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Economia

Generali non chiude a Mediobanca, assemblea il 21 agosto

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Generali risponde alla lettera di Mediobanca sull’ops su Banca Generali, con la proposta di estendere gli accordi distributivi già raggiunti dal Leone con la controllata, e si dichiarata disponibile a valutarla e a negoziare. Non prende alcun impegno e non indica i tempi per un’intesa. Ma Piazzetta Cuccia, alla quale bastava “non un disco rosso”, convoca in fretta per il 21 agosto l’assemblea sull’offerta pubblica di scambio che in caso di voto favorevole prevede parta all’inizio di settembre mentre sarà ancora in corso l’ ops del Monte dei Paschi. “Generali conferma l’intenzione di proseguire la valutazione dell’offerta e le discussioni inerenti. In questa fase, prima di formulare una posizione definitiva, Generali si riserva il diritto di continuare a valutare nelle prossime settimane l’offerta e la potenziale partnership industriale nel pieno rispetto dei processi, delle procedure e della tempistica del gruppo”, è la ‘comunicazione’ diffusa al termine del cda del Leone.

Trieste comunica poi l’avvio del buyback da 500 milioni, il primo del nuovo piano, e la semestrale che registra 50,1 miliardi di premi lordi (+0,9%), 4 miliardi di utile operativo (+8,7%), un risultato netto normalizzato di 2,2 miliardi (+10,4%) e un utile netto di 2.152 milioni (+4,9%). Con l’esposizione in Btp italiani salita a 40,6 miliardi. Per il ceo del Leone Philippe Donnet si tratta di “risultati eccellenti” che tuttavia non permettono di fare previsioni sulla seconda parte dell’anno dato il contesto volatile e incerto. Sul tema caldo posto da Mediobanca “non abbiamo preso nessun impegno”, ha chiarito Donnet. “Abbiamo comunicato la nostra disponibilità a interloquire e a negoziare perché siamo interessati a questa opzionalità di partnership con Banca Generali e Mediobanca, ma niente di più”. I tempi per il processo di valutazione già avviato non sono brevi dal momento che per il gruppo assicurativo si tratta di un’operazione con parti correlate.

E’ improbabile che entro il 21 agosto venga messa la firma a un accordo di distribuzione allungato a 10 anni e allargato alla rete di Piazzetta Cuccia, come proposto nella lettera inviata a Trieste. Poco cambia allora rispetto a due mesi fa quando il gruppo Caltagirone aveva chiesto di rinviare a dopo gli accordi di partnership l’assemblea inizialmente prevista per 16 giugno. Piazzetta Cuccia non lo aveva ascoltato ma ha poi deciso all’ultimo di spostare l’appuntamento al 25 settembre con la scusa di consentire l’esame di tutte le implicazione commerciali, economiche e di valore del caso. Il motivo del cambio di programma era tuttavia legato al fatto che mancavano numeri per approvare l’ops. Ora non è detto che il 21 agosto l’esito del voto cambi. Se tuttavia prevarranno sì, l’accordo commerciale che il cda di Mediobanca ha limitato in prima battuta solo al Leone e non a Banca Generali (che si era già sfilata in questa fase) non arriverà in tempo per finire nel documento d’offerta che verrà approvato dalla Consob.

Tale condizione di efficacia, ha deciso il cda di Piazzetta Cuccia, potrà quindi verificarsi entro il penultimo giorno dell’offerta. Stesso discorso per la cancellazione del lockup sulle azioni proprie che Generali riceverà in cambio della quota di maggioranza in Banca Generali. Nel frattempo resta in standby l’accordo con la francese Natixis, non gradito né ai soci privati Caltagirone e Delfin né al governo. I prossimi passi sono rimandati a dopo l’estate, ha confermato Donnet sottolineando che in ogni caso “non c’è nessuna connessione”, fra le due operazioni sebbene riguardino entrambe il risparmio gestito: Mediobanca-Banca Generali e Natixis non sono alternative.

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Economia

Mazda prevede un calo dell’utile dell’82% a causa dei dazi Usa

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Mazda prevede un calo dell’utile netto dell’82,5% a causa dei dazi imposti dall’amministrazione Trump sulle importazioni di auto dall’estero, e si prepara a mettere in atto nuove misure per attenuare l’impatto sulle vendite. Per l’anno fiscale che si conclude a fine marzo la casa automobilistica giapponese (la sede in questa foto di Imagoeconomica) si attende un risultato netto a 20 miliardi di yen (120 milioni di euro), mentre l’utile operativo dovrebbe assestarsi a 50 miliardi di yen, con un calo del 73,1% rispetto alle precedenti previsioni di 230 miliardi di yen.

“Si tratta di un onere estremamente gravoso, realisticamente parlando”, ha dichiarato l’amministratore delegato Masahiro Moro durante una conferenza stampa nella prefettura di Hiroshima, dove ha sede l’azienda. Per mitigare l’impatto dei dazi Mazda adotterà misure quali la modifica delle rotte di spedizione, l’aumento della produzione nel suo stabilimento nello stato americano dell’Alabama e l’adeguamento dei volumi di produzione. Inoltre, secondo il direttore finanziario Jeffrey Guyton, ipotizzando che le esportazioni dal Giappone fossero soggette a un dazio del 15% e quelle dal Messico del 25%, le conseguenze sui risultati di quest’anno rimarranno “piuttosto significative”.

La casa auto nipponica – che ha venduto circa 210.000 veicoli negli Stati Uniti nella prima metà dell’anno – ha un importante stabilimento nello stato messicano di Guanajuato, da cui esporta veicoli nel Paese confinante, e sta cercando di incrementare le vendite del suo suv crossover CX-50. A fronte dell’incertezza relativa ai dazi, in precedenza Mazda aveva sospeso ogni tipo di previsione sui conti di bilancio.

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Economia

Generali apre al dialogo con Mediobanca sull’ops per Banca Generali ma non prende impegni

Generali si dichiara disponibile a valutare l’offerta di Mediobanca su Banca Generali, ma senza impegni. Il 21 agosto assemblea decisiva. Avviato anche buyback da 500 milioni.

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Generali ha risposto alla lettera di Mediobanca sull’offerta pubblica di scambio per Banca Generali dichiarandosi disponibile a valutare l’operazione e a negoziare un’estensione degli accordi distributivi già in essere. Tuttavia, il gruppo triestino non prende alcun impegno né indica tempi precisi per una possibile intesa, mantenendo una posizione attendista.

Assemblea Mediobanca convocata il 21 agosto

Tanto è bastato a Piazzetta Cuccia per convocare rapidamente l’assemblea degli azionisti per il 21 agosto, che potrebbe dare il via libera all’operazione a partire da settembre, in parallelo all’ops su Monte dei Paschi. Generali ha chiarito di voler continuare la valutazione “nel pieno rispetto dei processi, delle procedure e della tempistica del gruppo”.

Buyback da 500 milioni e semestrale in crescita

Il gruppo ha anche annunciato l’avvio di un buyback da 500 milioni, il primo previsto dal nuovo piano industriale, e ha pubblicato i risultati semestrali:

  • Premi lordi a 50,1 miliardi (+0,9%)

  • Utile operativo a 4 miliardi (+8,7%)

  • Risultato netto normalizzato di 2,2 miliardi (+10,4%)

  • Utile netto a 2,15 miliardi (+4,9%)

  • Esposizione in BTP italiani salita a 40,6 miliardi

Il CEO Philippe Donnet (foto Imagoeconomica) ha definito i numeri “eccellenti”, ma ha precisato che l’incertezza del contesto non consente previsioni affidabili per la seconda parte dell’anno.

Donnet: «Nessun impegno, solo disponibilità al dialogo»

Sul fronte dell’ops, Donnet è stato netto: “Non abbiamo preso nessun impegno. Abbiamo comunicato la disponibilità a interloquire e a negoziare, perché interessati alla potenziale partnership con Mediobanca e Banca Generali, ma niente di più”. Il processo richiederà tempo, anche perché l’operazione coinvolge parti correlate e sarà soggetta a ulteriori valutazioni.

Accordo commerciale ancora lontano

L’accordo distributivo proposto da Mediobanca, che prevede un’estensione a 10 anni e l’inclusione della propria rete, difficilmente potrà essere definito entro il 21 agosto. A maggio il gruppo Caltagirone aveva chiesto un rinvio dell’assemblea, non ascoltato. Poi Piazzetta Cuccia aveva posticipato il voto al 25 settembre, ufficialmente per approfondire le implicazioni economiche, ma in realtà per mancanza dei numeri.

Ora si torna in aula il 21 agosto, ma l’esito resta incerto. Se dovesse passare il sì, l’accordo commerciale — limitato per ora a Generali, non a Banca Generali — non farà in tempo a entrare nei documenti per Consob. Sarà una condizione di efficacia da verificare entro il penultimo giorno dell’offerta.

Il nodo Natixis resta in sospeso

Nel frattempo resta in stand-by anche l’accordo con Natixis, giudicato poco gradito sia dai soci privati Caltagirone e Delfin, sia da ambienti governativi. Donnet ha chiarito che le due operazioni non sono collegate: “Non c’è nessuna connessione tra l’accordo con Mediobanca e quello con Natixis. Riguardano entrambe il risparmio gestito, ma non sono alternative tra loro”.

I prossimi passi, ha concluso, saranno valutati dopo l’estate.

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Scattano i dazi Usa, Apple trova l’accordo e si salva

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Prima le lavagne celebrative del Liberation Day, poi le minacce firmate in calce. Infine, la scure. Donald Trump inaugura la nuova stagione dell’America First a colpi di dazi cosiddetti reciproci contro 92 Paesi, con il pendolo che oscillerà dal 10% al Regno Unito fino al 50% riservato a India e Brasile. Lo spartito commerciale cambia su scala globale, ridisegnando anche gli scambi con l’Europa ancora sospesa alla stretta di mano di Turnberry, senza un testo formale a blindare l’aliquota del 15%, con il rebus esenzioni ancora tutto da risolvere e i malumori interni dei Paesi membri. Per la Casa Bianca la linea è tracciata: chi non si adegua, paga. Chi investe, si salva.

Come nel caso di Apple che, con un annuncio da 100 miliardi di dollari in nuovi investimenti negli Stati Uniti (che si sommano ai 500 già programmati) è riuscita a scampare alla blacklist. Una mossa calibrata dal ceo Tim Cook, che segna un riallineamento strategico all’imperativo del tycoon sul reshoring: riportare in patria la produzione chiave di iPhone, MacBook e altri dispositivi, sottraendola alle filiere di Cina, Vietnam e India.

“Un’altra vittoria per l’industria americana”, ha esultato Washington, rivendicando una strategia tariffaria che “ha già catalizzato migliaia di miliardi di dollari in nuovi investimenti”. La nuova stretta protezionista della seconda era Trump prende forma dal 7 agosto con dazi differenziati che, al pari dell’Europa, colpiranno al 15% anche il Giappone. Il Canada si ritroverà a fare i conti con il 35% e ancora più amaro è il destino della Svizzera, raggiunta da una tariffa del 39%. Uno shock che la presidente elvetica Karin Keller-Sutter ha cercato di scongiurare in extremis con una missione diplomatica a Washington, affiancata dai vertici dell’economia svizzera, a partire dalla big pharma Roche.

Il confronto con il segretario di Stato Marco Rubio è stato definito “amichevole”, ma all’orizzonte non sembrano esserci svolte. Il colpo più duro resta tuttavia quello inferto a India e Brasile. Tanto che Brasilia – finita nel mirino per il processo giudicato “feroce” dal tycoon a carico dell’ex presidente Jair Bolsonaro per il tentato golpe del 2022 – ha deciso di portare il dossier al Wto. Delhi sconta invece il prezzo della complicità con Mosca con una scure che finirà per colpire anche le linee produttive di Apple ancora attive nel subcontinente. Alla stregua di Cupertino, dalle promesse d’investimento in energia e industria a stelle e strisce – per oltre mille miliardi di euro – passa anche la sorte del patto europeo di Turnberry.

A Bruxelles si è sperato a lungo nel via libera di Washington al documento congiunto per dare una prima forma all’intesa al 15% prima dell’entrata in vigore delle nuove tariffe, che manterranno l’aliquota del 50% su acciaio e alluminio. Ma il clima, nelle ultime ore, è apparso tutt’altro che incoraggiante, con fonti diplomatiche che hanno definito i negoziati “estenuanti”. Se per il nuovo ordine esecutivo del tycoon sulle auto Ue, che porterà i dazi giù dal 27,5 al 15%, ci sarà da aspettare probabilmente ancora “qualche giorno”, il pressing per ottenere esenzioni resta alto. Gli unici capitoli che sembrano già blindati riguardano aerei e componentistica, una selezione di farmaci generici e i macchinari ad alta tecnologia come quelli per la produzione di microchip. Ancora tutte da negoziare invece le deroghe per l’agroalimentare e il settore vinicolo e dei liquori, fiore all’occhiello dell’export europeo e italiano.

Il governo “farà il possibile per difendere i propri interessi nazionali”, è tornata ad assicurare la premier Giorgia Meloni, ricordando che molti dei prodotti italiani “non sono sostituibili da omologhi Usa, perché unici nel loro genere”. Un’argomentazione rafforzata anche dal monito di 57 organizzazioni statunitensi del comparto degli alcolici – che rappresentano anche i marchi continentali Campari, Pernod Ricard e Diageo – riunite nella Toasts Not Tariffs Coalition – rivolto direttamente a Trump: i dazi del 15% su vino e liquori europei, nelle loro stime, rischiano di mandare in fumo 2 miliardi di dollari di export e mettere a repentaglio 25mila posti di lavoro negli Stati Uniti.

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