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Politica

De Luca attacca sul terzo mandato: il governo ha paura

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Non molla Vincenzo De Luca. Poche ore dopo la decisione del Governo di impugnare la legge della Campania sul terzo mandato e di ricorrere alla Corte Costituzionale, si presenta in una conferenza stampa gremita. Cita Parmenide, Montale, Ignazio Silone. Alle sue spalle piazza chiari slogan. E a muso duro attacca il Governo: “Ha paura di me e degli elettori”. Poi, ribadisce: “La mia posizione non cambia e non cambierà”. E dunque lui, alle prossime regionali, si candiderà eccome. La decisione del Governo la bolla subito come ‘contra personam’. E chiama in causa il Veneto, il Piemonte, le Marche.

“Perchè le loro leggi non sono state impugnate? In questo Paese la legge è uguale per tutti tranne che per me? – dice in conferenza stampa – In Veneto il terzo mandato è in corso, in Piemonte si va quasi al quarto mandato. Sulle Marche nemmeno si è intervenuti. E allora? Qui in Campania il Consiglio regionale con grande responsabilità non ha approvato una legge per De Luca ma una legge per recepire il secondo mandato in modo da continuare il lavoro che abbiamo in corso. E’ vergognoso come sia stato calpestato il principio costituzionale della legge uguale per tutti”. Dietro la decisione del Governo, per De Luca, c’è solo questo: “Hanno paura”. E cita papa Woytila: “Hanno forse paura di De Luca, degli elettori. Non abbiate paura, aprite il cuore alla speranza e date la possibilità ai cittadini di decidere da chi essere governati”.

Lui, paura, fa capire di non averne. A chi infatti gli chiede cosa farà se la Consulta dovesse decidere prima delle elezioni – l’udienza si dovrebbe svolgere tra aprile e maggio anche se il ricorso ancora non è stato presentato – spiega che “uno dei tentativi che fa chi ha paura degli elettori è creare paura e incertezza. Noi ci muoveremo in un contesto di legalità e pensiamo a lavorare. Punto”. Poi ironizza sulla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “Provo un sentimento di grande orgoglio per l’attenzione che mi è stata dedicata, pensate, dal presidente del Consiglio. In questo quadro di guerre e tormenti si è trovato il tempo per interessarsi della legge della Campania. E’ un motivo di orgoglio, il presidente che ha familiarità con i potenti del mondo, Trump, Musk…”. E poco importa se nella sua corsa non ci sarà il Pd (anche se oggi i consiglieri regionali campani del partito c’erano al completo). Anzi poco importa se il Pd nella sua corsa sarà contro. Igor Taruffi ha ribadito oggi quello che aveva già detto il commissario regionale Antonio Misiani: “Non ci possono essere terzi mandati per chi ricopre incarichi monocratici come presidente di Regione o sindaci di città italiane. Riteniamo che anche in Campania sia normale e fisiologico trovare un ricambio” e “andare oltre l’attuale presidente della regione Campania”. Poi, più conciliante: “Ci auguriamo che tutte le personalità avvertano la necessità di fare una discussione insieme senza strappi”.

“L’Anci ha sempre avuto come posizione quella di non avere vincoli sui mandati. È chiaro che noi siamo in uno Stato di diritto e dobbiamo rispettare l’orientamento costituzionale, ma penso sia opportuno che la Corte costituzionale si esprima”, ha detto oggi Gaetano Manfredi, presidente dell’associazione dei comuni e sindaco di NAPOLI. De Luca ha fatto di tutto per glissare di fronte alle domande sul partito della Schlein. E, piuttosto, ha preferito citare Parmenide: “L’essere è, il non essere non è”. Di citazioni De Luca oggi ne ha fatte tante. Chiamando in causa Ignazio Silone si è ‘infilato’ anche tra i cristiani assurdi che “sono quelli per i quali il Vangelo non è una scrittura ma una testimonianza di vita”.

Perchè per l’ex sindaco sceriffo se “per altri la Campania è solo oggetto di mercato politico, non sanno nemmeno come si arriva a NAPOLI, qui non c’è la concentrazione di potere ma solo di sacrificio e di mutilazione di vita”. Al via, dunque, alla “battaglia per la libertà e la dignità visto che la Campania non è in vendita”, dice a muso duro. E l’appello “con grande umiltà” lo rivolge su tutti ai concittadini: “Gli chiederemo di essere protagonisti del loro futuro”.

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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