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FI tenta blitz in Parlamento su intercettazioni, stop FdI

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Forza Italia tenta il doppio affondo sulle intercettazioni in Parlamento. Ma, alla fine, alla Camera, ci ripensa e su minaccia del governo di dare parere contrario, ritira l’emendamento cardine: quello che limita le intercettazioni ambientali e l’uso del Trojan solo ai reati di mafia e terrorismo, droga e traffico di migranti. Eliminandolo per altri reati come quelli contro la Pubblica Amministrazione. Tutto comincia la settimana scorsa quando il capogruppo in Commissione Giustizia della Camera, Tommaso Calderone, presenta un pacchetto di proposte di modifica al decreto omnibus che contiene anche norme di procedura penale. L’idea, che secondo quanto si apprende nella maggioranza, avrebbe avuto la regia del vice ministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, puntava a far passare la linea di FI sulle intercettazioni. Senza ulteriori tentennamenti. Ma contro gli emendamenti forzisti sarebbe arrivato il no di FdI e, su alcuni, anche quello della Lega. Alla fine di un lungo braccio di ferro, lo stesso Sisto sembra che abbia dovuto rivedere le proprie posizioni avvertendo Calderone che il parere sulla proposta di modifica ‘cardine’ (l’1.23) sarebbe stato negativo. Da qui, la decisione del deputato di ritirarlo, mentre gli altri sono stati accantonati.

Probabilmente per arrivare ad un compromesso in vista del voto definitivo delle varie proposte di modifica che dovrebbe avvenire nelle prossime 24 ore. FI però mantiene il punto al Senato, dove, in Commissione Giustizia fa delle aggiunte alla Relazione, presentata dalla presidente Giulia Bongiorno a conclusione dell’indagine conoscitiva sulle intercettazioni, che fa andare su tutte le furie parte dell’opposizione. Il parlamentare, citando una recente sentenza della Corte di Giustizia europea, propone di fare “un supplemento di riflessione sulle modalità e condizioni di utilizzo del Trojan per i reati di minore gravità”. Tradotto: FI vuole cancellare la cosiddetta legge “Spazzacorrotti” voluta dal governo Conte, laddove estende l’uso del Trojan anche ai reati contro la P.A.

Il sofisticato sistema di captazione, infatti, all’inizio, era previsto solo nei casi di mafia e terrorismo. Il Pd, che con il M5S e AVS, era pronto a votare la relazione di Giulia Bongiorno, definendola “un giusto compromesso tra le valutazioni emerse nel corso delle audizioni”, alla luce del “blitz” anti-Trojan di FI, organizzato “all’ultimo momento”, decide di dire no e parla di “inaccettabile colpo di mano”. Mentre Iv vota con la maggioranza. “Si tratta di un inutile attacco”, spiega il capogruppo Pd in Commissione Alfredo Bazoli, “buono solo per la propaganda elettorale” visto che durante l’indagine conoscitiva “abbiamo scoperto che il Trojan è usato nel 3% delle intercettazioni” e che gli ‘ascolti’ diminuiscono di anno in anno: le persone intercettate “sono state il 67% in meno nel 2021 rispetto al 2013”. “Nessun colpo di mano dell’ultimo minuto – respinge ogni accusa Zanettin – l’integrazione della Relazione si è resa necessaria alla luce della sentenza della Corte di Giustizia del 7 settembre scorso che, come osservato dai commentatori più attenti sul piano giuridico, impone al legislatore del nostro paese un ‘supplemento di riflessione”. “In ogni caso – spiega Bongiorno – si tratta di una Relazione che indica dei percorsi che potranno essere seguiti per un’ampia riforma e credo che già questo sia un importante traguardo”.

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Sondaggi: Swg; FdI al 28,6%, Pd al 19,4% e M5s al 16,4%

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FdI scende al 28,6% (-0,4%), il Pd è stabile al 19,4%, il M5s perde lo 0,2% attestandosi al 16,4, stesso calo per la Lega al 9,4%. FI sale dello 0,1%) e raggiunge quota 7%, Azione va al 3,8% (+0,1), Avs al 3,6% (+0,1), Iv guadagna lo 0,2% arrivando al 3,3%, mentre +Europa perde lo 0,2% e scende al 2,6. Sono alcuni dei risultati dell’ultima indagine sulle intenzioni di voto realizzata da Radar Swg, che compara i dati con quelli del 20 novembre. Per l’Italia con Paragone sta all’1,6%(-0,1), Unione Popolare all’1,4% (+0,2), Noi Moderati all’1,1% (+0,1).

NOTA METODOLOGICA: Il metodo di rilevazione dell’indagine, condotta dal 22 al 27 novembre, è Cati-Cami-Cawi su un campione di 1200 soggetti maggiorenni.

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Pagelle per i magistrati, ma il Governo rilancia e studia anche test attitudinali

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Il governo punta a introdurre i test psico-attitudinali per l’ingresso in magistratura. Potrebbe servire del tempo, ma quella è la direzione a cui si guarda a Palazzo Chigi. Intanto l’ipotesi è stata messa sul tavolo senza però essere inserita nei due decreti legislativi varati dal Consiglio dei ministri per portare avanti la riforma della giustizia. Uno scenario che inevitabilmente aggiunge materia di discussione sul fronte fra esecutivo e magistratura, tornato caldo dopo le dichiarazioni di Guido Crosetto sul rischio di una “opposizione giudiziaria”. L’opposizione vera, quella parlamentare (al netto di Azione che ne “sottoscrive” le parole), chiede che il ministro riferisca in Aula alla Camera al più presto, e anche dall’Associazione nazionale magistrati lo esortano a fugare “sospetti e ombre: non deve lasciare che le sue parole cadano nel vago”.

I test psico-attitudinali ci sono già a cadenza periodica per tutte le forze dell’ordine, nota una fonte di governo qualificata, chiarendo che l’intenzione del governo è di estenderla ai pubblici ufficiali con alti incarichi di responsabilità “da cui dipende la libertà dei cittadini, come appunto i magistrati: è una questione di buonsenso”. L’ipotesi lanciata dal sottosegretario Alfredo Mantovano nella riunione preparatoria con i tecnici non ha trovato per ora spazio nei due decreti legislativi: uno rivede il sistema di valutazione dei magistrati (se non è positiva, o negativa, si riducono le ipotesi di dispensa dal servizio, ma con penalizzazioni economiche e di carriera), l’altro una stretta alla disciplina del collocamento fuori ruolo delle toghe, con il limite a sette anni. Non è la prima volta che si parla di test psicologici. Anche in magistratura c’è stato un confronto su sistemi da affiancare al concorso, ma non si è mai trovata una soluzione e il tema ha creato spesso tensioni fra toghe e politica.

Fibrillazioni significative da mesi, soprattutto dopo la dura presa di posizione a luglio di Palazzo Chigi dopo l’imputazione coatta di Andrea Delmastro (mercoledì c’è l’udienza davanti al gup di Roma per il sottosegretario indagato per rivelazione di segreto d’ufficio). Nessuno scontro governo-magistratura, assicurano in ambienti di FdI che fanno notare: “un governo guidato da noi non può che essere al fianco dei servitori dello Stato, magistrati compresi”. Ma le parole di Crosetto hanno lasciato il segno. “Mi raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a ‘fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni'”, ha affermato nell’intervista di cui – è la convinzione diffusa nel governo – la premier non poteva non essere al corrente. In ambienti di FdI si riconduce tutto al video – pubblicato sul sito di Radio Radicale – del Congresso nazionale di Area democratica per la giustizia, che si è tenuto il primo ottobre.

“Toccherà a noi tenere accesa la luce quando il buio si farà più fitto”, la conclusione della mozione votata dal gruppo di magistrati. Nelle ultime ore il ministro della Difesa ha spiegato che la sua era “una preoccupazione, non un attacco” Poi ha aggiunto: “se interessati, incontrerei molto volentieri il presidente dell’associazione Magistrati Santalucia ed il suo direttivo per chiarire loro le mie parole e le motivazioni. Così capiranno che alla base c’è solo un enorme rispetto per le istituzioni. Tutte. Magistratura in primis”. Ma l’idea di una giustizia a orologeria si diffonde nel centrodestra, dove qualcuno guarda con preoccupazione, ad esempio, alla messa a terra del Pnrr. “Crosetto ha ragione, la magistratura in Italia, non tutta però gran parte, ha sempre dimostrato che il centrodestra, quando è forte deve essere colpito”, la bordata del vicesegretario della Lega Andrea Crippa, mentre da Forza Italia sottolineano soprattutto la necessità di procedere con la separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri. E in questo momento decisamente caldo rispunta l’idea dei test psico-attitudinali, accarezzata a suo tempo anche da Silvio Berlusconi.

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Report,la società di Gasparri e l’uomo delle conferenze di Renzi

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Report ha diffuso sui social una clip con nuovi contenuti dell’inchiesta relativa a Maurizio Gasparri e alla Cyberealm, la società che si occupa di sicurezza informatica di cui il capogruppo di FI al Senato è presidente. Stando alla ricostruzione del programma – che tornerà sul caso domenica prossima su Rai3 – nel 2022 la società presieduta da Gasparri chiude il bilancio con un guadagno record di oltre 800mila euro. Merito della trattativa conclusa con SM4, gruppo francese che nel 2022 compra parte delle quote che Cyberealm ha in Atlantica Cyber Security, una società che si occupa di sofisticati sistemi di sicurezza informatica.

Un’operazione, secondo Report, anomala perché azioni della stessa società erano state vendute solo pochi mesi prima a un valore 48 volte inferiore. Sotto l’atto di compravendita – sostiene il programma – la firma di Carlo Torino, rappresentante del gruppo Atlantica, di cui Report si era già occupato in passato: è lo stesso imprenditore sui cui conti nel 2020 erano transitati i soldi per pagare una conferenza di Matteo Renzi negli Emirati Arabi. Nel filmato anche un frammento dell’intervista a Gasparri. “No, sono stato informato, non mi sono affatto occupato. A cose avvenute mi hanno informato di questa che non è materia che compete la mia funzione”, risponde l’ex ministro alla domanda del giornalista Carlo Tecce. “Non conosce questo fondo francese?”, gli viene chiesto. “Non mi occupo di questi aspetti, non rientrano in quelle che sono le mie competenze”, la replica di Gasparri. E sul nome di Carlo Torino dice: “Non so niente”. Nel 2020 una società di Torino – si ricorda nella clip – aveva ricevuto un bonifico di 75mila euro dall’ex portavoce di Donald Trump, per retribuire una conferenza di Renzi negli Emirati Arabi. Di lui e di questa vicenda, poi archiviata dalla magistratura, Report si era già occupata in passato.

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