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Folla a funerali di Giogiò, il Vescovo di Napoli don Mimmo Battaglia: siamo tutti colpevoli

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Oggi Napoli, tutta intera, ha pianto. Si è quasi abbracciata intorno ad una bara bianca, quella di Giovanbattista Cutolo, ucciso a 24 anni da un ragazzino di 17 per un parcheggio. Piazza del Gesù Nuovo, nel cuore della città, era gremita. La chiesa, dove sono stati celebrati i funerali, era gremita. E quando il vescovo don Mimmo Battaglia ha sferzato tutti, quando ha detto che “nessun adulto di questa città può dirsi assolto”, quando si è rivolto a Giogiò chiedendo perdono, “perché quella mano l’abbiamo armata anche noi, con le promesse non mantenute”, è stato in quel momento che in tanti hanno abbassato lo sguardo. E forse Napoli, oggi, si è sentita colpevole. La musica di Giovanbattista, quella che lui tanto amava da promessa dell’orchestra Scarlatti, oggi ha accompagnato ogni singolo passo del suo addio. I suoi amici, la sua mamma, hanno indossato una maglietta con la scritta ‘Giogiò vive’ e con il suo strumento, il corno, che oggi era sulla sua bara, anziché tra le sue mani.

Daniela Di Maggio, la mamma, per tutto il tempo non ha fatto che chiedere questo: “Giustizia”. Ha chiesto “l’ergastolo per quel balordo” e ha urlato quando le è stato chiesto se avesse mai perdonato il 17enne che ha ucciso suo figlio. Domani andrà dalla premier Meloni, le dirà che l’omicidio di Giogiò “è stato un crimine contro l’umanità” e che per questo “deve servire per il riscatto dell’umanità”. La sorella Ludovica, il suo dolore, la sua rabbia l’ha affidata a una lettera: “Napoli sei tu, non è Mare Fuori, Gomorra, il boss delle cerimonie”, ha scritto nero su bianco. Il papà, gli amici, non hanno quasi mai smesso di tenersi per mano. In chiesa c’erano anche i ministri Piantedosi e Sangiuliano, il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, il sindaco di Napoli Manfredi, gli ex ministri Speranza e Costa, il prefetto di Napoli, tra gli altri.

Ma anche artisti e scrittori come Franco Ricciardi, Maurizio De Giovanni, Marco Zurzolo. Sull’altare il vescovo don Mimmo Battaglia ha dovuto fermarsi più volte durante l’omelia, per la sua emozione e per gli applausi dei cittadini. È stato duro, don Battaglia, con tutti. Ed è stato duro anche con se stesso: “Accetta la mia richiesta di perdono! Perché sono colpevole anche io! Fin dal primo giorno dell’arrivo in questa città mi sono reso conto dell’emergenza educativa e sociale che la abitava e ho cercato di adoperarmi con tutto me stesso. Forse avrei dovuto non solo appellarmi ma gridare fino a quando le promesse non si fossero trasformate in progetti e le parole e i proclami in azioni concrete”.

“Perdonaci tutti Giogiò, perché quella mano l’abbiamo armata anche noi, con i nostri ritardi, con le promesse non mantenute, con i proclami, i post, i comunicati a cui non sono seguiti azioni, con la nostra incapacità di comprendere i problemi endemici di questa città che abitata anche da adolescenti, poco più che bambini, camminano armati, come in una città in guerra”, ha aggiunto. Don Mimmo Battaglia ai giovani di Napoli ha chiesto di restare, non di scappare, e di operare “una rivoluzione di giustizia e di onestà”. I “silenzi che fanno male sono ancora troppi”, ha detto dall’altare. Gli applausi della gente hanno accompagnato tutte queste parole. E quando la bara bianca di Giogiò è uscita dalla chiesa sulle note dell’Inno alla gioia, la piazza, il dolore, sono quasi esplosi. È stato urlato il suo nome, è stata urlata la parola giustizia. Ed è stato detto anche basta a tutta questa violenza, almeno oggi.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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