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Draghi ai sindaci: il successo del recovery dipende da voi

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Con quasi 50 miliardi da spendere da qui al 2026, sono i sindaci d’Italia ad avere “nelle mani” il successo o l’insuccesso del Recovery plan. Ed e’ a loro che Mario Draghi si rivolge, ora che si e’ “pienamente” entrati nella fase di attuazione del piano, con una road map stringente da rispettare. Il presidente dell’Anci Antonio Decaro, dal palco dell’assemblea di Parma, consegna al premier, chiamandolo “amichevolmente” SuperMario, la preoccupazione per le difficolta’ di questa fase di attuazione: chiede assegnazione rapida delle risorse e assunzioni massicce di personale, con un iter semplificato. Dal Sud, dove i Comuni sono piu’ in difficolta’, si leva l’allarme piu’ forte. Draghi accoglie i suggerimenti di Decaro: sul fronte assunzioni il governo prova ad accelerare. E intanto annuncia un tour nelle citta’, con ministri ed esperti, per illustrare “i contenuti e le opportunita’ del Pnrr”. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza e la legge di bilancio, catalizzano il lavoro del governo da qui a fine anno. La manovra e’ attesa nelle prossime ore in Senato, dove si aprira’ martedi’, con quasi un mese di ritardo, la sessione di bilancio. I partiti, gia’ irritati dalla compressione dei tempi di esame, preparano emendamenti. Le Regioni – a corto di risorse per la gestione Covid – propongono al governo un’intesa in 7 punti, dalla sanita’ ai trasporti. Mentre la Lega prosegue l’offensiva contro il Reddito di cittadinanza: i sei governatori Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana, Maurizio Fugatti, Christian Solinas, Donatella Tesei e Luca Zaia, commentando l’emersione di una maxi-truffa sul sussidio da 20 milioni, si schierano contro il rifinanziamento di una misura “socialmente iniqua e strutturalmente fragile, antitesi perfetta al Pnrr”. Sara’ il Reddito uno dei fronti caldi della battaglia parlamentare. Ma il dossier piu’ spinoso si annuncia quello delle tasse, dal momento che bisogna ripartire gli 8 miliardi stanziati per ridurre il cuneo fiscale, decidendo di quanto tagliare l’Irpef (vadano li’ tutte le risorse, chiede il Pd) e di quanto l’Irap. Il governo vorrebbe chiudere la partita entro fine novembre, ma potrebbe aspettare le indicazioni che verranno dagli emendamenti parlamentari, per poi presentare una propria proposta di sintesi. La discussione potrebbe comunque aprirsi gia’ martedi’, quando Draghi – con Franco e Orlando – vedra’ i sindacati per avviare il tavolo sulle pensioni, dal momento che le parti sociali hanno chiesto di poter dire la loro anche sul taglio delle tasse. Nell’ultima bozza della manovra compare intanto una norma per una spinta all’attuazione del Recovery plan: aumenta di 10 miliardi nel 2022 (da 40 a 50 miliardi) il Fondo rotativo per l’attuazione del piano, che anticipa i contributi che via via arriveranno dalla Ue. “Le risorse – pressa Decaro – devono arrivare entro aprile-maggio, per aprire i cantieri entro dicembre 2023 e realizzare le opere entro il 2026”. L’altra richiesta al governo e’ di garantire il personale necessario. La sostiene anche il presidente della Camera Roberto Fico, ospite a Parma, che invoca un “piano straordinario di assunzioni” e un intervento per rendere “sostenibile la gestione dei debiti”. Draghi, che ringrazia i sindaci, simbolo “dell’unita’ d’Italia”, per quanto fatto sul fronte della lotta al Covid, assicura che nella “fase nuova” che si apre, il governo sara’ al fianco degli enti locali, con l’obiettivo comune di “trasformare i progetti in opportunita’ di crescita e sviluppo”. “Il suo governo dimostra che non esistono Paesi o situazioni ingovernabili”, e’ il tributo di Decaro al premier, accolto da lunghi applausi di una platea che sembra fare il tifo per Draghi a Palazzo Chigi. Il premier risponde con un lungo elenco di impegni presi: in manovra 1,4 miliardi fino al 2029 per la sicurezza di ponti e viadotti, i fondi per scuole, piccoli comuni, territori montani. Nel Pnrr 2,8 miliardi per 159 progetti di rigenerazione urbana, 2 miliardi gia’ ripartiti per l’edilizia residenziale e da assegnare con bandi, 600 milioni per autobus, 21,6 miliardi alle infrastrutturali. E ancora: 1,3 miliardi a nuove mense e palestre e un concorso per archistar per realizzare 195 scuole innovative, 228mila nuovi posti negli asili (4,6 miliardi). Sulla carenza di personale Renato Brunetta interverra’ per semplificare i processi e sbloccare il turn over: il governo inviera’ 1000 esperti per aiutare nelle procedure piu’ complicate. Un tour del governo nelle citta’ da qui a marzo (il via lo dara’ Roberto Garofoli lunedi’ a Bari) servira’ a concordare gli interventi. La spinta del governo, assicura Draghi c’e’: “Il successo e’ nelle vostre e nostre mani”.

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Covid, l’identikit genetico influenza la risposta al vaccino

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La risposta alla vaccinazione contro Covid-19 è influenzata da caratteristiche genetiche individuali, in particolare da alcuni geni associati al complesso maggiore di istocompatibilità, il sistema attraverso cui l’organismo distingue le componenti proprie da quelle estranee. È quanto è emerso dallo studio coordinato dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Segrate (Cnr-Itb) pubblicato sulla rivista Communications Medicine.

“Come per la maggior parte dei farmaci, così anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale”, osserva Francesca Colombo, ricercatrice del Cnr-Itb che ha guidato lo studio, condotto su 1.351 operatori sanitari vaccinati nei primi mesi del 2021 Dalla ricerca è emerso che le caratteristiche di una porzione del cromosoma 6 erano legati ai livelli di anticorpi anti-Covid. “In questa specifica regione genomica sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria”, aggiunge la prima firmataria dello studio Martina Esposito.

“Questi geni – gli stessi che vengono valutati quando si cerca la compatibilità fra donatori di midollo osseo – sono molto variabili ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune combinazioni erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi”. Per i ricercatori, la scoperta potrebbe consentire di “differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili”, conclude Massimo Carella, vice-direttore scientifico della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza, che ha collaborato allo studio.

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Bilanci di previsione, virtuoso 86% dei Comuni ma non al Sud

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Comuni diventati virtuosi nella presentazione dei bilanci di previsione. Quest’anno sette su dieci già a metà febbraio avevano approvato e trasmesso il documento e alla data del 15 marzo la percentuale di comuni in linea era salita all’84%. Il dato risulta da un’elaborazione dei dati del Mef fatta dal Centro studi enti locali. Il dato, si spiega, è di netta rottura rispetto al passato e testimonia l’efficacia delle misure adottate lo scorso anno dal Ministero dell’Economia per interrompere il circolo vizioso dei posticipi infiniti che aveva caratterizzato gli ultimi decenni.

Ciò che emerge è però, ancora una volta, è “l’esistenza di divari siderali tra varie aree del Paese che vede contrapposti casi come quello siciliano, dove solo 30 comuni su 100 risultano aver approvato e trasmesso il bilancio, e la Valle d’Aosta e l’Emilia Romagna, dove questa percentuale sale al 96%”. Dopo anni di slittamenti nel 2023 un decreto ministeriale, ha riscritto il calendario delle scadenze contabili e anche se è comunque stata necessaria una proroga al 15 marzo quest’anno ben 4.695 comuni, il 59% del totale, hanno iniziato l’anno corrente con un bilancio di previsione già approvato e non si sono avvalsi del tempo aggiuntivo concesso dal Viminale.

Stando a quanto emerso da un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali, basata sui dati della Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche (Bdap-Mef), sono stati approvati entro il 15 marzo scorso i bilanci dell’84% dei comuni italiani. All’appello mancano quelli di 1.268 comuni. Questi enti hanno un profilo abbastanza preciso: la stragrande maggioranza è di piccole dimensioni. Nove di questi comuni su dieci hanno infatti meno di 10mila abitanti e il 64% è localizzato al sud e nelle isole. Nel nord Italia, nel suo complesso, risulta essere stato già trasmesso al Mef il 92% dei preventivi. In particolare, spiccano per efficienza: Emilia Romagna e Valle d’Aosta (entrambe a quota 96%) e Trentino Alto Adige e Veneto (95%). Ottimi anche i risultati registrati in: Lombardia (93%), Friuli Venezia Giulia (90%) e Piemonte (89%). Chiude il cerchio la Liguria, con l’85% di comuni adempienti.

Scendendo verso sud la percentuale decresce gradualmente, restando comunque buona al centro, dove mediamente sono stati già approvati e trasmessi 89 bilanci su 100. A trainare verso l’alto questo gruppo sono soprattutto Toscana (95%), Marche e Umbria (93%). Più indietro i comuni laziali, fermi a quota 81%. Meno rosea, ma comunque in netto miglioramento rispetto al passato, la situazione del Mezzogiorno dove i comuni più tempestivi sono stati 6 su 10. In particolare, le 3 regioni in assoluto più distanti dalla media nazionale sono – nell’ordine – la Sicilia, la Calabria e la Campania.

Nella banca dati gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla data del 24 aprile, risultano essere stati acquisiti soltanto 117 bilanci di previsione di comuni siciliani su 391, meno di uno su tre. Al di là dello Stretto ne sono stati trasmessi 236 su 404 (58% del totale), in Campania il 67% dei preventivi sono stati approvati nei tempi. Prima della classe, per quanto riguarda il meridione, è la Basilicata (92% di bilanci approvati), seguita a breve distanza dalla Sardegna (885) e dalla Puglia (86%). Chiudono il cerchio l’Abruzzo e il Molise, rispettivamente con l’80% e il 77% di comuni che hanno già inviato al Ministero il proprio preventivo.

Secondo il Centro Studi Enti Locali questi dati, nel loro insieme, testimoniano un effetto tangibile prodotto dalla nuova programmazione ma preoccupa la distanza abissale che continua a caratterizzare i risultati ottenuti da enti di territori diversi. Il processo di riforma della contabilità e dell’ordinamento degli enti locali, i cui cantieri sono aperti, dovrà necessariamente tenere conto anche delle criticità finanziarie e organizzative, ormai strutturali ed endemiche, di alcuni territori e individuare delle soluzioni efficaci per far sì che queste distanze siano colmate.

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Record per raccolta del plasma, ma autosufficienza scende al 62%

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La raccolta di plasma ha raggiunto livelli record nel 2023 in Italia, ma paradossalmente l’autosufficienza di questa componente del sangue è più lontana, a causa dell’aumento della domanda di immunoglobuline. E’ quanto è emerso dalla seconda edizione di “The Supply of Plasma-derived Medicinal Products in the Future of Europe”, il convegno internazionale dedicato al plasma, patrocinato dal ministero della Salute e organizzato dal Centro Nazionale Sangue (Cns), che ha visto a confronto esperti e policy maker, associazioni di donatori e di pazienti ed istituzioni italiane, europee ed internazionali. Secondo i dati ancora preliminari diffusi nel corso del convegno, per quanto riguarda le immunoglobuline, prodotto driver del mercato dei medicinali plasmaderivati, l’Italia nel 2023 ha raggiunto un livello di autosufficienza pari al 62%, inferiore di due punti percentuali all’anno precedente.

L’aspetto paradossale è rappresentato dai dati della raccolta del 2023 che, con i suoi 880mila chili di plasma, frutto delle generose donazioni di circa 1,5 milioni di donatori, ha raggiunto i livelli più alti di sempre per l’Italia. Ad allontanare il nostro Parse dal traguardo strategico dell’autonomia in materia di plasmaderivati è stato un aumento deciso della domanda di immunoglobuline, dai circa 104 grammi ogni mille abitanti del 2022 ai 108 del 2023 (+3,8%). Il dato preliminare è in parte mitigato dall’aumento del livello di autosufficienza in materia di albumina, altro driver del mercato, che è passato dal 72% nel 2022 al 78% nel 2023, grazie anche a un calo della domanda.

L’Italia, che è autosufficiente per quel che riguarda la raccolta di globuli rossi, deve quindi ricorrere al mercato internazionale per sopperire alla domanda di plasmaderivati ed integrare i medicinali, usati anche in terapia salvavita, prodotti a partire dal plasma raccolto a partire da donazioni volontarie, anonime e non remunerate. “La mancata autosufficienza di medicinali plasmaderivati resta un problema strategico per il sistema sanitario nazionale – ha commentato il direttore del Cns, Vincenzo de Angelis -. I dati, per quanto ancora preliminari, confermano la necessità di aumentare la raccolta attraverso azioni di sensibilizzazione rivolte ai possibili nuovi donatori, ma questo non basta. Bisognerà anche razionalizzare la domanda, specie di un prodotto come le immunoglobuline che sta trovando sempre più applicazioni a livello terapeutico. È un obiettivo su cui stiamo già lavorando con tanti partner italiani ed europei, perché il Covid ha dimostrato che, in situazioni particolari e spesso imprevedibili, non sempre il mercato internazionale può rispondere alla domanda dei nostri pazienti”.

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