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‘Falla ubriacare’, poi in sette la violentano a Palermo

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“Falla ubriacare, poi ci pensiamo noi”. E’ iniziata in questo modo, a Palermo, la notte da incubo di una diciannovenne, violentata da sette giovani, finiti in manette a oltre un mese di distanza dai fatti, avvenuti la notte del 7 luglio. L’invito a far bere la ragazza era rivolto da uno degli indagati all’oste, un ambulante che vendeva alcol nel quartiere della Vucciria, sede di uno dei mercati storici del capoluogo siciliano che a sera viene preso d’assalto dal popolo della movida. La ragazza, poco dopo, è stata condotta dai sette, tutti giovani di età compresa tra i 18 e i 22 anni ad eccezione di uno all’epoca dei fatti minorenne, in una zona appartata del Foro Italico e ripetutamente violentata.

Due cocktail e un po’ di cicchetti hanno reso inerme e indifesa la giovane, che ha percorso a fatica la strada dalla Vucciria fino al luogo delle violenze, di fronte al tratto di mare dove s’interrompe il porticciolo turistico della Cala e inizia la degradata area della costa Sud. I sistemi di videosorveglianza della zona hanno immortalato il gruppo; immagini crude che inchioderebbero i responsabili dello stupro collettivo. Si vedono chiaramente la ragazza, al centro, due che la sorreggono e gli altri cinque attorno mentre s’avviano sul posto dove sono avvenute le violenze, una zona appartata del Foro Italico.

“Non avevo idea di dove mi stessero conducendo – ha raccontato la vittima ai carabinieri -. Mi hanno risposto: ‘lo sappiamo noi'”. Durante il tragitto la ragazza ha cercato di attirare l’attenzione dei passanti: “Ho chiesto aiuto, ma nessuno ha compreso quello che stava succedendo”. Una volta arrivati nella zona isolata del Foro Italico, nei pressi di un cantiere edile, si è consumata la violenza di gruppo. Il racconto è raccapricciante: “Ho gridato basta, basta, ma loro ridevano. ‘Tanto ti piace’, mi urlavano”. Uno dei partecipanti ha anche filmato con il proprio cellulare la violenza, probabilmente per diffonderla; ma successivamente avrebbe cancellato il video per paura che la giovane potesse denunciarlo. Dopo le violenze, la vittima è stata rivestita e abbandonata in strada. Alcuni passanti l’hanno soccorsa e hanno chiamato il fidanzato della ragazza, che si è subito precipitato per portarla in ospedale. Qui i medici del reparto di ginecologia del Policlinico hanno confermato la violenza e hanno chiamato i carabinieri. Dalle loro indagini si è arrivati agli arresti.

Tre persone erano già finite in manette nei giorni scorsi, le altre quattro stamane. Tutti sono accusati di violenza sessuale di gruppo. Le indagini, condotte dai carabinieri di piazza Verdi, sono partite dopo la denuncia della vittima. I sette arrestati sono finiti in manette in due riprese. I primi tre il 3 agosto, per ordine del Gip Clelia Maltese. Sono Angelo Flores, 22 anni; Gabriele Di Trapani, 19 anni e Cristian Barone, 18 anni. Gli altri sono stati arrestati stamattina dai carabinieri in esecuzione di un’ordinanza del Gip: Andrea Innocenti e sono Christian Maronia, 19 anni; Samuele La Grassa, 20 anni e Elio Arnao, 20 anni. Il settimo arrestato al momento dell’accaduto era ancora minorenne. Ha compiuto 18 anni meno di un mese fa. Gli investigatori hanno acquisito anche alcuni messaggi che i protagonisti dello stupro di gruppo si sono scambiati all’indomani delle violenze: “Ieri sera se ci penso un po’ mi viene lo schifo…” scrive uno di loro. Anche se l’ombra del pentimento viene subito cancellata da una frase orribilmente oscena. (

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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