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Fiera Hospital di Milano, ancora 8 milioni spesi nell’ospedale anticovid che non ha quasi mai funzionato

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Per l’ospedale in Fiera di Milano la Regione Lombardia spenderà ancora quasi 8 milioni di euro per acquistare le attrezzature sanitarie necessarie per rendere operativi i potenziali 221 posti di terapia intensiva della struttura.  Insomma al momento, ci si passi la battuta, con l’emergenza sanitaria più o meno alle spalle, quello di Milano sembra sempre più un ospedale in fieri che un ospedale in Fiera. Che cosa possiamo dire di questa struttura nata sull’onda dell’emergenza covid? Che non ospita alcun paziente da settimane e che l’hub è destinato a rimanere alla Fiera Portello per i prossimi 24 mesi. Questo significa che almeno per i prossimi due anni non se ne parla proprio di progetti di riconversione dell’area.

I quasi 8 milioni al Fiera Hospital si aggiungono ai 17,2 milioni di donazioni, ricevute da privati cittadini e imprese, e già spesi. Come sono stati spesi questi 25 milioni?  Tutto rendicontato, tutto scritto nel “Piano di riordino della rete ospedaliera”.Un Piano che la Regione Lombardia ha già inviato anche al ministero della Salute per spiegare come intende ristrutturare i propri ospedali alla luce dell’emergenza Covid, e per far fronte a un’ eventuale seconda ondata. La Lombardia deve assicurare 0,14 posti letti di terapia intensiva (Ti) ogni mille abitanti. Così è previsto dal decreto 34 del 19 maggio 2020. Dunque la Regione deve avere 1.446 letti di intensiva e 704 di semi intensiva. Sono numeri che consentono di affrontare una malaugurata seconda ondata epidemica autunnale. La Regione ha elaborato un piano di investimenti da 222.492.252 milioni per far fronte non solo alle ristrutturazioni, riconversioni, realizzazione di nuovi reparti ma anche e soprattutto per l’acquisto delle attrezzature mediche necessarie. C’è poi la spesa del personale, ma quello è un capitolo assai costoso che va a parte. Sul capitolo attrezzature sanitarie invece la giunta Fontana caricherà le spese  per il covid center in Fiera. Per l’acquisto delle attrezzature per le Ti di tutti i 34 ospedali lombardi, Regione Lombardia prevede nel piano 27,9 milioni di euro. Solo per Fiera 7 milioni e passa più Iva.

In caso sciagurato di seconda ondata, è intenzione della Regione di concentrare al Portello tutti i pazienti Covid intensivi e sub intensivi “per assicurare una gestione più efficiente, funzionale” e non “polverizzata” dei malati nei vari nosocomi della regione, interessati secondo il piano per almeno due anni da lavori di riorganizzazione e ristrutturazioni varie. C’è poi il capitolo delle carenze del Fiera Hospital e sono tante e tutte serie da superare se si vuole che funzioni davvero bene: la mancanza di sale operatorie, di un pronto soccorso, della specialistica. Poi c’è la questione dei bagni per i degenti e la  distanza fisica da un ospedale vero e proprio. La terapia intensiva da sola non serve a niente. Il covid center in Fiera dista al Policlinico di Milano, l’ospedale di riferimento, quasi 10 chilometri. Come ovviare a questo problema serio? Acquistando – con fondi del Governo – nuovi mezzi per “il trasporto sanitario inter-ospedaliero dei pazienti con necessità di assistenza qualificata”. Nel Piano c’è scritto: 10 nuovi mezzi MSA2 (mezzo di soccorso avanzato); 2 nuovi MSA1 e 2,5 veicoli MSB (mezzo di soccorso di base).
Quanto costerà, a regime, il Fiera Hospital di Milano? Difficile dirlo.  Per ora sono stati spesi 17,2 milioni di donazioni private per opere civili destinate a rimanere alla Fiera e a essere smontate una volta conclusa l’emergenza; una cifra ancora non quantificata per le attrezzature mediche già presenti (che, sebbene date in comodato d’ uso o regalate dai privati, sono state comunque pagate da qualcuno) e ora questi ulteriori 7 milioni di euro. A tutto ciò aggiungete che per ogni reparto di terapia intensiva occorrono medici specializzati e infermieri specializzati per farli funzionare bene. Insomma, per ora a Milano, città dell’efficienza, l’unica cosa certa è che non vi è certezza della spesa per questo covid center e non vi è chiarezza su come funzionerà.

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AstraZeneca ammette: vaccino contro Covid-19 può causare trombosi

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L’azienda biofarmaceutica internazionale AstraZeneca ha ammesso per la prima volta che uno degli effetti collaterali del suo vaccino contro il Covid-19 può essere la sindrome da trombosi con trombocitopenia (TTS). Lo ha scritto il Telegraph, citando documenti di tribunale. È stata presentata un’azione legale collettiva contro l’azienda perché il vaccino, sviluppato insieme all’Università di Oxford, ha causato danni gravi o fatali a diversi pazienti, si legge nel comunicato.

“Il vaccino può causare, in casi molto rari, una sindrome da trombosi con trombocitopenia (Tts). Le cause sono sconosciute”, si legge in un estratto di un documento fornito dall’azienda a un tribunale lo scorso febbraio. Secondo i media, sono state presentate 51 richieste di risarcimento all’Alta Corte di Londra, in cui le vittime e le loro famiglie chiedono danni per circa 125 milioni di dollari. La sindrome da trombosi con trombocitopenia causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine, ha spiegato il quotidiano.

La prima richiesta, spiega l’articolo, è stata presentata l’anno scorso da Jamie Scott, che, dopo la somministrazione del vaccino nell’aprile 2021, ha sviluppato un coagulo di sangue e un’emorragia cerebrale, che avrebbe causato danni permanenti al cervello. Viene citato anche il caso della famiglia di Francesca Tuscano, una donna italiana morta nell’aprile 2021 dopo essere stata vaccinata contro il coronavirus. La famiglia della 32enne si è rivolta a un medico legale e a un ematologo, che hanno stabilito che “la morte della paziente può essere attribuita agli effetti collaterali della somministrazione del vaccino Covid-19”. La donna è deceduta per trombosi vascolare cerebrale il giorno successivo alla somministrazione del farmaco di AstraZeneca.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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