti: cinque eccellenze campane rappresenteranno l’Italia all’IYPT 2025

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Cinque giovani talenti campani delle scuole superiori rappresenteranno l’Italia all’International Young Physicists’ Tournament (IYPT) 2025, la più prestigiosa competizione mondiale di fisica per studenti delle scuole superiori, che si svolgerà dal 29 giugno al 6 luglio a Lund, in Svezia.

Dopo una severa selezione nazionale, articolata in prove pratiche e orali, sono stati scelti cinque studenti, tutti provenienti da istituti superiori della Campania: il Liceo Mercalli di Napoli e il Liceo Buchner di Ischia. Una vittoria che premia la qualità della formazione scientifica nelle scuole del Sud e conferma il livello di eccellenza raggiunto dalla regione in campo scientifico.

Tra i protagonisti Pierluigi Trani, talento di Ischia

Tra i cinque campioni c’è Pierluigi Trani, studente del terzo anno del Liceo Scientifico Buchner di Ischia, attualmente a Salonicco, in Grecia, per partecipare a un torneo amichevole di preparazione con altri cinque Paesi del sud Europa. Trani si è classificato tra i primi quattro nella fase provinciale dei Campionati di Fisica 2025 a Napoli, risultando l’unico studente ischitano tra i primi dieci. Inoltre, si è distinto a livello nazionale arrivando terzo alle Olimpiadi di Statistica nella sua fascia d’età.

Il giovane fisico non ha intenzione di fermarsi qui: dopo l’esperienza mondiale in Svezia, proseguirà i suoi studi in un prestigioso college londinese, pronto ad accoglierlo per coltivare il suo brillante futuro accademico.

Un team guidato da due docenti campani

A guidare la squadra italiana saranno Gianmarco Sasso e Raffaele Campanile, entrambi docenti del Liceo Buchner di Ischia. I due insegnanti hanno seguito tutte le fasi della selezione e accompagnano i ragazzi nella preparazione per la competizione internazionale. L’IYPT è un torneo con una lunga storia: esiste da 38 anni, ma l’Italia partecipa ufficialmente solo dal 2024, grazie al sostegno dell’associazione “Scienza e Scuola”, con sede nel Meridione. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) ancora non riconosce formalmente la competizione, ma l’entusiasmo e la determinazione di studenti e docenti colmano ogni lacuna istituzionale.

La fisica come passione e riscatto territoriale

L’affermazione della Campania all’IYPT è un segnale forte: il talento scientifico non conosce confini geografici, e può emergere anche in territori spesso penalizzati da scarse risorse e riconoscimenti. I cinque ragazzi selezionati, con il sostegno dei loro docenti e di una rete associativa motivata, porteranno in alto il nome dell’Italia e del Sud Europa, confrontandosi con delegazioni di ben 39 nazioni.

Dal cuore del Sud, un segnale di speranza, competenza e futuro.

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