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 Draghi prepara il ‘gas tour’, 6 miliardi per imprese e famiglie

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Il “tour del gas” in Africa, poi il decreto da 6 miliardi con gli aiuti e il pacchetto energia. E’ gia’ piena l’agenda del premier Mario Draghi che, dopo la breve pausa pasquale, tornera’ ad occuparsi del dossier numero uno in Italia dall’inizio della guerra in Ucraina. Entro l’inverno bisognera’ riempire gli stoccaggi per far fronte ai mesi freddi e nell’arco di 2 o 3 anni, liberarsi della dipendenza dalla Russia. Per perseguire questo obiettivo si preannunciano centrali i nuovi accordi di fornitura con l’Algeria, il Congo, l’Angola e il Mozambico, da cui l’Italia punterebbe ad ottenere circa il 50% dell’energia di Mosca entro il 2023 (un terzo dall’Algeria e il resto dagli altri paesi, africani , compreso l’Egitto, e dal Qatar), si ragiona in ambienti politici. Sulle cifre Palazzo Chigi non si espone in alcun modo, anche per motivi di sicurezza nazionale, si spiega in ambienti di governo. Intanto i tecnici italiani sono gia’ al lavoro sul campo. Per affrancarsi da Mosca determinante sara’ anche la spinta sulle rinnovabili: per gli iter autorizzativi, spesso troppo lunghi, gli operatori del settore avrebbero richiesto una figura tecnica di ‘semplificatore’. L’esecutivo e’ gia’ alle prese con i contenuti del decreto, atteso in Cdm tra la prossima settimana e quella successiva. Dovrebbero entrarvi le proroghe degli aiuti per bollette e carburanti, altri fondi per l’accoglienza profughi, forse un ampliamento della platea del bonus sociale e garanzie per la liquidita’ delle imprese. Per un secondo round piu’ corposo di sostegni, si attende di capire se ci sara’ una “risposta Ue”, una sorta di Recovery di guerra. E se non dovesse arrivare si cerchera’ un’altra via. Le richieste dei partiti di maggioranza, in parte, sono gia’ sul tavolo: il leader del M5s Giuseppe Conte, per esempio, ha chiesto di azzerare l’Iva su prodotti alimentari come pane, latte, carne e pasta e di ridurla per le bollette di luce e gas; il segretario dem ha ipotizzato un assegno energia per le famiglie piu’ deboli. Il secondo filone del decreto (che qualcuno ipotizza possa essere anche scorporato) e’ quello energetico, che conterra’ una semplificazione per la produzione da fonti rinnovabili, puntando anche sulla geotermia. Potrebbe tornare d’attualita’ il progetto di un rigassificatore a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, accanto ai due impianti galleggianti gia’ annunciati. Presentato 18 anni fa, da sette il progetto e’ stato messo in naftalina. La prossima settimana Draghi tonera’ di nuovo in missione in Africa, mercoledi’ in Angola e il giorno dopo in Congo per siglare accordi per l’acquisto di gas, mentre e’ ancora da definire la tappa in Mozambico. Intanto, la firma di un contratto da 3 miliardi di metri cubi in piu’ di Gnl dall’Egitto da parte dell’Eni continua ad agitare la maggioranza. Dopo la presa di posizione critica del Pd, interviene la capogruppo di LeU al Senato, Loredana De Petris, secondo cui “passare da un dittatore all’altro non e’ la via giusta per raggiungere l’indipendenza energetica”. Per il sottosegretario agli Affari Esteri, Benedetto Della Vedova, invece, “non bisogna mettere in competizione le due cose altrimenti poi alla fine si rischia di non fare nulla sul gas e nulla su Regeni”. La prossima settimana sara’ molto calda anche per il Parlamento, che esaminera’ il Def e avviera’ la sessione giustizia. Dopo il via libera in commissione alla riforma del Csm, con Iv che ha deciso di non votare il testo, la partita si sposta in Aula dove l’accordo raggiunto sara’ messo di nuovo alla prova dei numeri. Sullo sfondo resta la partita sulla delega fiscale, per cui e’ atteso un nuovo incontro dopo Pasqua tra Draghi e il centrodestra. Con il leader leghista Matteo Salvini che non molla la presa: “La squadra degli economisti della Lega e’ al lavoro per evitare nuove tasse su casa, risparmi, lavoro e affitti”.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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