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Gaza, al terzo giorno di guerra arriva il cessate il fuoco

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Al terzo, sempre piu’ intenso, giorno di guerra. arriva il cessate il fuoco. L’Egitto e’ riuscito a mediare la tregua tra la Jihad islamica e Israele che, secondo fonti della fazione palestinese, entrera’ in vigore alle 23.30 (le 22.30 in Italia), anche se da Israele al momento non c’e’ conferma. Il premier Yair Lapid ha tuttavia convocato per questa sera una consultazione al ministero della difesa di Tel Aviv con il ministro della difesa Benny Gantz , il capo di Stato maggiore gen. Aviv Kochavi, il capo del Mossad David Barnea, il capo dello Shin Bet Ronen Bar. A far capire da questo pomeriggio che qualche cosa si stava muovendo sono state varie fonti, sia egiziane sia israeliane, che parlavano di un cessate il fuoco per le 20.00 (le 19 in Italia), anche se mancavano ancora dettagli e definizioni. E in questo senso andavano anche le dichiarazioni attribuite a Lapid. Gli obiettivi della operazione ‘Breaking Dawn’- aveva detto – “sono stati raggiunti”. Poi, parlando ai leader delle zone ebraiche intorno alla Striscia (le piu’ colpite dai razzi e dai colpi di mortaio della Jihad) ha aggiunto che “non c’e’ alcun beneficio nel continuare l’operazione”. Infine il comunicato della Jihad che ha confermato l’accordo. Punto decisivo – secondo i media – e’ l’impegno del Cairo per “il rilascio dei due prigionieri Bassem al-Saadi and Khalil Awawdeh”. Il primo, leader della fazione nei Territori, e’ stato arrestato da Israele in Cisgiordania nelle settimane scorse: arresto che ha dato il via alle minacce della Jihad contro lo stato ebraico. Sul campo – fino all’annuncio dell’accordo – la situazione e’ stata quella di una guerra come nei due giorni precedenti tra razzi e raid. Pur con Hamas ancora assente e con la festa ebraica di Tisha beAv a Gerusalemme che invece si e’ svolta senza complicazioni. Lo stesso Fronte del Comando interno israeliano ha fatto presente – a fronte delle voci su una possibile tregua – che “non e’ finita finche’ non e’ finita” ed ha invitato i cittadini a stare a portata di mano dei rifugi. “L’ultimo razzo puo’ fare danni – ha avvertito – come il primo”. A Gaza – da stamattina senza internet – i morti sono arrivati, secondo il ministero della sanita’ locale, ad almeno 40 e i feriti ad oltre 300. In due attacchi separati nel centro di Gaza city e a nord est ci sono stati 8 morti e tra questi, secondo l’agenzia Maan, quattro bambini. Ma Israele ha contestato di non aver responsabilita’ per questi due attacchi che invece ha attribuito – come ieri accaduto nel campo profughi di Jabalya (5 morti) – a razzi difettosi della Jihad. Nella Striscia, solo a stamattina, gli attacchi israeliani hanno colpito oltre 140 tra postazioni militari della Jihad, tunnel e siti di lancio di razzi. Su Israele si e’ rovesciata, anche oggi, una pioggia di razzi e colpi di mortaio. Nel mirino della Jihad sono finite per la prima volta le aree di Gerusalemme e di Beersheva (all’inizio del Negev) e, ancora, Tel Aviv. Senza contare le zone israeliane a ridosso della Striscia che stanno subendo gli attacchi maggiori con la popolazione costretta in pratica nei rifugi. Secondo gli ultimi dati dell’esercito, ad oggi, si contano circa 1000 tra razzi e colpi di mortaio. Di questi 800 sono entrati in Israele e 350 sono stati intercettati dall’Iron Dome con gli altri finiti in zone deserte o in mare. La percentuale di intercettamento e’ stata del 95%. Ma in alcuni casi, come ad Ashkelon, sono stati colpiti edifici ma senza vittime. Anche i concorrenti del Grande Fratello – la Casa e’ vicina Gerusalemme – per la prima volta sono dovuti ricorrere ai rifugi. Israele – che anche oggi ha arrestato 20 membri della Jihad in Cisgiordania – ha rivendicato di aver eliminato i capi militari dell’organizzazione a Gaza. Dopo l’uccisione di Tayassir Jaabar, comandante della zona nord della Jihad, oggi ha colpito Khaled Mansour comandante della zona sud e anche il responsabile dell’unita’ missilistica delle Brigate Al-Quds – ala militare della Jihad – Raafat al-Zamili.

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Sindaco Istanbul Ekrem Imamoglu contro Erdogan: Hamas è un gruppo terroristico

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Il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, il principale rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, definisce Hamas “un gruppo terroristico” e afferma che la Turchia è stata “profondamente rattristata” dal massacro del 7 ottobre. Intervistato dalla Cnn, il primo cittadino della metropoli turca spiega che “qualsiasi struttura organizzata che compie atti terroristici e uccide persone in massa è da noi considerata un’organizzazione terroristica”, aggiungendo però che crimini simili stanno colpendo i palestinesi e invita Israele a porre fine alla sua guerra contro Hamas.

Il governo turco di Erdogan sostiene apertamente Hamas, ha duramente criticato l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il leader turco ha paragonato le tattiche del primo ministro Benyamin Netanyahu a quelle di Adolf Hitler e ha definito Israele uno “stato terrorista” a causa della sua offensiva contro Hamas a Gaza.

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Usa: sondaggio “Cnn”, Trump in vantaggio su Biden di 6 punti a livello nazionale

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A poco meno di sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump gode del sostegno del 49 per cento degli elettori, in vantaggio di sei punti percentuali sul suo successore Joe Biden, fermo al 43 per cento. Lo indica l’ultimo sondaggio pubblicato dall’emittente “Cnn” ed effettuato dall’istituto Ssrs. Rispetto alla precedente rilevazione condotta lo scorso gennaio, il candidato repubblicano e’ rimasto stabile, mentre l’attuale presidente ha perso il due per cento del proprio consenso. Soprattutto, e’ in miglioramento l’idea che gli elettori hanno degli anni della presidenza Trump. Ora il 55 per cento degli statunitensi considera “un successo” la sua amministrazione, contro il 44 per cento che la definisce “un fallimento”.

Nel gennaio del 2021, pochi giorni dopo l’insediamento di Biden, era il 55 per cento a considerare un fallimento la presidenza di Trump. Al contrario, il 61 per cento ritiene che la presidenza Biden sia stata un fallimento, mentre il 39 per cento la definisce “un successo”. Il sondaggio mostra anche come i repubblicani siano piu’ convinti dell’idea che la presidenza Trump sia stata un successo (92 per cento) rispetto a quanto gli elettori democratici abbiano la stessa opinione della presidenza Biden (solo il 73 per cento). Tra gli indipendenti, l’amministrazione Trump e’ guardata con favore dal 51 per cento, contro il 37 per cento che ha opinione positiva dell’attuale presidenza. Poi vi e’ un 14 per cento che considera un fallimento entrambe le esperienze, e un 8 per cento che invece ritiene un successo sia la presidenza di Donald Trump che quella di Joe Biden.

Il sondaggio rileva anche come il 60 per cento degli elettori disapprovi l’operato dell’attuale presidente e come il tasso di approvazione, attualmente al 40 per cento, sia al di sotto del 50 per cento anche su materie quali le politiche sanitarie (45 per cento) e la gestione del debito studentesco (44 per cento). A pesare sull’opinione che i cittadini Usa hanno di Biden e’ soprattutto la gestione della crisi a Gaza (il 71 per cento disapprova), in particolare nel caso degli under 35 (tra questi e’ l’81 per cento a esprimere valutazione negativa). Non molto meglio il giudizio degli elettori sull’operato della Casa Bianca in economia (solo il 34 per cento approva), tema che il 65 per cento degli intervistati considera “estremamente importante” per il voto di novembre.

Tra questi ultimi, il 62 per cento ha intenzione di votare Trump, il 30 per cento Biden. In generale, il 70 per cento degli elettori si lamenta delle attuali condizioni economiche del Paese, e il 53 per cento si dice insoddisfatto della propria situazione finanziaria. Tale insoddisfazione sale soprattutto tra gli elettori a basso reddito, tra le persone di colore e tra i piu’ giovani. L’impressione per entrambi i candidati resta per lo piu’ negativa (il 58 per cento ha opinione negativa di Biden, il 55 per cento di Trump) e il 53 per cento e’ insoddisfatto delle opzioni a disposizione sulla scheda elettorale il prossimo novembre.

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Sconosciuti uccidono sette giovani nel sud dell’Ecuador

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Sette giovani, che la polizia sospetta facessero parte di una banda dedita al furto di veicoli, sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco da sconosciuti a Petrillo, località del sud dell’Ecuador. Secondo una prima ricostruzione dell’accaduto, riferisce il portale di notizie Primicias, sei dei giovani, tutti fra i 15 e i 21 anni, sarebbero caduti in un’imboscata mentre stavano riportando una moto rubata al proprietario per incassare il riscatto. Il cadavere di un settimo giovane è poi stato ritrovato ore dopo poco lontano dal luogo del massacro. Gli inquirenti hanno comunicato che praticamente tutte le vittime avevano precedenti penali per furti di vario genere, ed in particolare di veicoli, formulando l’ipotesi che le persone che hanno sparato da un’auto sarebbero membri di una banda rivale o residenti del luogo stanchi delle ripetute estorsioni.

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