Collegati con noi

Cronache

Di Matteo contro Bonafede, parla Maresca: troppe cose non quadrano dalle rivolte nelle carceri ai mafiosi mandati a casa, occorre fare chiarezza

Pubblicato

del

Le accuse choc del pm Di Matteo: “Bonafede non mi nominò al Dap perchè i mafiosi in carcere minacciavano rivolta”

Sono accadute cose strane in questi mesi al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP). Cose che non possono passare sotto silenzio. Cose che dovranno essere chiarite, in ogni sede. Stranezze che cominciano a manifestarsi in tutta la loro virulenza. Mafiosi che capeggiano rivolte in carcere per andare ai domiciliari agitando la paura del contagio da covid 19. I tumulti del 7 e 8 marzo nelle carceri che si risolvono in un bagno di sangue: 14 morti, evasioni di massa, danni per 20 milioni di euro alle strutture penitenziarie, consegna di ‘papelli’ con richieste precise dei mafiosi al Dap. Richieste che in buona parte vengono accolte.

Dopo la carneficina nelle celle, passata quasi sotto silenzio, il Capo del Dap Francesco Basentini allentò i rigidi controlli agli ingressi dei familiari dei detenuti in carcere, acquistò  1500 telefonini per consentire più telefonate a casa da parte dei carcerati, autorizzò le chiamate Skype ai familiari, consentì maggiori depositi di soldi sui conti dei detenuti per le necessità quotidiane ed una sequela incredibile di agevolazioni e concessioni su cui sarebbe utile indagare e capire.

‘Papello’ dei detenuti. Questo foglio con le richieste dei detenuti fu consegnato alla polizia penitenziaria nel carcere di Salerno in rivolta

Ecco la circolare per l’acquisto dei telefonini e per le altre concessioni i detenuti.

Il 21 marzo, poi, sempre Basentini, Capo del Dap, scrisse una circolare che avrebbe aperto un’autostrada ai mafiosi per uscire dal  carcere e tornare a casa a scontare la pena, grazie al meccanismo del differimento con la giustificazione di gravi patologie e il timore del contagio epidemico. Le rivolte causate dalla disorganizzazione del Dap in materia di sanità nella fase di emergenza epidemica, le trattative con i detenuti per i colloqui in carcere, la circolare del 21 marzo, le scarcerazioni di mafiosi al 41 bis sono ferite aperte nella carne viva dello Stato, denunciate sin da inizio marzo sulle pagine di questo giornale, dal magistrato antimafia Catello Maresca. Contestazioni in punto di diritto di criticità, confusioni, corti circuiti, falle che si potevano aprire nel sistema penitenziario che Maresca, da giurista prim’ancora che da magistrato, ha reso noto con spirito di servizio in tutte le salse e in ogni modo. Osservazioni, contestazioni, critiche mai scomposte che il ministro Guardasigilli ha avuto modo di apprezzare e valutare.

Pasquale Zagaria. Detenuto al 41 bis scarcerato (nel riquadro Michele Zagaria, il capo dei capi dei casalesi)

L’unico momento in cui Maresca ha perso la pazienza è stato quando ha visto uscire dal carcere detenuti al 41 bis sulla cui pericolosità sociale attuale nessuno dovrebbe avere dubbi. Mandare a casa boss corleonesi e casalesi (Pasquale Zagaria) fanno dire a Maresca prima e a Nicola Gratteri poi, due eccellenti magistrati antimafia, che lo Stato così si mostra “arrendevole, quasi soccombente”. Basentini resta in sella, non molla. E così dopo essere diventato il bersaglio di accuse, soprattutto per il caso dei domiciliari concessi a Pasquale Zagaria, fratello del superboss Michele, getta la spugna, presentando le sue dimissioni al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Nel frattempo il nostro giornale scopre che Basentini s’era dimenticato di comunicare l’esistenza della circolare del 21 marzo alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo o peggio ancora gliela notifica esattamente il 21 aprile, con un mese di ritardo e quando nel frattempo al Dap erano arrivate già quasi 400 richieste di scarcerazioni da parte di detenuti mafiosi al 41 bis o nel circuito di Alta Sicurezza.

Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il ministro Bonafede con l’ex capo del Dap Basentini e un poliziotto della penitenziaria

I familiari di detenuti e soggetti ignoti, attraverso i social network, inondano in queste ore di insulti e minacce di morte i pm Maresca e Gratteri, rei di opporsi alle scarcerazione dei boss che escono dalle celle grazie alla porta girevole lasciata aperta dal Dap. Bonafede che assisteva e taceva, ad un certo punto nomina un vice al Dap, Roberto Tartaglia, commissariando di fatto  Basentini, poi lo fa dimettere e quindi nomina il nuovo Capo, tale Bernardo Petralia. Tutto risolto, tutto chiarito, si cambia registro al Dap? Assolutamente no. Perchè irrompe Nino Di Matteo che da Massimo Giletti, su La7, alla trasmissione “Non è l’Arena”, dice che gli fu proposto da Bonafede di diventare Capo del Dap. Non se ne fece più niente perché il ministro era preoccupato del fatto che molti capi mafia al 41 bis avevano fatto sapere che mai e poi mai avrebbero accettato Di Matteo a capo delle carceri. Una accusa gravissima che Di Matteo fa al telefono alla trasmissione di Giletti. E che riconferma, in tutta la sua gravità, anche dopo che Bonafede, sempre al telefono prova a spiegare che le accuse di Di Matteo sono frutto di una sua percezione ma che non sono la realtà.

Questa è la circolare dell’ex Capo del Dap Francesco Basentini che è stata usata come porta girevole dai detenuti al 41 bis per uscire dal carcere.

https://www.juorno.it/le-accuse-choc-del-pm-di-matteo-bonafede-non-mi-nomino-al-dap-perche-i-mafiosi-in-carcere-minacciavano-rivolta/

Il pm antimafia Catello Maresca

Tutto questo accade mentre in trasmissione c’è il pm Catello Maresca che da inizio marzo aveva provato ad aprire gli occhi e la mente al ministro Bonafede. Lo raggiungiamo al telefono Maresca, per provare ad analizzare questo momento difficilissimo per via Arenula.

Dottor Maresca è brutto dire che molte delle cose che il ministro Bonafede dice di aver scoperto a inizio maggio lei le segnalava ad inizio marzo, eppure…

Guardi che io sono un magistrato, un servitore dello Stato, non faccio mica l’indovino! Anzi, se vogliamo dirla tutta, avrei preferito non azzeccarne una in questa triste storia. E invece…

E invece ci troviamo con il Capo del Dap Basentini defenestrato e il ministro della Giustizia in imbarazzo per le accuse gravissime in una trasmissione televisiva dove il magistrato Nino Di Matteo gli contesta di aver fatto retromarcia dopo avergli proposto nel 2018 la nomina a Capo del Dap …

Lei mi deve perdonare ma non sono abituato a dire “te l’avevo detto”, non comincio oggi e non ho alcuna intenzione di commentare quello che è accaduto alla trasmissione di Giletti. Lei ha ascoltato, dunque se ne sarà fatto una idea. Anch’io ne ho una, ma da uomo delle istituzioni la tengo per me…

Però…

Non c’è un però. Voglio solo esprimere la mia solidarietà al collega Di Matteo sulla cui onorabilità e sulle cui capacità nella lotta alla mafia nessuno deve avere dubbi. Quello che dice Di Matteo è grave.

Le posso chiedere allora dei boss che a inizio marzo hanno scatenato la rivolta in quasi tutti i penitenziari d’Italia? Ci sono stati 14 morti, 52 feriti, più di 70 evasi, danni per venti milioni di euro alle strutture e agli arredi delle carceri. Possibile che nessuno paghi? 

Che cosa vuole che le dica? Io non ero tra quelli contenti per quanto accadeva. E non sono contento di quanto sta accadendo. A me pare sia grave per la credibilità dello Stato. Lei conosce forse qualcuno in questo Paese felice di apprendere che mafiosi d’ogni risma escono dal carcere perché stanno poco bene o perchè c’è pericolo che possano essere contagiati dal coronavirus? Perché forse lo Stato non è capace di assicurare giuste cure ai detenuti nel circuito carcerario?

Immagino i familiari dei boss siano felici, immagino i picciotti siano felici.

Può darsi, non lo siamo noi magistrati, poliziotti, carabinieri, finanzieri. Non sono felici gli italiani. Le scarcerazioni dei boss sono un vulnus che deve essere sanato. Lo scaricabarile della politica su chi è il colpevole di queste scarcerazioni non contribuisce a fare chiarezza in quel che accade e a fermare questa fuga di massa dalle carceri di gente pericolosa socialmente. Ancora mi chiedo come si fa a scarcerare Pasquale Zagaria.

Come si fa? Glielo chiedo io.

C’è una circolare del Dap – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria – del 21 marzo che fa confusione e che getta la croce addosso ai magistrati circa la gestione della crisi sanitaria determinata dalla emergenza Covid 19. Si cominci a chiudere questa parentesi di confusione e a trattare in maniera seria, ordinaria, la scarcerazione di chiunque è in condizioni di salute talmente gravi che sono incompatibili con la detenzione. Queste condizioni le accertano professionisti in campo medico, non lo decidono al Dap. E al Dap non possono scaricare sui magistrati queste decisioni. In un Paese serio, ognuno con serietà deve assumersi la responsabilità dei propri comportamenti. E l’Italia è un Paese serio.

È imbarazzante quanto accaduto con la scarcerazione di Zagaria, col Dap che o non risponde ai magistrati di sorveglianza o quando lo fa manda le mail agli indirizzi sbagliati.

Non posso rispondere a questa domanda. Sarebbe il caso di accertare però quanto accaduto e capire se ci sono state falle, errori, negligenze, responsabilità. Non entro però nelle vicende che hanno trattato i giudici di sorveglianza sardi e il Dap.

Mi scusi lei sa qualcosa di questa lista di 370 detenuti del circuito di Alta Sicurezza che potrebbero essere scarcerati perché hanno presentato istanza?

Sono gli effetti della circolare del 21 marzo che ha causato un corto circuito istituzionale. Sarebbe stato lecito attendersi una progettualità anche su questo versante. Se ci sono così tanti mafiosi che chiedono il differimento della pena forse sarebbe il caso che più organi dello Stato collaborino per capire se ne ricorrono le condizioni.

Cafiero de Raho. Procuratore nazionale antimafia

Beh, il ministro Bonafede ha subordinato la scarcerazione al parere preventivo della Direzione nazionale antimafia. 

Mi scusi ma vorrei parlare di cose concrete, non di proposte. L’idea è buona, mi chiedo perché non è  venuta prima questa idea.

Lei s’è fatto una idea del perchè?

No comment.

Dottor Maresca lei lo sa che la circolare del 21 marzo del Dap che è stata la porta girevole che il Dap ha messo a disposizione di molti mafiosi con problemi di salute è stata notificata alla Dna solo il 21 aprile?

Questo lo dice lei?

Sì.

Bene, allora non posso rispondere a questa domanda. Ma certo sarebbe stata buona norma notificarla subito, anzi addirittura parlarne prima di scrivere quella circolare assurda.

Il capo della Dna, il dottor Federico Cafiero de Raho, è inviperito…

Non lo so, lo chieda a lui. Il dottor de Raho è una persona deliziosa. Però, certo, anche io sono inviperito nel vedere a casa fior di mafiosi pericolosissimi. Sono sicuro che se avessero richiesto un parere al dottor Cafiero de Raho, avrebbe di sicuro scritto un no con dieci pagine di motivazioni per ognuno dei mafiosi che oggi sono a casa.

Ma si può notificare una circolare così importante un mese dopo ad un ufficio così delicato come la Dna?

La risposta è nella sua domanda. Le istituzioni dello Stato non possono collaborare ma devono collaborare. È un dovere, non è una scelta…

Per essersi opposto alle scarcerazioni dei boss, sia lei che il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri siete stati minacciati, insultati sul web da parte di congiunti di detenuti…

Non ci spaventano le minacce reali di mafiosi, figurarsi quelle virtuali sul web da parte di ignoranti che spesso si nascondono dietro identità fasulle. Saranno i magistrati a capire se e che cosa c’è di vero dietro queste minacce ed insulti sui social network. E chi ha sbagliato, come sempre pagherà. A me interessa la solidarietà e l’affetto di migliaia di persone che mi scrivono e mi chiedono di fare esattamente il mio lavoro di servitore dello Stato indossando la toga. A me fa piacere la solidarietà di colleghi, membri del Csm, avvocati, uomini delle Istituzioni. Io devo rendere conto, e lo faccio ogni giorno, solo allo Stato, di cui sono un servitore.

Perchè non le piace ricordare a quei politici che oggi fingono di accapigliarsi “ve l’avevo detto, dovevate pensarci per tempo”?

Guardi, le dico una cosa che forse le sembrerà banale ma per me è essenziale. Credo che ognuno di noi debba essere giudicato non per quello che dice di aver fatto ma per ciò che ha fatto. Nel nostro Paese devono contare le azioni non le chiacchiere. A parole siamo tutti bravi. E però, mi creda, non siamo tutti bravi e irreprensibili come diciamo.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

Advertisement

Cronache

Domani i funerali della bimba di 4 anni morta nel Napoletano

Pubblicato

del

Si svolgeranno domani, alle ore 16 nella parrocchia di San Nicola di Castelvenere (Benevento) i funerali di Alessandra, la bambina di 4 anni morta in circostanze ancora da chiarire in un’abitazione di Tufino, in provincia di Napoli, nella notte tra il 14 e 15 dicembre dello scorso anno, dopo una caduta da una scala a chiocciola. Lo rende noto Alessandro Di Santo, sindaco di Castelvenere, dove la bimba risiedeva ufficialmente. Sulle cause, non del tutto chiare, della morte di Alessandra indaga la Procura di Nola.

Due zii della bambina sono stati iscritti nel registro degli indagati. A carico della coppia di coniugi, presso cui la piccola era stata collocata dai servizi sociali, si ipotizzerebbero i reati di maltrattamenti e omicidio colposo. La morte della bambina risale alla sera del 13 dicembre scorso e sarebbe stata provocata dalle ferite conseguenti a quella che si ipotizza sia stata una caduta accidentale dalla scala interna dell’abitazione. Sembra che in un primo momento le condizioni della piccola non fossero state considerate così gravi, ma quando sul posto sono giunti i medici del 118, per la bambina non c’è stato più nulla da fare. Due le telefonate fatte al 118 quella sera: nella prima si faceva riferimento a una broncopolmonite, nell’altra si citava invece la caduta dalle scale. “La nostra comunità – aggiunge il primo cittadino – si unisce commossa ai genitori e ai nonni della piccola Alessandra per la sua tragica scomparsa”.

Continua a leggere

Cronache

Tragedia a Lanciano durante il corteo del 25 aprile: un morto e tre feriti investiti da un’auto

Pubblicato

del

Doveva essere una mattina di celebrazione e memoria quella di oggi a Lanciano, in occasione del 25 aprile. Invece, si è trasformata in tragedia quando una Lancia Musa ha travolto un gruppo dell’Anpi, che si stava dirigendo verso piazza Plebiscito per partecipare alla manifestazione organizzata dal Comune.

Un uomo di 81 anni muore sul colpo

Nell’incidente ha perso la vita un uomo di 81 anni, mentre altre tre persone sono rimaste ferite. Le loro condizioni non sono gravi, come ha comunicato la Asl Lanciano Vasto Chieti: al pronto soccorso dell’ospedale “Renzetti” sono giunti il conducente dell’auto, un uomo di 79 anni, e due donne. Si attendono gli esiti degli esami radiologici per valutare l’entità dei traumi. In assenza di lesioni significative, verranno trattenuti in Osservazione Breve.

Le indagini della Polizia: dinamica ancora da chiarire

La Polizia è al lavoro per ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto. Il conducente, fortemente provato, ha dichiarato di non ricordare nulla di quanto successo, se non di essere rientrato in auto dopo aver partecipato al momento celebrativo davanti al monumento agli Eroi Ottobrini. Al termine della cerimonia, i partecipanti si erano diretti a piedi verso il centro, percorrendo via del Torrione, dove l’auto ha improvvisamente sfrecciato tra loro a tutta velocità, travolgendo il gruppo.

Un dramma inaspettato che ha scosso profondamente la comunità di Lanciano proprio nel giorno della Festa della Liberazione.

Continua a leggere

Cronache

Addio a Nicola Rivelli, Forza Italia saluta un uomo di politica e cultura

Pubblicato

del

È morto Nicola Rivelli (foto Imagoeconomica del 13 aprile del 2000), ex parlamentare e storico militante di Forza Italia. A comunicarlo è stato Fulvio Martusciello, coordinatore regionale del partito in Campania, che ha annunciato il decesso avvenuto a causa di un arresto cardiaco.

Un protagonista della Seconda Repubblica

Rivelli è stato una figura centrale nella prima fase di costruzione del centrodestra italiano. «È stato parlamentare in una fase cruciale per il centrodestra, quando si costruivano i nuovi equilibri della Seconda Repubblica», ha dichiarato Martusciello. «Ha partecipato con determinazione alla nascita del progetto politico che avrebbe portato Forza Italia a guidare il Paese».

Politico, artista, cittadino

Ma Nicola Rivelli non è stato soltanto un uomo di partito. «Napoli perde una figura poliedrica, capace di esprimersi in politica come nell’arte e nella vita civile», ha sottolineato ancora Martusciello, ricordando il contributo di Rivelli anche fuori dalle aule parlamentari. Uomo brillante e mai banale, con una visione capace di andare oltre il contingente, ha saputo guadagnarsi la stima anche al di fuori del perimetro politico.

Una presenza costante e leale

«Sempre coerente, sempre presente, sempre con noi, fino alla fine», ha detto commosso il coordinatore regionale. «La sua amicizia è stata per me un punto fermo. Lo ricorderemo sempre con affetto e gratitudine».

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto