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Evitato shutdown negli Usa, ma niente fondi all’Ucraina

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Svolta a sorpresa negli Stati Uniti. Lo shutdown evocato per settimane è stato evitato all’ultimo minuto grazie ad un compromesso tra repubblicani moderati e democratici. Salvati milioni di cittadini americani che non resteranno senza stipendio, a pagare per l’accordo è l’Ucraina che non riceverà i 6,2 miliardi di dollari chiesti dal presidente Joe Biden. Il primo colpo di scena di una giornata caotica e lunga a Capitol Hill è arrivato a meno 12 ore dalla paralisi del Paese quando lo speaker della Camera Kevin McCarthy, dopo una riunione a porte chiuse con i suoi alleati, ha annunciato che avrebbe messo al voto un’altra legge tampone che potesse regalare altri 45 giorni di tempo per trovare un accordo sul budget. La misura consente alle casse delle agenzie federali di continuare a ricevere fondi almeno fino a metà novembre; prevede circa 16 miliardi di dollari per la gestione delle emergenze e la ricostruzione, ma cancella gli aiuti all’Ucraina.

“La Russia ha sbagliato ma sugli aiuti a Kiev dobbiamo individuare un piano, una strategia. E la Casa Bianca deve condividerlo con noi”, ha commentato McCarthy che da quando si è insediato ha accusato Biden di “staccare assegni in bianco” al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Prima del voto, per i democratici questo era un punto fondamentale, una delle ragioni per cui la precedente legge tampone dello speaker repubblicano era stata bocciata a larga maggioranza da entrambi i partiti solo due giorni fa. Questa volta qualcosa è cambiato ed è possibile che il presidente abbia mandato un messaggio a deputati e senatori del suo partito.

Fonti dell’amministrazione hanno rivelato che la Casa Bianca considera la misura la migliore possibile, date le circostanze, perché “mantiene aperto il governo federale, prevede aiuti in caso di calamità e non contempla forti tagli ai programmi dell’amministrazione”. Quanto al sostegno all’Ucraina, rivela la fonte, Biden si aspetta che McCarthy lo garantisca attraverso altri provvedimenti ma la preoccupazione per l’andamento della guerra senza gli aiuti americani, soprattutto al Pentagono, c’è. Venerdì sera, alla vigilia del voto, il sottosegretario alla Difesa, Michael McCord, ha inviato una lettera al leader della minoranza dem alla Camera Hakeem Jeffries mettendo in guardia sul fatto che “il Dipartimento ha esaurito quasi tutti i finanziamenti disponibili per l’assistenza alla sicurezza per l’Ucraina”.

E’ evidente che i democratici non se la sono sentiti di mettersi contro oltre 1,5 milioni di impiegati federali e oltre due milioni di soldati americani che rischiavano di rimanere senza stipendio per inviare denaro al fronte ucraino. “Oggi vince il popolo americano e gli estremisti Maga perdono”, ha commentato Jeffries dopo il passaggio. Il voto favorevole del partito dell’asinello alla Camera è stato quasi unanime: 335 deputati, tutti tranne il rappresentante dell’Illinois Mike Quigley. Ma dopo questo temporaneo happy end, è stato il Senato a tenere in sospeso gli Stati Uniti con il democratico del Colorado, Michael Bennet, che ha tenuto in ostaggio la Camera alta proprio per il taglio dei fondi all’Ucraina.

Ci vuole infatti il consenso di tutti e cento i senatori per mettere al voto una legge. Dopo ore di complicati negoziati che hanno portato un impegno bipartisan al sostegno a Kiev, il Senato ha dato il via libera alla misura a sole tre ore dall’ora x. Solo 91 deputati del Grand old party hanno approvato l’iniziativa di McCarthy alla Camera, mentre al Senato il voto è stato quasi unanime: 88 voti a favore e nove contrari. Adesso lo speaker trema, nonostante ostenti sicurezza e ai suoi abbia confidato che “gli piace scommettere”. McCarthy si è voluto accreditare con gli americani come un politico serio, dedito al benessere della comunità, ma i 21 ribelli ultraconservatori non gli perdoneranno di aver preferito l’alleanza con il nemico alla distruzione che chiedeva il capo Donald Trump.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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