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Di Maio e Conte ovvero “c’eravamo tanto armati”: oramai è regolamento di conti tra i due

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La parola scissione non la pronuncia ancora nessuno ma dentro il M5s e’ partito l’attacco alla leadership di Giuseppe Conte. L’ex capo politico ed ora ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha atteso i risultati delle amministrative, ha “pesato” la risposta del Presidente e, prima che si aprisse una nuova faglia dei 5 stelle sulla risoluzione della maggioranza sul Consiglio europeo, e’ partito con il suo altola’ contro le “ambiguita’” del Movimento. “Non credo che possiamo stare nel governo e poi, per imitare Salvini, un giorno si’ ed uno no, lo si va ad attaccare” dice il ministro rivendicando allo stesso tempo le ragioni del collocamento euroatlantico dell’Italia: “Non credo siano opportune decisioni che disallineino l’Italia dalle proprie alleanze storiche. L’Italia non e’ un Paese neutrale”. Ma non e’ solo sulla postura nella maggioranza del M5s che Di Maio ha da ridire. Dopo aver assistito per mesi in silenzio, e’ sceso in campo anche per criticare la gestione del Movimento e il risultato del voto che “non e’ mai andato cosi’ male” come sotto la guida di Conte. “Credo che M5S debba fare un grande sforzo nella direzione della democrazia interna” attacca Di Maio dallo stesso luogo – in piazza del Parlamento – in cui, lo scorso gennaio, appena rieletto Mattarella, si era scagliato contro il “fallimento di alcune leadership” nella gestione della partita quirinalizia. Il tenore della sfida e’ lo stesso: “Parlo qui perche’ non esiste un altro posto dove poterlo dire”. La replica di Conte non si fa attendere e il tenore della risposta non e’ meno virulento dell’attacco del ministro: “Quando era leader Luigi Di Maio come organismo del M5s c’era solo il capo politico: che ci faccia lezioni lui oggi fa sorridere”. Poi rivendica l’assunzione di “responsabilita’” sul risultato delle comunali e definisce una “stupidaggine” il riferimento sull’anti-atlantismo del M5s sostenuto da Di Maio. Ma soprattutto Conte punta l’indice sulla questione del doppio mandato. “Fibrillazioni erano prevedibili perche’ ci sono in campo questioni che riguardano le sorti personali di tanti nel M5s” allude l’ex premier che invita Di Maio a chiarire se abbia o meno intenzione di fare un nuovo partito: “questo ce lo dira’ lui in queste ore”. Lo scontro, che si e’ giocato senza che nessuno dei due contendenti nominasse mai l’avversario, e’ stato anche una resa dei conti su attacchi personali: “La diplomazia lavora sette giorni su sette, non lavora solo la domenica” chiarisce Di Maio riferendosi ad una vecchia frase di Conte. “Io la campagna elettorale l’ho fatta da nord a sud e non soltanto in due comuni” rintuzza l’ex premier riferendosi al ministro. Che a sua volta rimprovera Conte di aver “risolto l’analisi del voto facendo risalire i problemi all’elezione del presidente della Repubblica”. Lo scontro divampa a valle dei mugugni che anche tra i parlamentari erano circolati una volta aperte le urne elettorali. E anche se Di Maio prova a chiarire che “non c’e’ alcun processo interno”, nell’ attesa di atti che formalizzino una divisione che ormai non e’ piu’ possibile ignorare, e’ partita la “conta” delle forze in campo. I “dimaiani” sono usciti allo scoperto per sostenere la battaglia “governista” del ministro e i “contiani” hanno fatto altrettanto per difendere le ragioni del leader. “Va detto con chiarezza che Giuseppe Conte ha avuto il 95% dei voti dei nostri iscritti e spetta a lui, assieme agli organi statutari, la scelta della linea politica” sostiene la deputata Francesca Flati. Molti anche gli attestati di vicinanza con Di Maio che in alcuni casi arrivano anche dall’esterno del Movimento. Tra questi quello del senatore dem Andrea Marcucci: “con il M5S, di cui parla il ministro Di Maio, europeista, atlantista, e solidamente ancorato al governo Draghi, farei subito un’ alleanza”. Ma queste son cose che si vedranno solo nel secondo tempo della partita che si e’ aperta oggi.

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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