Delle 317 persone fra i 15 e 35 anni che negli scorsi mesi di settembre e ottobre hanno aderito alla campagna di screening gratuiti sul cheratocono, presso 21 centri specialistici distribuiti su tutto il territorio nazionale, ben l’8% presentava modifiche dell’aspetto corneale che rivelavano la malattia gia’ evidente e mai diagnosticata prima, mentre il 10% mostrava alterazioni riconducibili a un sospetto di cheratocono. “Risultato – quasi 2 persone su 10 che soffrono o potrebbero soffrire di questa malattia – che da’ un’indicazione abbastanza preoccupante”, per Lucio Buratto (Centro Ambrosiano Oftalmico), uno dei promotori della campagna insieme all’Universita’ di Verona, al Centro Nazionale di Alta Tecnologia in Oftalmologia dell’Universita’ di Chieti-Pescara e da Neovision Cliniche oculistiche, nonostante l’adesione sia stata lasciata alla scelta individuale e non abbia dunque le caratteristiche di un campione significativo della popolazione italiana. Il cheratocono e’ una malattia progressiva della cornea che puo’ provocare una riduzione anche molto grave della capacita’ visiva. “Consiste – spiega Buratto – nell’assottigliamento e deformazione della cornea stessa che tende a sfiancarsi protrudendo in avanti, a volte in modo cosi’ evidente da assumere una forma conica”.
Il fatto e’ che generalmente non vi sono disturbi come dolore o infiammazione, ma solo un peggioramento della capacita’ visiva, causato soprattutto dall’astigmatismo irregolare che induce la percezione di un’immagine sfuocata e deformata. Puo’ esordire fin dalla puberta’ e la progressivita’ si arresta dopo i 35-40 anni, ma se non immediatamente diagnosticato e’ difficilmente curabile e nei casi piu’ gravi puo’ richiedere un trapianto di cornea. “Un peccato ritardare la diagnosi – afferma Felicita Norcia (Neovision) – perche’ oggi con un trattamento para-chirurgico non invasivo (un farmaco fatto assorbire dall’occhio attraverso un raggio ultravioletto) si riesce a fermare la malattia”. Per alcune delle persone sottopostesi allo screening, con problemi di familiarita’ con la malattia, e’ stato possibile utilizzare il ‘Test di Avellino’, tecnologia di nuova generazione sviluppata in California (USA) che consiste in un test genetico per la diagnosi precoce del cheratocono con il sequenziamento del Dna prelevato con un tampone dalla mucosa orale.
Uno studio condotto dall’I.R.C.C.S. Neuromed, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma e altri centri internazionali, ha identificato il ruolo del recettore mGlu3 nel rallentare l’evoluzione della malattia di Parkinson. Pubblicato sulla rivista npj Parkinson’s Disease, questo lavoro apre la strada a trattamenti terapeutici più efficaci e personalizzati.
IL RECETTORE MGLU3 E LA SUA AZIONE PROTETTIVA
Il recettore mGlu3, parte dei Recettori Metabotropici per il Glutammato, è stato studiato su modelli animali e in pazienti umani. Nei test condotti su topi privi del recettore, esposti alla sostanza MPTP che simula il Parkinson, è stato rilevato un maggiore danno neuronale e un’infiammazione cerebrale più grave rispetto ai topi con il recettore normalmente funzionante.
Inoltre, varianti genetiche del recettore, analizzate in 700 pazienti con Parkinson e confrontate con oltre 800 individui sani, hanno rivelato un legame tra queste mutazioni e sintomi più gravi, sia motori che cognitivi. Nei pazienti con le varianti, i test di plasticità cerebrale hanno evidenziato una ridotta capacità di adattamento, un effetto non riscontrato nei partecipanti sani.
Di-Menna-Battaglia-Berardelli
NUOVE FRONTIERE TERAPEUTICHE
Secondo la dottoressa Luisa Di Menna, prima autrice dello studio, i recettori mGlu3 possono influenzare la vulnerabilità delle cellule nervose e le risposte infiammatorie, aprendo nuove prospettive terapeutiche. Il professor Giuseppe Battaglia ha sottolineato il potenziale del recettore come bersaglio per farmaci innovativi capaci di ridurre il danno neuronale e di comprendere meglio i meccanismi molecolari della neurodegenerazione.
LA COMPONENTE GENETICA E LA MEDICINA DI PRECISIONE
Il ruolo della genetica è stato evidenziato dalla dottoressa Teresa Esposito, che ha confermato come le varianti del gene GRM3 possano modulare la sintomatologia della malattia. Il professor Alfredo Berardelli ha aggiunto che questa ricerca rappresenta un passo verso la medicina di precisione, offrendo terapie mirate a pazienti con specifiche caratteristiche genetiche.
Il professor Ferdinando Nicoletti ha concluso affermando che i recettori mGlu3 regolano meccanismi di neurodegenerazione e plasticità corticale, e i risultati dello studio potrebbero gettare le basi per nuove strategie terapeutiche capaci di rallentare la progressione del Parkinson.
Di Menna L, Alborghetti M, De Bartolo MI, Borro M, Gentile G, Zinni M, Bologna M, Cutrona C, D’Errico G, Imbriglio T, Bucci D, Merlo S, Ginerete RP, Orlando R, Carrillo F, Fortunato G, Cannella M, Sortino MA, Pansiot J, Baud O, Nicoletti F, Bruno V, Simmaco M, Pontieri FE, Bianchini E, Rinaldi D, de Curtis A, De Gaetano G, Iacoviello L, Esposito T, Berardelli A, Battaglia G. Preclinical and clinical study on type 3 metabotropic glutamate receptors in Parkinson’s disease. NPJ Parkinsons Dis. 2025 Jan 4;11(1):9. doi: 10.1038/s41531-024-00860-6. PMID: 39755677; PMCID: PMC11700162.
Sono proteine inserite nella membrana cellulare che rispondono all’acido glutammico, il principale neurotrasmettitore eccitatorio del Sistema Nervoso Centrale. Non solo rappresenta uno dei responsabili del trasferimento dell’informazione tra cellule nervose ma e anche coinvolto in quei meccanismi cosiddetti di “plasticità sinaptica”, in altri termini la capacità che le connessioni tra un neurone e l’altro hanno di adattarsi all’ambiente, la base dei meccanismi di apprendimento e memoria.
In particolare, l’acido glutammico interagisce con due categorie di recettori di membrana: i recettori “ionotropici”, che formano canali ionici e permettono il passaggio degli ioni sodio e degli ioni calcio dallo spazio extracellulare all’interno della cellula nervosa, e i recettori mGlu, che operano mediante meccanismi biochimici complessi (denominati meccanismi di trasduzione del segnale).
L’IRCCS Neuromed
L’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Neuromed di Pozzilli (IS) rappresenta un punto di riferimento a livello italiano ed internazionale per la ricerca e la terapia nel campo delle malattie che colpiscono il sistema nervoso e quello vascolare. Un centro in cui i medici, i ricercatori, il personale e gli stessi pazienti formano un’alleanza rivolta a garantire il miglior livello di assistenza possibile e cure all’avanguardia, guidate dagli sviluppi scientifici più avanzati.
Un nuovo focolaio di influenza aviaria è stato accertato nel fine settimana a Vigasio, in provincia di Verona, in un allevamento di 800mila galline ovaiole. Il nuovo episodio porta a 18 il numero di focolai sul territorio italiano dall’inizio dell’anno e a 53 dall’inizio della stagione influenza, a ottobre: 23 in Veneto, 22 in Lombardia, 6 in Emilia-Romagna, 2 in Friuli-Venezia Giulia. I dati, contenuti nell’ultimo bollettino redatto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, sono stati presentati nel corso dell’incontro con le aziende avicole regionali convocato da Confagricoltura Veneto nella sede di Padova ad Albignasego. “Il virus si modifica, circola in nuove aree come il Trevigiano, finora poco a rischio, con nuovi uccelli volatili infetti che lo propagano, come gli ibis e gli aironi, riuscendo anche ad adattarsi ad ambienti diversi da quelli accertati finora, spiega Calogero Terregino, direttore del dipartimento di Scienze biomediche comparate dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie.
Questa situazione “pone un punto di domanda sulle misure di biosicurezza, che potrebbero non essere più sufficienti” e “rilancia l’opportunità dell’adozione di un vaccino”. Soluzione, questa, che tuttavia è molto complessa da mettere in atto e che rappresenta una “extrema ratio”, aggiunge l’esperto. Intanto si alza il livello di allerta anche negli Stati Uniti. Nel fine settimana il Dipartimento dell’Agricoltura della Georgia ha confermato un focolaio in un’azienda avicola situata nella contea di Elbert. Non è la prima volta che il virus colpisce gli allevamenti Usa. Dall’inizio della nuova epidemia, nel 2022, sono stati interessati quasi 650 aziende per un totale di circa 130 milioni di volatili. Tuttavia, salvo poche eccezioni, l’infezione finora aveva soltanto lambito gli Stati con una maggiore popolazione di pollame.
La Georgia, invece, con una popolazione di 1,3 miliardi di esemplari, è in testa alla classifica per la produzione di “pollo da carne” (i cosiddetto ‘broiler’). È inoltre tra i primi per galline ovaiole. Le autorità sanitarie hanno messo in quarantena tutte le aziende di pollame commerciale nel raggio di 10 chilometri. Sono state inoltre vietate fiere e mostre avicole in tutto lo stato. Non ci sono invece limitazioni alla commercializzazione e al consumo di carne e derivati. Il pollame, però, non è l’unica preoccupazione. Cresce l’attenzione anche per gli animali da compagnia, specie gatti e cani. La Food and Drug Administration ha invitato i produttori di alimenti per cani e gatti, che utilizzano materie prime crude o non pastorizzate derivate da pollame o bovini, a rinnovare i piani di sicurezza alimentare inserendo controlli indirizzati specificamente al virus dell’influenza aviaria, considerato ormai un “pericolo noto o ragionevolmente prevedibile”.
Nei giorni scorsi, poi, i Centers for Disease Control and Prevention hanno chiesto ai medici e ai laboratori di sottoporre a test i pazienti con sospetta influenza, accelerando gli approfondimenti diagnostici in caso di campioni positivi a virus di tipo A per verificare la presenza dell’agente dell’aviaria H5N1. Un processo che dovrebbe essere ancora più veloce e rigoroso in caso di pazienti ricoverati. Proprio dai test per l’influenza nella scorsa settimana è emerso un nuovo caso di aviaria in un bambino in California, che porta a 38 la conta dei contagi nello stato e a 67 quelli nazionali. Il virus A/H5N1, inoltre, continua a circolare nel mondo. In Cambogia si è registrato un nuovo decesso: un uomo di 28 anni che probabilmente ha contratto il virus nell’allevamento di pollame dove svolgeva attività di vigilanza.
Un tumore del rene – un nefroblastoma – che si estendeva fino al cuore e dal peso di 1,5 chilogrammi è stato asportato in una bambina di 8 anni grazie ad un’operazione durata oltre 9 ore e che ha richiesto anche il temporaneo arresto cardiaco della piccola. Un intervento chirurgico complesso e straordinario eseguito all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. L’intervento per l’asportazione del voluminoso tumore che aveva invaso anche il cuore è stato reso possibile dalla collaborazione tra oncologi, chirurghi, cardiochirurghi e anestesisti, e rappresenta un risultato importante per la medicina pediatrica.
“Questo successo non è solo una vittoria medica, ma anche una grande speranza per tante famiglie che affrontano situazioni simili”, ha dichiarato il Alessandro Crocoli, responsabile dell’Unità di Chirurgia Oncologica del Bambino Gesù. Il nefroblastoma, noto anche come tumore di Wilms, è una neoplasia rara che colpisce prevalentemente i bambini tra 1 e 5 anni, con un picco tra i 2 e i 3 anni. Rappresenta circa il 90% dei tumori renali pediatrici, anche se i tumori al rene costituiscono meno del 5% delle neoplasie in età pediatrica. In Italia, la sua incidenza è di circa 8 casi ogni milione di bambini.
I reni si formano durante lo sviluppo embrionale a partire da alcune particolari cellule staminali dette progenitrici. In alcuni casi, queste cellule persistono nei reni dopo la nascita e, a causa di mutazioni genetiche, possono proliferare in modo incontrollato, portando alla formazione del nefroblastoma. La piccola Sara (nome di fantasia), dopo una breve degenza in terapia intensiva, sta ora proseguendo la convalescenza in modo positivo e riceve le cure necessarie per un recupero ottimale. La scorsa settimana ha festeggiato il suo ottavo compleanno in reparto con la famiglia e con i medici che si stanno prendendo cura di lei. Il suo percorso di cura, spiegano gli esperti del Bambino Gesù, continuerà con sedute di radioterapia addominale e ulteriori cicli di chemioterapia.